23 settembre 2007

GIORNATA REGIONALE PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO

Fabriano Valleremita Eremo di Valdisasso

L’ACQUA E’ VITA

 

Giovanni Paolo 2° è stato di fatto il Papa dell’ecologia, vuoi perché ci si è trovato così come molti di noi adulti, preso dallo sviluppo moderno che ha portato il suo fardello di aspetti negativi in fatto ambientale; certamente anche perché sensibile agli aspetti della natura, per cui, nel 1999  durante la visita in Polonia,  esprimeva” …Contemplo la bellezza di questa terra patria…Qui sembrano parlare, con una potenza eccezionale, l’azzurro del cielo, il verde dei boschi e dei campi, l’argento dei laghi e dei fiumi. Qui suona in modo particolarmente famigliare, polacco, il canto degli uccelli. E tutto ciò testimonia l’amore del Creatore…”

Si deve a Giovanni Paolo 2° la realizzazione di una sorta di “testo unico” in materia di etica ambientale. Un ampio richiamo ad una catechesi dell’ecologia, a mio parere il più completo in tal senso, che rivela tutti i percorsi educativi cui si incammina il cristiano impegnato per la tutela dell’ambiente è “Pace con Dio Creatore , Pace con tutto il Creato” dedicato alla Giornata della Pace del 1990.

Un chiaro ed utile documento per la crescita interiore, per “formare una coscienza ecologica che non deve essere mortificata, ma favorita”. Vi troviamo il dovere dell’impegno alla tutela dell’ambiente “A maggior ragione, coloro che credono in Dio creatore e, quindi sono convinti che nel mondo esiste un ordine ben definito e finalizzato, devono sentirsi chiamati ad occuparsi  del problema…”

“Soggiogare e dominare la terra” interpretazione medioevale restrittiva diventa leggendo più avanti, custodire la terra

Genesi 2,15

15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

Infatti Giovanni Paolo 2°, in tal senso dice: “Il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di “usare ed abusare “ o di disporre delle cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio ed espressa simbolicamente con la proibizione di  “mangiare il frutto dell’albero” (cfr. Gn 2,16s) mostra con sufficiente chiarezza che nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche ma anche morali che non si possono impunemente trasgredire”.

Eppure Giovanni Paolo 2° non usa parole leggere in tema ambientale; agli scienziati radunati ad Erice in Sicilia nel 1993: “In questo stesso arco di tempo, tuttavia, hanno raggiunto livelli di estrema pericolosità altre emergenze a carattere planetario, che lasciano intravedere il rischio di una sorta di “olocausto ambientale”, dovuto all’improvvisa distruzione di vitali risorse  ecologiche e al moltiplicarsi di attentati sempre più insidiosi alla difesa della vita e al rispetto della vita umana…”

Lo stesso anno il suo discorso quaresimale dedicato all’acqua è diviso in due parti distinte La prima più spirituale con riferimenti al vangelo di Giovanni con il colloquio di Gesù alla Samaritana “Dammi da bere” e alla sua morte nella croce dove prima di sospirare esprime: “Ho sete”.

Nella seconda parte sottolinea la solidarietà tra i popoli, in particolare quelli raggiunti dalla desertificazione ai quali manca un bene indispensabile alla vita: l’acqua.  Ricorda che molto spesso la responsabilità della desertificazione delle terre e l’inquinamento delle acque una volta sane, é dell’uomo.

“Quando i beni della terra non sono rispettati, si agisce in modo ingiusto ed anche criminale, perché le conseguenze sono miseria e morte per molti fratelli e sorelle”. “E’ evidente inoltre che uno sviluppo industriale anarchico e l’impiego di tecnologie che rompono gli equilibri naturali hanno causato ingenti danni all’ambiente provocando gravi catastrofi. Corriamo il rischio di lasciare in eredità alle generazioni future, in molte parti del mondo, il dramma della sete e del deserto.”

“La protezione dell’ambiente è anche una questione etica a motivo delle forme recenti assunte dallo sviluppo, che non sempre tiene in dovuta considerazione l’uomo e le sue esigenze. C’è una responsabilità da non dimenticare ed è quella  relativa non solo all’uomo di oggi, ma anche a quello di domani: ogni generazione infatti, “guadagna  o sperpera a vantaggio  o a danno della successiva”  Giovanni Paolo 2° 5.6.86

Nel messaggio del 2003 in occasione della giornata del ringraziamento i vescovi della commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la salvaguardia del creato, propongono il documento “Il dono dell’acqua: un bene di tutti e per tutti” . Due occasioni per parlare di questo tema; l’anno internazionale dedicato all’acqua e la crisi idrica dell’estate.

“L’estate del 2003 ha fatto assaggiare anche al nostro paese il significato di quella crisi idrica che in molte aree è già da tempo realtà quotidiana: quasi un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all’acqua in quantità adeguata, più di due miliardi non dispone di servizi sanitari adeguati e la mancanza d’acqua igienicamente affidabile ha determinato più di due milioni di morti per dissenteria nel solo 2000”

“E’ il ruolo fondamentale dell’acqua anche per l’agricoltura e per l’approvvigionamento alimentare: già adesso in numerose località l’abbassamento delle falde rende difficile l’irrigazione, creando seri problemi per la produzione di cibo”.

In occasione del vertice ONU di Johannesburg del 2002  la chiesa cattolica attraverso il Pontificio Consiglio Iustitia et Pax ha indicato come l’accesso a tutti all’acqua potabile è una priorità importante e centrale

“L’acqua è una necessità fondamentale per la vita: occorre assicurare a ciascuno l’adeguata fornitura d’acqua di buona qualità”

E’ necessario allora riconoscere un vero e proprio diritto all’accesso all’acqua di tutti gli esseri umani. L’OMS stabilisce a 40 litri pro capite il minimo necessario. Eppure a livello internazionale  si è fatto di tutto per  modificare il “diritto/necessità” all’acqua con un minimo necessario garantito a tutti, con il “bisogno” di acqua ed in quanto tale, da pagare nei suoi diversi trattamenti tecnologici. L’acqua da risorsa di tutti diventa un bene su cui speculare.

6. All'origine di non poche tensioni che minacciano la pace sono sicuramente le tante ingiuste disuguaglianze ancora tragicamente presenti nel mondo. Tra esse particolarmente insidiose sono, da una parte, le disuguaglianze nell'accesso a beni essenziali, come il cibo, l'acqua, la casa, la salute; (messaggio per la giornata della pace del 2007 di Benedetto 16) 

“Lo stato (riprendono i vescovi) deve essere amministratore responsabile delle risorse delle persone, che deve gestire in vista del bene comune e le privatizzazioni devono avvenire all’interno  di un chiaro quadro legislativo, che permetta ai governi di assicurare che l’intervento privato protegga in effetti l’interesse pubblico.” (concetto di acqua pubblica).

Il messaggio che è sponsorizzato dalla Coldiretti, non considera che il maggior consumo di acqua, circa il 60 % (70 % a livello mondiale) proviene proprio dall’agricoltura ed è su questo settore che abbiamo diversi abusi, fra i quali non rispetto dei consumi assegnati dalle concessioni idriche, mancanza di contatori, utilizzo scorretto della risorsa (si irriga in pieno sole perdendo per evaporazione il 50 % dell’acqua pompata), canoni irrisori.

Tra i privilegiati dei canoni irrisori c’è anche la Città del Vaticano, la quale in base all’art. 6 del concordato, ha diritto di avere tutta l’acqua che ha bisogno, senza pagare niente  allo stato italiano. Con l’aggiunta nelle nuove norme italiane, dei canoni di depurazione e di fognatura, la vicenda si complica e da quando Acea è stata quotata in borsa il contenzioso con il comune di Roma è diventato manifesto. Intervengono il Ministero degli esteri ed i rappresentanti del Vaticano per la somma reclamata dall’Acea fino al 2003 pari a 25.170.000 euro.

La soluzione viene trovata e nella finanziaria del 2004 viene stabilito che 25 milioni di euro sono da versare, da parte dello stato,  all’Acea fino al 2004, più altri 4 milioni per il 2005. Va detto che la Santa Sede con 783 abitanti (2005), consuma in un anno circa 5 milioni di metri cubi, quantità sufficiente a dissetare 60.000 persone.

 Riflettiamo su alcuni fatti

L’acqua ricopre il 71 % del pianeta. Circa il 97 % dell’acqua è salata non utilizzabile ed il 3% è acqua dolce; se a questa togliamo quella dei ghiacciai e nevi polari lo 0,26 % è acqua utilizzabile per l’uso umano come dire che su 100 litri  ¼ di litro .

Il consumo di acqua è decuplicato  dal 1900 ad oggi. Si prevedono aumenti di popolazione del 45% nei prossimi 30 anni, ma l’aumento di acqua potrà essere solo del 10 %.

Il cambiamento climatico in atto è responsabile del 20 % della diminuzione globale di acqua

Altri fattori: degradazione dei bacini acquiferi quali falde freatiche, fiumi, laghi paludi; ineguaglianza di distribuzione; conflitti fra stati; privatizzazioni.

Secondo le Nazioni Unite 3/5 dei 4,4 miliardi di persone dei Paesi in via di Sviluppo non hanno infrastrutture igieniche e quasi 1/3 non ha accesso all’acqua potabile.

Il consumo di acqua è così  suddivisibile: agricoltura 70%, industria 22%, 8 % uso domestico.

Più della metà dei grandi fiumi del mondo sono pericolosamente sfruttati, tanto che nel 1998, 25 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case per inquinamento, svuotamento dei fiumi; questo numero ha superato quello dei rifugiati per le guerre.

Malattie legate all’acqua causano 5 milioni di morti all’anno.

Ogni giorno una persona consuma in  litri: in Gambia 4,5, Mali 8, Usa 500, Inghilterra 200, poco più in Italia (Latina 692 litri, Ascoli Piceno 127 litri); l’OMS raccomanda un consumo medio di 40 litri.

Nei paesi sviluppati ci vogliono a persona  15.000 litri annui per rimuove i nostri residui umani (35 chili di escrementi e 5.500 litri di urine).

120-160 litri per una doccia di tre minuti; 30 litri un carico di lavatrice; 80-120 litri lavare i piatti a mano; 20 litri per bere cucinare; 16 litri per lo sciacquone; 6 litri per lavarsi i denti senza lasciare aperto il rubinetto in continuazione; 2 litri per lavarsi le mani.

150.000 litri per costruire una Panda vecchio tipo; 40.000 litri per una tonnellata di carta e cartone; 29.000 per 1kg di cotone; 20.000 litri per una tonnellata di carne; 5.000 litri per 1kg di riso; 3.000 litri per un kg di zucchero di canna; 1500 litri per un computer.

Acqua imbottigliata

In Italia sono presenti per legge le seguenti tipologie di acque alimentari: la potabile regolata dal D. Lvo n. 31/2001, la potabile in bottiglia, quella ultrafiltrata sempre come la potabile viene filtrata tramite membrana osmotica, viene proposta a caro prezzo, per i neonati e nei ristoranti in caraffe; quella di sorgente che è come la potabile, ma può subire dei lievi trattamenti (boccioni da 18 litri, 5 galloni); infine quella minerale, che ritenuta un’acqua medicamentosa, viene legiferata con norme diverse.

Gli italiani sono tra i maggiori consumatori europei di acqua in bottiglia.

Il mercato internazionale è detenuto dalla Nestlè con la Perrier con il 30 % di tutto il mercato delle acque minerali mentre la Danone seguita dalla Pepsi e CocaCola ne controlla il 15%. Il mercato delle acque in bottiglia è stimato a 22 miliardi di dollari con una percentuale di crescita annua del 30%.

Le acque minerali seppure legiferate con una normativa diversa da quella potabile, occorre dirlo, soffrono dei stessi rischi  di inquinamento di tutte le altre acque. Anzi a volte come è già successo le pressioni sui politici hanno permesso a queste acque di avere parametri degli elementi contenuti a livello più alto di quelle potabili.

Nel 2001 il ministero della salute aveva promosso una indagine sulle acque minerali col risultato che 200 marchi su 260 risultavano fuori norma: nel dicembre 2003 il ministero recepisce la direttiva europea sulle acque minerali, ritoccando proprio i valori del decreto del 2001, introducendo una soglia di tolleranza per una serie di sostanze a rischio. C’è stata una pressione  di lobbyng che ha permesso alle aziende di ottenere una normativa come se fosse un vestito su misura. Si consideri che in Italia sono presenti 177 imprese e 304 marchi, con 190 stabilimenti e 12 miliardi di litri imbottigliati di cui 1 miliardo esportato. Le concessioni sono così irrisorie che nella sola regione Lombardia non riescono a  pagare i dipendenti dell’ufficio acque minerali; non solo, dato che la maggior parte sono imbottigliate in contenitori di Pet, i costi ricadono sulla regione spendendo così più di quanto incassano con le concessioni.

Nel nostro Paese sono in commercio 304 marchi di acque minerali, ma l’84% del mercato -3 miliardi di euro, complessivamente- è in mano a una dozzina di gruppi.
I primi sono Sanpellegrino (Nestlé) e San Bendetto, il terzo è un nome che non dice niente, la Compagnia generale di distribuzione (Cogedi), ma è quello che controlla i marchi Rocchetta (il sesto marchio per volumi di vendita in Italia) e Uliveto (il nono). Le due aziende fanno capo a una finanziaria olandese, la Chesnut Bv che, a sua volta, fa riferimento a una famiglia italiana, la De Simone Niquesa. Rocchetta è arrivata a Gualdo all’inizio degli anni ’90. Nel 2005 ha imbottigliato oltre 400 milioni di litri d’acqua. L’azienda paga alla Regione Umbria 0,0005 euro per ogni litro d’acqua imbottigliato (50 centesimi per ogni metro cubo, mille litri). Poi noi ricompriamo quella stessa acqua, per esempio nei supermarket, a 55 centesimi la bottiglia, ovvero 37 centesimo al litro. Fatti due conti, quei 400 milioni di litri generano qualcosa come 148 milioni di euro
di fatturato. Per quella stessa acqua Rocchetta ha pagato alla Regione Umbria nel 2005 circa 220 mila euro. Una miseria. Tratto dal sito “Fabrianopoli”. Con la Danone questi 4 gruppi coprono il 70% delle minerali italiane.

Per approfondire questo argomento ci sono dei libri inchiesta del vice caporedattore di Famiglia Cristiana , Giuseppe Altamore, che vi proporrò alla fine di questo incontro.

Privatizzazione dell’acqua

Abbiamo già visto la doppia distinzione che si fa a livello internazionale sull’acqua:

necessità/diritto dove un minimo deve essere messo a disposizione per ciascun abitante del pianeta , a bisogno ed in quanto tale, tutta la filiera dell’acqua dalla captazione alla sorgente, alla raccolta e distribuzione, alla depurazione fognaria, viene soggetta a trattamenti tecnologici che ne impongono una vera e propria mercificazione.

Il buon senso vorrebbe che in una situazione di crisi idrica l’acqua sfuggisse a logiche di tipo economico e fosse gestita con tutte le attenzioni e le forme di controllo pubblico necessarie. Ma sta avvenendo esattamente l’opposto. L’acqua è ritenuta un mercato ed in quanto tale soggetta alle sue leggi, con un prezzo di vendita determinato dai costi di produzione. Nel mercato prima vengono gli interessi economici e poi i diritti delle persone, ma tutto questo può avere conseguenze disastrose. Senza considerare che queste società andranno a gestire l’acqua in una situazione di monopolio determinando così i prezzi a proprio piacimento.

A livello mondiale diverse multinazionali si sono orientate su questo settore, proponendosi in diverse nazione e città più importanti.

In Italia tale situazione si è creata dopo la legge Galli la n.36 del 1994 che ha voluto e proposto i cosidetti ATO Autorità Territoriale Ottimale,

Si è assistito così ad una privatizzazione graduale del bene pubblico, senza fornire ai cittadini una corretta informazione di quanto stava avvenendo. Ecco che le cosiddette Aziende Municipalizzate che si sono trasformate in S. p. A., quotate sul mercato. Proprio per questo la loro gestione non può che essere legata a leggi di mercato. La privatizzazione viene spesso indicata come un processo di modernizzazione e agli inizi del 1900 era molto diffusa ma la municipalizzazione fu resa necessaria per garantire ai cittadini un equo accesso alla risorsa acqua. La prima esperienza in Italia avvenne in Toscana  nel 1999 dove Lyonnaise des eaux vinse la gara.

In Europa 12.000 imprese gestiscono il sistema, hanno 1 milione di dipendenti con un fatturato di 120 miliardi di Euro. Ma sempre in Toscana un piccolo comune ai confini con la Liguria, Granaglione, 300 piccoli comuni iniziarono la “rivolta” contro la privatizzazione di quello che è ritenuto un bene di tutti. Pare che la stessa legge Galli sia prossima a dei cambiamenti e si riproporrà il ritorno alla gestione pubblica, dell’acqua.

Per noi cristiani

E’ necessario impegnarci per la tutela del Creato, proprio in virtù della nostra fede in Dio creatore. Ciò non significa certamente buttarsi nella dottrina panteista il cui rischio oggi ritengo che venga  presentato solo per evitare proprio questo impegno.

Un ruolo quello del difensore della natura, che prima di tutto è quello di uno che accoglie la vita in tutti i suoi aspetti, soprattutto nel perdurare della vita, messa a rischio da tutti i fenomeni di degrado ambientale; impegnarsi quindi nella tutela del creato significa prendere posizione in tutti quegli aspetti che mettono a repentaglio la salute stessa dell’uomo.

Inoltre giustamente la nostra terra non è una risorsa inesauribile, perciò come il giardino datoci, essa va custodita, curata, non saccheggiata nelle sue risorse, spremuta fino al massimo, per accrescere l’opulenza di pochi a scapito della sopravvivenza di molti.

I nostri incontri domenicali, gli approfondimenti biblici, la catechesi devono poterci offrire, oggi , la possibilità di approfondire e riflettere su questi aspetti attuali. La stessa liturgia può essere ricondotta a queste tematiche. Basta riprendere tutta la liturgia battesimale  per riflettere sull’acqua; le vecchie Tempora, orazioni stagionali per il mondo dell’agricoltura, oggi possono essere riviste nell’ottica del cristiano custode dell’opera di Dio.

L’acqua  è presente fondamentalmente nel  battesimo; esso ha rivalutato e valorizzato le acque; nel battesimo si è rigenerati in Cristo. Nella chiesa primitiva i gesti erano quelli usuali nella tradizione, nell’ambiente e nella cultura dell’epoca. La legge ebraica prevedeva  varie tipologie di abluzioni rituali che permettevano di passare dal mondo profano a quello sacro.

Successivamente il battesimo cristiano acquistò un senso nuovo, passando dal battesimo con l’acqua al battesimo in Spirito Santo. E’ lo Spirito che trasfigura quel gesto facendo sì che il peccato non sia cancellato dalla sola acqua in quanto tale, ma anche dalla fede nella morte e resurrezione di Gesù.

Dunque il battesimo “è il sacramento della fede che attuato dalla chiesa nel nome di Cristo e nella potenza dello Spirito, immette l’uomo nella sfera trinitaria a titolo di figlio di Dio”. L’uomo vecchio è così abbandonato rinascendo a vita nuova. Col battesimo tutti riceviamo la nostra dignità sacerdotale di re e profeta.

Proprio alla luce di questo uomo nuovo, sta anche a noi laici, suscitare, stimolare il cammino recente  e sempre più oggi attuale, di attenti custodi del creato. Sta a noi compiere gesti evidenti di risposta , azione , denuncia del degrado ambientale. Sta a noi essere sale e luce e quindi di essere persone di esempio anche nei soli comportamenti quotidiani che possono dare un contributo concreto seppure piccolo nella tutela ambientale, a cominciare dal risparmiare l’acqua in casa, abbassare il termostato quando non serve, preferire dove possibile la bicicletta o i mezzi pubblici all’auto. Se necessario dobbiamo anche essere pietra di inciampo, per tutti quegli interessi fuorvianti dallo stesso bene pubblico, denunciando le azioni anomale, organizzandoci in comitati, utilizzando al meglio le possibilità offerte dalle associazioni ambientali del territorio.

Solo così facendo saremo riconosciuti non tanto nelle nostre parole, quanto più nelle nostre azioni.

E solo allora ci accorgeremo di quanto scritto da  Ezechiele a proposito della “sorgente del tempio”. “Queste sorgenti, … sboccate in mare, ne risanano le acque. Ogni essere che si muove ovunque dove arrivi il fiume, vivrà: il pesce sarà abbondantissimo, perché quelle acque, dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà… Lungo il fiume su una riva e l’altra crescerà ogni sorta di albero da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina” . (Ezechiele 47, 9-10, 12)

 

Fabriano 23 settembre 2007

Giuseppe Dini

Bibliografia

Davide Pellanda Collana “Parole delle Fedi” “Acqua” EMI ed. Bologna 2006

Francesco Gesualdi “Acqua con giustizia e sobrietà”  EMI ed. Bologna 2007-07-25

Martire  Tiberi “ Acqua il consumo in Italia” EMI ed. Bologna 2006

CIPSI “Acqua Educazione Cittadinanza” EMI ed. Bologna 2006

Marq De Villiers “Acqua” Sperling & Kupfer ed. Milano 2003

Pasquale Merlino “Che acqua beviamo?”MA.C.AN.FRA ed 1999

Barlow Clarke “Oro Blu” Ariannna ed. Bologna 2004

Giuseppe Altamore “Qualcuno vuol darcela a bere” Fratelli Frilli ed. Genova 2003

Giuseppe Altamore “I predoni dell’Acqua” San Paolo ed. Milano 2004

Giuseppe Altamore “Acqua spa” mondatori ed. Milano 2006

Luca Ramacci “Manuale di autodifesa ambientale del cittadino” Franco Angeli ed. Milano 2006

 

Sitografia

www.contrattoacqua.it associazione per il contratto mondiale dell’acqua

www.minambiente.it su Comitati e Commissioni vigilanza sulle risorse idriche

www.federutility.it  Federazione imprese settore idrico

www.gruppo183.org gruppo di ricerca privato

www.acquaminerale.net acque minerali

www.mineracqua.it  associazioni industriali acque minerali

www.acqua2o.it collezione etichette acque minerali

 AMBIENTE