Acqua potabile alla varechina a Sant'Angelo in Vado
Sono ormai diversi giorni, che l’acqua dei rubinetti domestici vadesi, esce
con il sgradevole odore e sapore di varechina. Basta scaricare lo sciacquone del
water per accorgersene. Diventa impossibile anche la semplice cottura della
pasta o del riso.
Più volte ho sentito i vari dirigenti di MarcheMultiservizi dire che tanto non
succede niente, basta tenere una caraffa nel frigorifero per qualche ora, che il
cloro svanisce. Ma è davvero così semplice, davvero è così innocuo?
Vediamo dunque cosa afferma la legislazione sull’acqua che ormai ha 10 anni:
il D.Lvo n.31 del 2001 ed ha avuto la sua completa attuazione lo scorso
dicembre, dato che col sistema delle deroghe si è bevuta acqua all’arsenico,
come è accaduto nel viterbese ed in 128 comuni italiani, costretti alla revoca,
dal definitivo diniego della UE.
Per legge l’acqua deve essere “inodore, insapore, incolore” e dunque se al
rubinetto di casa percepiamo il caratteristico odore/sapore di varechina essa è
chiaramente in difformità. Nei “parametri indicatori”, cioè quelli che
rientrano nelle analisi, al 51 punto troviamo il “disinfettante residuo”
(dunque la varechina, che viene usata da noi a motivo del basso costo), che nel
caso di impiego ha un valore consigliato di 0,2 milligrammi/litro. Normalmente
questa concentrazione di ipoclorito, non è percepita dai nostri sensi, quindi
nel caso di questi giorni, le dosi ai nostri rubinetti sono notevolmente
superiori. La norma, non prevede alcuna sanzione per il superamento di questo
parametro, così come non è prevista per l’odore (40), sapore, (44), torbidità
(48), che devono però essere “accettabili per i consumatori senza variazioni
anomale”.
Va inoltre ricordato che la combinazione del cloro con le sostanze presenti
nell’acqua fluviale o anche nel nostro stesso organismo, può dare origine a
composti dannosi per la nostra salute, anche se in questo caso, nelle varie
ricerche si parla di percentuali.
Dunque la varechina è la sola soluzione? No, perché nel periodo invernale
l’approvvigionamento di acqua potabile che potremmo avere dalle sorgenti di
Ca’ Alessandro sarebbe di per sé sufficiente. Il fatto è che questa linea,
pare che sia ostruita da formazioni di calcio e non viene riparata, come si
faceva nel passato, tanto basta pompare l’acqua dal fiume.
Dato poi che l’acqua dei pozzi fluviali, non proviene che in piccola parte
dalla falda sotterranea, abbondantemente intercettata a monte dalle captazioni
private, bensì dal corpo idrico stesso, credo che sia il caso di provvedere a
richiedere una riclassificazione dell’area (art.80 D. L.vo 152/2006) col
conseguente cambiamento dei sistemi di potabilizzazione.
Visto che siamo ormai nell’era dell’elettronica digitale, che anche gli enti
pubblici sono obbligati ad avere l’Albo pretorio digitale, con valore legale
da questo gennaio, è il caso di chiedere inoltre, la pubblicazione puntuale
delle analisi delle nostre acque potabili. Non sono più i tempi del segreto
d’ufficio ed è la norma citata che lo prevede è il Codice
dell’Amministrazione Digitale (D. L.vo n.82/2005); grazie ad esso delibere,
ordinanze, decreti del sindaco, documentazioni progettuali, documenti in
possesso dell’amministrazione, dovranno essere pubblicati nei rispettivi siti
istituzionali.
Inoltre con le modifiche pubblicate il 13 gennaio, è possibile chiedere o
svolgere contenziosi anche con gestori privati dei servizi pubblici (equiparati
a pubbliche amministrazioni), attraverso la posta elettronica certificata PEC,
che stranamente non mettono nei loro siti.
Suggerisco nel nostro caso, di scrivere al Sindaco, all’Asur, a
Marchemultiservizi; se a farlo fossimo in tanti, sicuramente qualche effetto lo
otterremmo. Sarebbe inoltre auspicabile un ritorno alla gestione pubblica
dell’acqua.
Per concludere, si tratta di non delegare nessuno alla gestione del nostro
territorio, di intervenire nella richiesta degli atti e documenti, le normative
ci sono, basta chiedere di rispettarle: la nostra libertà viene dalla nostra
capacità di partecipazione.
Sant'Angelo in Vado 27 febbraio 2011
Peppe Dini
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