L’acqua
del Metauro risveglia l’antica cartiera.
Produrre
elettricità ricavata da fonti rinnovabili è l’obiettivo principale del
recupero del vecchio lanificio Carotti
Il centro storico di Fermignano è caratterizzato dal ponte a tre archi di epoca romana e dalla torre di epoca medioevale eretta a difesa di una importante fabbrica pontificia, la cartiera. Nel 1300 la forza dell’acqua era destinata a muovere le ruote dei magli adibiti a sfibrare gli steli vegetali per ottenere la polpa di cellulosa. Vicissitudini storiche fecero passare la proprietà agli Albani e nel 1914 ai Carotti. Questi ultimi utilizzarono la forza del fiume per far funzionare i propri macchinari per la tessitura della lana; le antiche norie in legno, furono sostituite da macchine più moderne che incominciavano a diffondersi: le turbine metalliche capaci di fornire la forza motrice per far ruotare i generatori di corrente elettrica.
Altre vicissitudini portarono recentemente, alla chiusura del lanificio ed il conseguente abbandono di tutte le strutture.
Ecco allora oggi, che due personaggi, Renato Carotti, nipote dei proprietari dello stabilimento e un imprenditore vadese Pagliardini Giovanni decidono il riacquisto dell’intero opificio: il primo legato affettivamente alla vecchia struttura di famiglia, il secondo appassionato conoscitore dell’uso delle energie rinnovabili, quasi ingegnere (gli mancano due esami), decidono insieme di riavviare la vecchia centrale idroelettrica, la prima del Metauro.
Un aspetto di archeologia industriale piuttosto interessante: primo perché è un recupero attivo, dove le turbine idrauliche una volta restaurate e revisionate produrranno ancora energia rinnovabile così come è richiesto dall’attuale Piano Energetico Ambientale Regionale, che fra l’altro prevede appunto il riuso delle vecchie traverse abbandonate; secondo perché è intenzione dei titolari di conservare la struttura tecnologica così come era e di renderla visibile agli eventuali visitatori, come museo delle tecnologie del passato e delle forme di energie rinnovabili.
I tre gruppi, perchè si tratta di tre turbine tipo Francis, da 168 kw, 65 kw e 15 kw, per un consumo a pieno carico di 2 metri cubi di acqua al secondo, ritorneranno a produrre e a far ricordare la loro antica storia.
Il generatore più piccolo era in corrente continua e veniva usato, collegandolo ad un trattore, per proiettare i film nella piazza ed anche, come ricordava Pompeo Carotti in una mia intervista del 1984, il salvataggio di tutta la centrale: “Durante la seconda guerra mondiale lo stabilimento fu minato dai tedeschi in ritirata, così come tutta la ferrovia. Ma non fu difficile sapere prima, delle intenzioni dei tedeschi. Per poter salvare la centrale elettrica, murammo durante tutta la notte gli ingressi alla sala macchine. Quando la mattina dopo l’ufficiale tedesco venne per l’ispezione, notò tracce di umido sul muro fresco, ma sostenni che erano delle infiltrazioni che provenivano dal fiume sovrastante… Così salvammo la centrale, non lo stabilimento che fu distrutto. Con gli alleati, fu la prima centrale ad essere attivata perché intatta; essi concessero 2 ore per la macinatura del grano, mentre per il resto della giornata l’elettricità prodotta, fu utilizzata per esigenze militari e tramite una linea indipendente per l’ospedale di Urbino.”
In questo momento la ditta Sime Energia di Ascoli Piceno, sta già lavorando per il ripristino di tutte le strutture idrauliche. E’ prevista la completa automazione della centrale con impianto di telecomando a distanza, tramite connessione computerizzata.
La sala centrale sarà messa a disposizione delle associazioni culturali, ambientali e locali, in ambito museale, espositivo e come sala per conferenze.
Una coincidenza non voluta, è stata quella proposta dai ragazzi della locale Scuola Media che nel partecipare nel 2003 ad un concorso Enel riguardante l’energia, arrivarono terzi a livello nazionale, proprio con un progetto di recupero della stessa centrale Carotti che veniva proposta come laboratorio di energie rinnovabili.
Certo è, che antichi macchinari, come quelli della centrale Carotti, fecero l’Italia industrializzata del dopoguerra, oggi rimessi in funzione, potranno essere un valido esempio di possibili soluzioni energetiche future.
Sant’Angelo in Vado 28.03.06
Giuseppe Dini