Centrale sulla Cascata del Sasso: no, grazie!

 

Il recente progetto di realizzare sul salto della cascata del Metauro una centrale idroelettrica da 360 kw, che necessita di ben 3000 litri di acqua al secondo non può che vederci contrari, come più volte sostenuto attraverso queste stesse pagine.

Dal 1997 l’area circostante a destra fino S.Eusebio, a sinistra tutti gli spazi  verdi fino alla strada comunale, zona urbanizzata, sono soggette ad un vincolo integrale dello stesso tipo delle aree archeologiche, per la protezione del quadro naturale che vede nella cascata un biotopo degno di “particolare tutela”. L’aspetto naturale verrebbe profondamente alterato, se dalla cascata toglieremo l’acqua per produrre energia; infatti anche al minimo la centrale assorbe ben 500 litri di acqua al secondo, che la renderebbe simile ad una bella cornice, senza però la sua tela.

E’ quanto ho sostenuto alla conferenza dei servizi effettuata dalla regione Marche ad Ancona; la prima volta che un portatore di interessi diffusi, quale il WWF da me rappresentato, partecipa a tutti gli effetti come controparte. E’ anche la prima, volta, a detta del funzionario della regione, che ci si imbatte in una realizzazione insita in una zona protetta dalla L.  1497 del 1939.

Causalità, mancavano all’incontro la provincia di Pesaro Urbino (segno evidente del grande interesse ambientale che la contraddistingue…) la Sovraintenza di Ancona competente per la protezione dell’area, l’Ufficio Valutazione Impatto Ambientale della Regione.

Ho sostenuto che, grazie solo l’intervento di pochi, quell’area è stata protetta non certo dalle amministrazioni locali succedutesi, né tanto meno dagli enti pubblici preposti. Basti pensare che nella cartografia, tuttora manca ancora l’ampia area verde sopra la cascata, nonostante che il decreto del presidente della giunta regionale di allora, accettasse tutte le osservazioni da me proposte.

Non parliamo di recupero ambientale dell’area, in  quando era ed è, di competenza dell’amministrazione comunale, molto più interessata della zona industriale che della balza. Avrebbero dovuto nascondere alla visione, i capannoni limitrofi piantumando intorno e nelle aree verdi; c’era la richiesta di difformare gli spigoli alla lama di calcestruzzo che appesantisce la balza, demolire il belvedere che non fa vedere niente, se non l’inettitudine del genere umano di fronte alle bellezze naturali.

Basti pensare che la distanza della strada dal fiume, (quindi dalla cascata), nel Piano Industriale Particolareggiato è di 14 metri, mentre nella realtà stranamente è di soli 6,5 metri. Quando allora feci osservare questo, al professionista che curava la lottizzazione, sottolineando anche la presenza a catastale della gora del mulino, mi disse che non era più considerabile. Oggi invece proprio quel pezzo terreno accatastato è l’unica giustificazione per la centrale. Perché il mulino non ha più niente della sua struttura del 1930, di due mulini si sono fusi in un unico edificio, modifiche strutturali varie e sostanziali, lo hanno caratterizzato fin negli anni novanta. La pratica della centrale, fra l’altro, è stata sospesa in regione, perché manca la concessione idraulica che dovrà essere proposta ex novo.

 Oggi si pretende di svendere quel po’ di ambiente naturale che è rimasto per valorizzarlo. Assurdo! Quando si acquisiscono diritti, la logica, è quella del produrre a tutti costi e la cascata, soverchiata dalla zona industriale, oggi testimonia tutto questo.

Ciò non significa certo che il WWF è contrario alle centraline idrauliche: a Sant’Angelo è possibile il recupero immediato di due mulini. Nelle osservazioni al Piano Tutela Acque da me redatte per il WWF, si sono messe in evidenza le eccessive richieste alle centraline idroelettriche con i minimi flussi vitali, calcolati con una formula e non effettivamente sulla realtà biologica presente. Al Furlo è richiesto il rilascio del minimo deflusso vitale di 1600 litri al secondo, che certamente non garantirebbe l’acqua per il potabilizzatore di Pesaro nei periodi estivi. Mentre l’agricoltura che consuma il 70% dell’acqua (dati Ocse) viene ancora agevolata soprattutto nelle captazioni irrigue, che di fatto sono quelle che sottraggono acqua al fiume senza ridarla, proprio nel periodo di più bisogno

Quindi sì alle energie rinnovabili, ma localizzandole nei posti giusti e con tutti gli accorgimenti possibili, senza alterare ciò che di bello la natura ci ha regalato nel tempo.

 

Sant’Angelo in Vado  04.08.08

Giuseppe Dini

WWF Marche

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