Quando il riutilizzo energetico è anche un recupero storico industriale.

La centrale Carotti di Fermignano sul Metauro rimette in moto i suoi generatori elettrici.

Su .eco n. 8 di ottobre 2006 e su Folio n 9 di settembre 2006

La storia

Fermignano è una cittadina di 9000 abitanti, della Provincia di Pesaro Urbino Sviluppatasi come città satellite e polo industriale di Urbino ha un centro storico ben delineato caratterizzato dal ponte a tre archi di epoca romana e dalla torre di epoca medioevale eretta a difesa di una importante fabbrica pontificia, la cartiera. Nel 1300 la forza dell’acqua era destinata a muovere le ruote dei magli adibiti a sfibrare gli steli vegetali per ottenere la polpa di cellulosa. Vicissitudini storiche fecero passare la proprietà ai Conti Albani e nel 1914 ai Carotti. Questi ultimi utilizzarono la forza del fiume per far funzionare i propri macchinari per la tessitura della lana.

Le antiche norie in legno, furono sostituite da macchine più moderne che incominciavano a diffondersi: le turbine metalliche capaci di fornire la forza motrice per far ruotare i generatori di corrente elettrica.

Altre vicissitudini portarono negli anni ‘90, alla chiusura del lanificio ed il conseguente abbandono di tutte le strutture.

Ecco allora oggi, che due personaggi, un nipote dei proprietari dello stabilimento e un imprenditore decidono il riacquisto dell’intero opificio: il primo legato affettivamente alla vecchia struttura di  famiglia, il secondo appassionato conoscitore dell’uso delle energie rinnovabili, decidono insieme di riavviare la vecchia centrale idroelettrica, la seconda dell’alto  Metauro.

L’acquisto dell’intero complesso è stato di per sé un notevole sforzo di investimento iniziale che al momento  permette il recupero non solo energetico di parte dell’opificio, ma anche della stessa struttura di produzione energetica esistente, al fine di mantenere la memoria del passato cara a molti abitanti di Fermignano. In sostanza sia i vetusti  generatori isolati in tela, il vecchio quadro comando, il sistema di regolazione della potenza delle turbine, seppure non più funzionanti, rimarranno nello stesso luogo, permettendo poi l’accesso ad eventuali visitatori, che avranno così modo di confrontare l’antica produzione energetica con quella attuale.

L’idea è anche quella di costituire una sorta di museo-laboratorio dedicato appunto all’uso ed esperienze sulle energie rinnovabili. La stessa presenza di una caldaia marina Cornovaglia, già utilizzata per la produzione di vapore, permette ancor più di sostenere l’idea.

Fra l’altro lo stesso Piano Energetico Ambientale della Regione Marche, 637 pagine di dati analisi e considerazioni, prevede il recupero per i fini energetici delle vecchie traverse presenti nei fiumi della regione.

La struttura esistente

La centrale utilizza un salto complessivo di 10,3 metri; l’acqua entra nella vasca di preaccumulo da una paratoia in sponda sinistra; nella parte centrale di questa è realizzata una interessante colonna ottagonale a mattoni che sorregge le caratteristiche volte superiori, che probabilmente facevano già parte dell’antica struttura; un dente trattiene il materiale di alluvionamento, che viene eliminato tramite una paratoia sghiaiatrice realizzata nella sua direzione ad una quota inferiore. Sulla vasca di calma, successiva al rialzo, è montato lo sgrigliatore; da qui l’acqua va ad alimentare le vasche di carico delle due turbine alloggiate ad una quota inferiore di 7 metri, il tutto realizzato all’interno dello stesso stabilimento, al chiuso. La trasmissione avviene tramite un volano e cinghia. I generatori, ancora del tutto funzionanti, sono realizzati con avvolgimenti isolati in tela e dinamo eccitatrice coassiale.

La regolazione dei distributori, avviene tramite regolatori di velocità con servomotore a pressione d’olio.

Tre turbine montate di tipo elicoidale (Francis): una De Pretto da 168 kw, una S.Giorgio da 75 kw ed una Cavazza da 15 kw, questa probabilmente proveniente da un recupero dal momento che è di tipo adatto ad alte prevalenze.

Complessivamente consumano a pieno carico intorno ai 2m3/sec

Gli interventi

Sono state sostituite le vecchie paratoie in legno con identiche realizzate in acciaio zincato e ricoperte di vernice al teflon; è stato mantenuto il sistema di sollevamento a vite senza fine con la sostituzione dei soli motori trifasi e l’inserzione di appositi controlli elettronici. In caso di mancanza di corrente sono comandate da un motogeneratore  e da dei gruppi  di emergenza  ad accumulatori.

E’ stata sostituita la griglia e montato un nuovo pettine automatico per l’asporto del materiale in galleggiamento.

Tutte le turbine sono state smontate e revisionate: nella grande è stato sostituito il cuscinetto principale di sostegno, baricentrico per cui la turbina risulta a sbalzo rispetto a questo; la 75 kw ha richiesto una maggiore cura: sull’asse di rotazione sono state montate due boccole di acciaio inox con rivestimento in una resina speciale (glycodur); eliminati gli ingrassatori, i canalicoli del grasso sono utilizzati per il passaggio di acqua filtrata che serve a realizzare il “velo fluido” di rotazione che sostituisce le vecchie bronzine (questa soluzione è adottata nelle pompe di circolazione dei nostri termosifoni e nelle turbine installate sugli impianti di acqua potabile); le pale del distributore sono state tutte riassettate e alcune rifatte da nuovo; alla piccola è stato ricostruito completamente il distributore a pale fisse tutto in acciaio inox.

I distributori ( le pale che circondano la turbina e permettono l’ingresso di più o meno acqua in base alla potenza da produrre) vengono comandati tramite con un sistema ad olio in pressione, sono muniti di contrappesi automatici di chiusura a gravità, per intervenire in mancanza di tensione di linea; tutti i sistemi sono gestiti in  maniera computerizzata.

I generatori di tipo asincrono (dei classici motori portati a funzionare ad una velocità maggiore di quella di targa per cui diventano generatori), con trasmissione a cinghia, sono alloggiati nel vano alla stessa altezza delle turbine e forniscono solo potenza attiva, mentre dalla rete elettrica prendono tensione e frequenza.

La ditta Sime Energia di Ascoli Piceno si occupa dell’automazione di tutta la centrale, tramite PLC (appositi computer industriali specializzati per quel servizio) e un software realizzato dalla General Elettric, che permette di visualizzare in remoto tutti i dati di funzionamento dei singoli gruppi ( idraulici, pressione, livelli, elettrici, temperature cuscinetti…). Un sensore  di livello, montato sulla vasca di calma, consente di conoscere istantaneamente l’altezza dell’acqua, mentre il software, in base a queste informazioni, interviene sulla regolazione del distributore, sulla scelta di inserimento dei gruppi, garantendo comunque al fiume “il minimo flusso vitale” richiesto dalla normativa.

Due linee e rispettivi modem consentono il controllo a distanza, mentre un combinatore telefonico trasmette messaggi preregistrati.

 

 Conclusioni

La sala macchine rimane di fatto inalterata, cosicché sarà possibile ammirare sia le vecchie soluzioni adottate per la produzione elettrica, sia tutte le nuove esecuzioni, in una sorta di museo di archeologia industriale, non statico, ma attivo, seppure utilizzante tecnologie attuali, che potranno essere messe in un interessante confronto.

La centrale elettrica entrerà in produzione a settembre e nel giro di circa dieci anni ripagherà l’investimento iniziale.

Una attenta valutazione della struttura esistente, nonché la volontà di intervenire lasciando intatte le opere di ingegneria civile, il tentativo ben riuscito di un recupero più fine delle macchine e la destinazione del salone centrale ad aspetti culturali locali, alle associazioni ambientali, all’analisi dello sviluppo delle forme di energia rinnovabile, sono linee di condotta che premiano sicuramente gli imprenditori.

La centrale Carotti è proprio una dimostrazione di un recupero innovativo, che lascia integra la memoria storico-culturale del passato, riconsegna alla cittadina aspetti di vita locale a cui essa è legata, senza dimenticare l’importanza che hanno avuto nel dopoguerra, molti di questi ferrivecchi, nella rinascita della nuova Italia industrializzata.

 

Sant’Angelo in Vado 07.07.06

L’energia del Metauro

Il Metauro attraversa dalla dorsale appenninica al mare Adriatico tutta la provincia di Pesaro Urbino nelle Marche e si estende per circa 110 Km di percorso. Si forma dalla confluenza di due torrenti iniziali il Meta e l’Auro a circa 20 km dalle sorgenti nel comune di Borgo Pace. Il suo affluente principale è il Candigliano, che si immette ad un terzo del suo percorso in località Calmazzo. Il bacino del Metauro, il più esteso delle Marche, ha una superficie di 1405 km2. Al punto di confluenza esso ha una incidenza di 374 km2 mentre il Candigliano  ben 650 km2 . Ecco perché la maggior parte delle centrali elettriche si è sviluppata nel suo affluente, con una maggiore portata, garantita dai massicci dei monti Catria, Nerone e Pietralata. Sei le centrali Enel funzionanti, dalla Liscia di Fano (1 Mw) il cui scarico alimenta il porto canale della città costiera, alla più grande, quella del Furlo sull’omonima e caratteristica gola (14 Mw) fiore all’occhiello della nascente azienda di stato nel 1964, a quella di Abbadia di Naro (0,5 Mw) ricostruita grazie ai finanziamenti del PEN L. 308/82; quattro private di cui una realizzata recentemente e utilizzante una turbina Ossberger a flusso incrociato (70 Kw) a Mercatello, due abbandonate ed infine quella di Fermignano (250 Kw) di prossima riapertura.

 

 Giuseppe Dini

 

 

 

 

 

 

 

 

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