CONOSCIAMO
ALCUNI CIBI
Obiettivi:
1.
Conoscere le caratteristiche principali di alcuni cibi
2.
Riprodurre le fasi tecnologiche necessarie per l’ottenimento di alcuni
alimenti
3.
Comprendere lo scopo delle operazioni necessarie per ottenere un cibo
trasformato
4.
Apprendere l’importanza del gusto e dell’odorato per una corretta
alimentazione
5.
Individuare le somiglianze e differenze tra la produzione artigianale in
laboratorio e quella industriale.
Contenuti
Il
pane, come si ottiene, la sua lievitazione e cottura; il pane speciale; le
farine integrali e raffinate; il glutine.
Il
formaggio, come si ottiene; il formaggio filato (mozzarella), la ricotta, il
burro.
Gli
oli, differenze merceologiche tra quello d’oliva e di semi; valutazione del
contenuto di olio in semi diversi, l’olio delle patatine fritte.
I
caratteri organolettici di alcuni alimenti.
Metodo
Questa
Unità Didattica è realizzata in due fasi una teorica, conoscitiva sia delle
caratteristiche più salienti dei prodotti, sia indicativa delle varie fasi
tecnologiche che ci permettono di ottenere il cibo trasformato ed una fase
pratica che ci permetta di vedere concretamente quanto appreso, attraverso delle
opportune esercitazioni di laboratorio.
Qui
riporterò per ciascun alimento trattato, entrambi gli aspetti.
Latte e derivati
Il
latte è un alimento tra i più completi di principi nutritivi, per questo è
l’alimento esclusivo della prima infanzia e dei piccoli di mammiferi e ciò ne
conferma la sua particolare importanza. E’ solo carente di ferro, elemento
indispensabile per la formazione dell’emoglobina, che serve per il trasporto
dell’ossigeno nel sangue.
Nel
latte sono presenti proteine,
componenti essenziale dei tessuti del corpo, fra le quali primeggia la caseina
che contiene elevate quantità di fosforo. Esso rappresenta una emulsione di
acqua e grassi che a temperatura corporea sono così finemente distribuiti
da dare il caratteristico colore bianco; essi inoltre sono portatori delle vitamine
liposolubili A, D, E, K. Tuttavia il potere calorico del latte è scarso:
100 grammi danno solo 65 calorie. Lo zucchero
per eccellenza del latte è il lattosio
che è essenziale per la formazione delle cellule del sistema nervoso centrale;
non tutte le persone lo possono digerire ed in commercio si può trovare il
latte “Accadì”, dove lo zucchero del latte ha subito già un frazionamento
da renderlo assimilabile. Fra i sali
minerali contiene soprattutto calcio e fosforo. Inoltre il latte dei primi
giorni di vita è ricco di anticorpi e
ormoni utili a creare le difese del neonato.
Il
primo procedimento tecnologico che subisce il latte è l’omogeneizzazione,
un processo capace di frantumare ancor più le particelle di grasso impedendone
l’affioramento superficiale, come accade al latte appena munto.
I
trattamenti termici che il latte subisce sono la pastorizzazione
e la sterilizzazione che avviene
attraverso degli appositi scambiatori a vapore, a piastre, dove nel primo caso
il film di latte che li attraversa, raggiunge 80° C in 15-30 secondi, quindi
raffreddato a 2-4° C, mentre nel secondo si arriva fino a 140°C in alcuni
secondi; questo trattamento definito UHT (Ultra Higt Temperature) è così
forte, che distrugge persino le spore più resistenti, anche se c’è una
perdita di vitamine e una lieve alterazione di sapore, ma permette una lunga
conservazione del prodotto (4 mesi).
Per
quanto riguarda i derivati, facendo coagulare
la caseina con un enzima, si ottiene il
formaggio; se si fa fermentare il
latte con dei bacilli si ha lo yogurt;
separando la panna dal siero si ha il
burro.
In
laboratorio è possibile riprodurre tutti derivati del latte.
Il
formaggio si può ottenerlo seguendo semplici istruzioni:
1)
riscaldamento del latte a 38° C,
2)
aggiunta, secondo le indicazioni, del presame
(caglio) da acquistare in farmacia,
3)
coagulazione del latte,
4)
rottura della cagliata,
5)
separazione della cagliata dal siero mediante un canovaccio a maglie
larghe o raggruppandolo con pazienza con le mani,
6)
messa in una forma opportuna, munita di fori di scolo, con sopra dei
pesi,
7)
salatura superficiale e maturazione (5 giorni circa), coperto da un
canovaccio, in ambiente freddo e aerato.
Utilizzando
15 litri di latte fresco intero, si ottiene circa 1 kg di formaggio; al posto
del caglio della farmacia, si può
provare ad usare il succo di alcune piante: caglio (Gallium
verum L.) e monachina (Ornithogalum
umbellatum L.), così come facevano i nostri pastori quando non avevano il
presame.
Una
piccola parte della cagliata messa nel recipiente, può essere utilizzata per
essere bollita e maneggiata in continuazione, per ottenere il formaggio filato
cioè la mozzarella.
Il
siero è messo a bollire (85° C), con
l’aggiunta di succo di limone, per ottenere fiocchi di ricotta che affiorano
in superficie che vengono raccolti con un opportuno utensile.
Mettendo
in un recipiente ermetico da un litro e mezzo, mezzo litro di panna
pastorizzata, aggiungendo alcune gocce di limone (30-40), dopo aver chiuso il
barattolo, si agita in continuazione, si ottiene una massa solida che è il burro,
il quale poi deve essere risciacquato con acqua fredda.
Ovviamente
poi si assaggia per conoscere i sapori.
Il pane
Il
pane proviene dalla cottura di farine lievitate dall’elevato contenuto di
proteine. 200 grammi di pane, forniscono una percentuale notevole, del
fabbisogno nutritivo giornaliero, essenziale per un adulto: circa il 25 % delle
calorie e più del 20% delle proteine.
Il
pane si ottiene impastando la farina di grano tenero, con acqua calda, a circa
40° C, con l’aggiunta di lievito e sale. Una volta ben impastato il tutto (un
vecchio fornaio diceva che il pane va impastato col cuore, tanta era la cura
data nella movimentazione della massa), esso viene messo ad una temperatura di
circa 30° C a lievitare. Durante questo processo si forma acido carbonico che
attraverso la formazione di numerosissime bollicine, rende la massa spugnosa,
morbida e con un evidente aumento di volume. Caratteristico è l’odore acido
che si sente durante la lievitazione (acidi
lattico e acetico). Con la cottura nel forno a oltre 230°C, la
fermentazione viene arrestata e le bolle di gas dilatandosi rendono il pane
poroso e leggero. La superficie (crosta) si caramella dal momento che il calore
scinde l’amido in destrine
(zuccheri più semplici) che imbruniscono.
Il
pane non contiene additivi, che invece sono ammessi per le farine. I pani
speciali sono quelli ai quali viene aggiunto del grasso.
In
laboratorio si prepara il pane in apposite forme, già oliate per facilitarne il
distacco. Si preparano impasti con lievito naturale e con lievito chimico, per
poi verificare nella fase ispettiva le diversità delle bolle lasciate dai gas
di fermentazione (irregolari, diversificate e più grosse con quello naturale,
regolari e più piccole con quello chimico).
Inoltre
si possono fare pani speciali con l’aggiunta di olio, di erbe aromatiche e con
farine diverse come il farro (grano dei romani), con l’aggiunta di farina di
mais, con l’orzo, con farina integrale.
Al
momento dell’assaggio si fa provare l’effetto della ptialina,
enzima della saliva, che permette, dopo una masticazione accurata, la scissione
dell’amido in zuccheri più semplici ( maltosio
e glucosio), dal caratteristico sapore dolce.
Per
verificare la presenza del glutine, si
prende nella stessa quantità, farina di grano tenero e di grano duro, si
aggiunge acqua in uguale misura fino a formare due piccoli impasti.
Sottoponendoli ad una lavatura continua, sotto il rubinetto, avendo cura di lasciar cadere proprio un filo d’acqua, si rimuove in
continuazione l’impasto, fino a quando l’acqua che lo colpisce non rimarrà
trasparente, per la completa eliminazione dell’amido. Rimarranno due masse
mollicce e filamentose, che si potranno confrontare: è il glutine
contenuto nelle due farine.
Olio
La
normativa europea adottata nel 1990
in Italia, prevede una classificazione dell’olio di oliva, riducendolo a 4
tipi diversi:
1)
“olio extra vergine di oliva”, estratto solo meccanicamente dalle
olive (spremitura o centrifugazione), con una acidità residua non superiore
all’1%;
2)
“olio vergine di oliva”,
come sopra, ma con una acidità residua non superiore al 2%;
3)
“olio di oliva”, ottenuto dalla miscelazione di olio di oliva
rettificato (con acidità superiore al consentito, abbattuta chimicamente) e
olio vergine; la normativa non prevede le percentuali della miscela; l’acidità
non deve essere superiore all’1,5%;
4)
“olio di sansa di oliva” ottenuto dalla miscelazioni di oli ricavati
dalla sansa (avanzo delle olive dalle precedenti estrazioni di olio vergine),
mediante solventi, con l’aggiunta di olio vergine, anche qui senza precisarne
le percentuali; l’acidità non è superiore all’1,5 %.
Gli
oli di semi vengono ricavati da semi
di diverse piante (girasole, arachide, mais, sesamo, colza, vinacciolo, malva,
cotone…) con processi di estrazione mediante solventi a bassa volatilità
(benzina, esano…), anche se si possono trovare in commercio, soprattutto nel
circuito biologico, prodotti estratti con sistemi meccanici (olio di girasole).
Nel processo di lavorazione si perde la vitamina E (tocoferolo), che è un antiossidante naturale, per questo la
normativa prevede l’aggiunta, senza obbligo di trascrizione nell’involucro,
di antiossidanti chimici, E320, E
321 . E’ anche per questo
motivo che vengono generalmente proposti in lattina; la luce infatti
faciliterebbe l’irrancidimento del prodotto.
In
laboratorio si possono prendere vari semi, noci, mandorle, arachidi, girasole,
mais, frumento; dopo averli sgusciati, si sfarinano in un normale macinacaffé;
si pesa uno stesso quantitativo di farina e lo si mette in alcune provette di
laboratorio. Qui si aggiunge una stessa quantità di solvente ( benzina
rettificata, benzolo), si chiudono le provette, si agitano bene, si lascia
decantare. Con un contagocce si lascia cadere la soluzione (5 o 6 gocce), in un
medesimo punto di una carta assorbente. Si ha così la possibilità di mettere
confronto gli aloni lasciati dagli oli, verificandone la quantità
contenuta nei diversi semi.
Si
può estrarre nella stessa maniera, l’olio di un sacchetto di patatine (almeno
mezzo chilogrammo, frantumate); si filtra e si lascia la soluzione alla finestra
fino a completa evaporazione del solvente; rimane un olio rossastro appiccicoso.
Questa esperienza ci permetterà di approfondire la frittura, il punto di fumo,
gli oli tropicali.
Verifiche
Si
può chiedere di riprodurre i diagrammi a blocchi, esplicativi della produzione
del formaggio e del pane.
Visti
i processi industriali del pane e
del formaggio, si chiede di trascrivere accanto ad ogni fase, quelle eseguite in
laboratorio.
A
seguito dell’assaggio dei prodotti realizzati in laboratorio si chiede di
compilare una opportuna scheda organolettica.
Si
chiede di compilare una scheda riguardante gli oli, riportando ordinatamente le
caratteristiche, proposte in maniera caotica, relativamente ad ogni prodotto.
Si
chiede di formulare ipotesi a riguardo dell’acquisto o meno di prodotti,, da
parte del consumatore, senza considerarne la qualità.
Per
saperne di più
D.M.
Sanità n° 209 del 27.2.1996 sulla disciplina degli additivi alimentari
D.
M. Sanità del 20.2.85 sugli
additivi chimici.
D.
Lvo n° 155 del 26.5.1997 sull’igiene dei prodotti alimentari
D.
L.vo 25.1.1992 in materia di imballaggi per liquidi
L.
n° 580 del 4.7.1967 sul pane
Regolamento
CEE n° 1915/87 in vigore dall’1.1.1990 sulla classificazione degli oli
d’oliva
Bibliografia
Donegani
Marin “Impariamo a mangiare” ed. Clesav Milano 1985
Ubaldo
Carloni “Nutrizione sport” ed. Clesav Milano 1982
AAM
Terra Nuova “Naturalmente…” ed. Gruppo Abele Torino 1986
Dino
Galiazzo “Guida del consumatore” ed. Piemme Casale Monferrato 1995
Comune
di Genova “Corso di educazione alimentare nelle scuole…” 1986
Comitato
Difesa Consumatori “Vivere bene consumando meglio” Roma 1990
Unione
Nazionale Consumatori “Guida alla spesa alimentare” Roma 1998
Ministero
dell’Ambiente “Le biotecnologie” Atti del seminario Roma 24.9.1999
Sant’Angelo
in Vado 10.1.2001
Giuseppe
Dini