IL SAPONE IN CLASSE

 

Un po’ di alchimia ovviamente tecnologica, non guasta soprattutto se riesce a coinvolgere i ragazzi, in una sorta di connubio tra alcune regole chimiche teoriche e una attività pratica stimolante capace di coinvolgere l’intera classe.

A dir la verità sono stato piuttosto titubante, quando ho presentato questo percorso didattico alla classe, perché la chimica è stata la disciplina con la quale ho avuto difficoltà, ma lo spirito di avventura ed il gusto per le nuove esperienze, mi hanno fatto decidere. C’è stato di mezzo anche la lettura dell’interessante libro di Gianni Fochi, illustre professore della Normale di Pisa, “Il segreto della chimica” che ha notevolmente contribuito in tal senso.

 

Gli obiettivi

 

1.            Capire la differenza tra una sostanza acida ed una alcalina

2.            Conoscere il concetto di “pH”

3.            Utilizzare le conversioni dalle misure inglesi a quelle del sistema metrico

4.            Apprendere la reazione di “Saponificazione”

5.            Utilizzo delle tabelle di “Saponificazione”.

6.            Conoscere i principali additivi utilizzabili

7.            Rispetto delle varie fasi operative e individuare il momento della “nastrificazione”

8.            Conoscere e rispettare le norme di sicurezza relative all’uso dei prodotti.

 

Contenuti di base

Saponificazione. Quando un prodotto alcalino viene aggiunto all’acido, avviene una reazione detta “saponificazione”. Dopo questa reazione il prodotto si neutralizza e quando il prodotto si è asciugato dovrebbe, in sostanza essere neutro. La soda caustica (idrossido di sodio) pur essendo un componente importante del sapone, non è più contenuta nel prodotto finale stagionato. Dal punto di vista chimico il sapone è quindi un “sale”.

La saponificazione dipende da molte variabili, compresa la temperatura e i vari tipi di acidi grassi usati (oli o grassi). Durante questo procedimento, dopo aver mescolato i prodotti, che devono essere sempre mossi con cura, avviene la “nastrificazione”. La “crema” ottenuta  e lasciata ricadere dal cucchiaio di legno forma appunto il nastro sulla superficie. Questo è il momento di versare il prodotto negli stampi già predisposti.

Pesi e misure. Le misure utilizzate sono in “libbre” quindi occorre riportarle in grammi ed è necessario il rispetto puntuale delle varie proporzioni date per gli ingredienti nella tabella di saponificazione. Nell’utilizzo della bilancia di precisione occorre sempre pesare le tare dei contenitori utilizzati per poi considerare il peso netto del componente.

Tempi di realizzazione. I tempi dipendono da molti fattori fra cui anche la temperatura ambiente e la temperatura dei prodotti, che deve essere la stessa riportata nelle indicazioni suggerite. Noi siamo riusciti a migliorare i tempi di nastrificazione, utilizzando recipienti a bagnomaria con acqua tiepida a temperatura inferiore a quella del prodotto.

I tempi di asciugatura variano in base alle condizioni ambientali esterne In genere dopo una settimane ha già la sua consistenza di sapone, ma è necessario, usarlo almeno dopo quattro settimane, per essere sicuri della completa reazione tra i prodotti.

Gli additivi usati. Per la colorazione dei nostri saponi abbiamo aggiunto durante la nastrificazione dei coloranti alimentari (per evitare eventuali fenomeni allergici), rimediati da un papà pasticciere, profumi vari e per ottenere saponi alle erbe abbiamo aggiunto diverse tipi di essenze vegetali debitamente sminuzzate. Per i colori, abbiamo notato che l’aggressione prodotta dalla soda, li altera notevolmente, per cui ci siamo accontentati comunque della colorazione a fine stagionatura (che viene ancora diversa), anche se non sempre corrispondente alle nostre aspettative.

Metodi classici. I metodi per fare il sapone sono due: a freddo e a caldo.

Il primo (quello da noi scelto) è più semplice e adatto a scopo didattico; si lascia che la reazione esotermica, prodotta dalla reazione della soda caustica e dal lieve riscaldamento del grasso, porti alla saponificazione. Ecco quindi la necessità di mantenere il tempo di assorbimento e maturazione almeno a 4 settimane.

Nel metodo a caldo, si utilizza una fonte di calore esterna (forno o bagnomaria) per accelerare la reazione chimica dopo la nastrificazione. Questo sapone ha però una consistenza più grossolana ed irregolare. Lo lasciamo quindi fare agli esperti del settore.

Prevenzione e sicurezza. Avendo a che fare con prodotti caustici ed irritanti è necessario utilizzare guanti e occhiali di sicurezza (anche quelli da piscina possono essere validi) e avere cura di rimettere a posto la soda quando non più utilizzata. Usare dei contenitori usa e getta per pesare i vari materiali. Versare la soda nell’acqua, mai fare il contrario; se lo facessimo si produrrebbe una piccola esplosione che manderebbe fuori dal recipiente i nostri prodotti. Ricordarsi che questa reazione produce calore e la temperatura può arrivare fino a 80° C; fare molta attenzione ai vapori che si formano. Utilizzare utensili  di plastica o legno e solo a questo scopo. Sui fornelli utilizzare recipienti di acciaio o pirex e non di alluminio, aggredibili dalla soda. Usare tavoli ampi dove ci sia spazio per tutti, distribuire i vari compiti e rispettarli e soprattutto fare le operazioni con calma e prudenza, senza giocare, facendo attenzione a quello che si sta operando. Avere a disposizione dell’aceto per neutralizzare eventuali schizzi di soda e un lavello con acqua corrente. Utilizzare un vestiario adatto.

 

Come si procede

Per fare il sapone noi abbiamo utilizzato due grassi diversi, lo strutto facilmente reperibile e più economico e dell’olio di mais acquistato.

a.             In un recipiente di acciaio inox, abbiamo versato lo strutto (o l’olio) e lo abbiamo portato ad una temperatura di 54°C, (serviranno almeno un paio di termometri) utilizzando un fornello a gas.

b.            Nello stesso momento altri ragazzi dello stesso gruppo hanno versato nell’acqua la soda caustica (ricordarsi di utilizzare le giuste proporzioni riportate nella tabella di saponificazione) mescolando accuratamente; utilizzando il sistema a bagnomaria si è portata la soda alla stessa temperatura  del grasso (almeno 50 ° C).

c.             Si è quindi aggiunto la soluzione di idrossido di sodio al grasso nel recipiente di acciaio, mescolando con cura fino ad ottenere nella superficie il cosiddetto “nastro”. Nel caso che questa operazione tendesse a tardare utilizzare il sistema a bagnomaria con acqua ad un temperatura più bassa.

d.            Abbiamo poi aggiunto gli additivi già preparati (i gruppi hanno realizzato saponi di diversi profumi e colori) o le essenze vegetali sminuzzate, mescolando il tutto senza tardare; ricordarsi che quando inizia la nastrificazione i tempi di indurimento si riducono notevolmente.

e.             La miscela così preparata viene versato sugli stampini di plastica, già unti precedentemente (ci faciliterà, l’operazione di separazione dallo stampo). Qui si possono usare recipienti di fantasia come il fondo di bottiglie di plastica, i portauova in pet, stampini da sabbia, ecc. Evitare stampi di acciaio non inossidabile che dopo l’esperienza ossiderebbero velocemente a causa dell’uso della soda.

f.              Gli stampi riempiti sono stati poi coperti  con un panno e lasciati riposare per almeno un paio di giorni.

g.             Utilizzando sempre  i guanti, si toglie il sapone dagli stampi e se necessario si tagliano le forme più grosse.

h.             Dopo quattro settimane il sapone può essere utilizzato, avendo cura di asportare eventuali parti esterne ricoperte di una patina biancastra cristallina (è la soda che non ha reagito completamente)

 

Le dosi

Il valore di saponificazione, rappresenta il rapporto tra la soda caustica e la quantità di grasso. Esso è variabile in base al tipo di grasso scelto. Per questo sono disponibili sia nei testi, sia attraverso internet, apposite tabelle e anche calcolatori già predisposti. Si utilizza comunque una quantità di soda ridotta del 5% o 6% rispetto al valore calcolato, questo per stare nei limiti di sicurezza ed evitare problemi di aggressività.

Per l’acqua essa dovrà essere esclusivamente distillata o demineralizzata ed il rapporto tra soda e acqua è sempre uguale a 0,35. Da queste semplici indicazioni è possibile ricavare i quantitativi esatti dei vari ingredienti. E’ chiaro che l’aggiunta di additivi, altera queste proporzioni e per questo motivo, occorre fidarci di chi ci ha già provato ed è opportuna una attenta lettura di testi specifici.

 

I nostri saponi

Quello allo strutto appare piuttosto bianco (senza l’aggiunta di coloranti); ha il problema che, nonostante la maturazione, mantiene ancora l’odore caratteristico di quel grasso. Vale la pena quindi aggiungere essenze profumate. Alla prova del il lavaggio sugli stracci della scuola, comunque fa una schiuma a bolle discretamente grandi ed ha un effetto pulente efficace.

Quello all’olio di mais produce un sapone più morbido, opalescente, che impiega diverso tempo a nastrificare (circa 30 minuti); non da odori e all’uso schiumeggia quasi subito.

 

Il “bucato” nel passato

Mia nonna, come tutte le nonne del dopoguerra, faceva il bucato utilizzando la cenere del focolare, ben setacciata. Le lenzuola bianche, ancora tessute con fibre grezze al telaio meccanico venivano messe a strati all’intermo di un ampio contenitore di vimini senza fondo e appoggiato in una pietra circolare dove era realizzato un solco di scolo. Per ultimi verso l’alto venivano messi i panni più sporchi come i canovacci della cucina. Sopra questi si appoggiava  un panno di canapa grezza, con uno spesso strato di cenere (10 cm circa). Venivano versati diversi caldari di acqua  molto calda, fino a bagnare tutti i panni. Un recipiente raccoglieva il liquido di scolo (il ranno), che era utilizzato per lavare i pavimenti. Quando tutto il bucato si era raffreddato le lenzuola si portavano a risciacquare nel fiume, lungo le cui rive si stendevano ad asciugare.  L’azione della potassa caustica contenuta nella cenere rendeva i panni bianchissimi.

Per i vestiti neri, raccoglieva le foglie dell’edera (Hedera Helix L.) che metteva a macero per qualche giorno in un grosso catino di legno. Le diverse sostanze saponificanti, presenti nella pianta passavano all’acqua, che se sbattuta schiumeggiava. Passavano all’acqua anche le sostanze tanniche scure cosicché le sue vesti nere, venivano non solo lavate, ma anche  rinforzate nel colore.

Per gli abiti più delicati, raccoglieva i fusti della Saponaria (Saponaria offininalis L.) che lasciava macerare in acqua. La saponina, molto solubile, schiumeggiava, emulsionando facilmente i grassi e sciogliendo perfino canfore e resine.

 

La chimica applicata dai saponi

“Se i grassi vengono trattati con idrossido di sodio NaOH (soda caustica) o di potassio KOH (potassa caustica) si ottengono i saponi, con eliminazione di glicerina, tale reazione è detta saponificazione.

I saponi ottenuto con soda caustica sono detti duri, mentre i saponi ottenuti con idrossido di potassio sono detti molli (sapone da barba, ecc).

La struttura molecolare di un sapone è formata da due parti: una parte polare o idrofila e una apolalare o lipofila.

Quando un sapone viene a contatto con una superficie sporca, le molecole detergenti del sapone penetrano con la parte lipofila (affine al grasso-sporcizia) lasciando all’esterno la parte idrofila (affine all’acqua), che legandosi alle molecole dell’acqua stacca dalla superficie la sporcizia.

Siccome i saponi non possono svolgere la loro funzione detergente in acque dure (ricche di Calcio -Ca-  e magnesio -Mg-) poiché precipitano sotto forma di sali insolubili, gradatamente i saponi tradizionali sono stati sostituiti dai detergenti (detersivi sintetici).

I detergenti sintetici, pur avendo unità polari e apolari nella loro struttura molecolare e pur agendo come  i saponi hanno un vantaggio, cioè il potere detergente sia in acque dure che dolci.

Attualmente sono stati prodotti dei detergenti di sintesi biodegradabili, cioè in grado col tempo di essere trasformati in molecole semplici e non inquinanti.”

Tratto da “Chimica per l’arte” di Bucari Casari Lanari ed. Calderini

 

 

Altre attività inerenti

Oltre alle tradizionali verifiche, applicate sia alla conoscenza degli argomenti che alle esperienze pratiche e alla scoperta del significato dei vari termini  incontrati (tanti), un’attività che completa l’argomento è la visita ad una ditta di detergenti o, se possibile, ad un saponificio. Ciò non solo permette ai ragazzi di conoscere meglio il loro territorio locale, ma anche di approfondire praticamente la didattica proposta a scuola, di assistere ad una produzione industriale, di confrontare le conoscenze proposte con quelle dei tecnici accompagnatori, nonché di conoscere direttamente il mondo del lavoro.

 

 

Bibliografia

Melinda Coss “Il sapone fatto in casa” ed. Tecniche Nuove Milano 1999

Marcella Cioffi “Come fare chimica oggi” ed. SEI Torino 1990

Paolo Calvani “Giochi Scientifici” Ed. Mondatori Milano 1989 (esperimenti col sapone)

John Vivian “Fuoco di Legna” ed. Longanesi e&C. Milano 1981 (sapone dalla cenere)

 

Sito

www.ilmiosapone.it

 

Sant’Angelo in Vado 21.12.05

Giuseppe Dini

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