RIFLESSIONI SCOUT

La tua vita sarà un canto

La Route

Una tenda sul marciapiede

Far cantare il cuore

Preghiera di un capo sioux

I tre alberi

 

 

La tua vita sarà un canto

 

Canta amico mio, canta fratello mio,

canta per dare fiducia a quelli che dubitano,

a quelli che si scoraggiano,

a quelli che esitano nel momento della grande scelta,

a quelli che pensano che il gioco non valga la candela

a quelli che tenta la facilità

e la mediocrità della spia.

La tua povera voce, per rotta che sia

gli farà scoprire la vera strada

che è sempre la più rude.

Canta amico mio, canta fratello mio,

è per noi l'unico modo di vivere.

Ti chiederai a volte se non sei pazzo

a consumarti a cantare, a consumarti sino a morirne.

Pensa allora a coloro che, senza saperlo,

attendono il tuo messaggio e ne saranno riconfortati.

Ritroverai le certezza.

Riprenderai il tuo strumento,

ricomincerai a cantare.

Anche se per disgrazia i tuoi sforzi

ti sembreranno vani,

anche se hai l'impressione di aver fallito,

di non essere riuscito a farti comprendere

ritrova il tuo coraggio.

La tua vita intera

sarà stata un canto.

 

La ROUTE

 

Signore insegnami la Strada:

l’attenzione alle piccole cose;

 al passo di chi cammina con me

per non fare più lungo il mio;

alla Parola ascoltata

 perché non sia un dono che cada nel vuoto;

agli occhi di chi mi sta vicino,

 per indovinare la gioia e dividerla,

per indovinare la tristezza

e avvicinarmi in punta di piedi,

per cercare insieme la nuova gioia.

 

Signore, insegnami la Strada:

la strada su cui si cammina insieme:

insieme nella semplicità di essere quello che si è;

insieme nella gioia di aver ricevuto tutto da Te;

insieme nel tuo amore.

 

Signore, insegnami la Strada,

Tu che sei la Strada e la gioia.

 

 

Una tenda sul marciapiede

Che mi piaccia o no devo sta re

dove scorre il fiume umano, sempre così gonfio
di tumultuose passioni,
di vorticosi mulinelli,
di correnti impreviste.

Non posso fuggire: è il mio destino.
Sono stato chiamato ad essere lievito
in mezzo alla moltitudine.

Devo rizzare la mia tenda sul marciapiede,
ove l'uomo passa e vive.
ama e pecca, lavora, e piange.
canta e maledice, litiga e sogna.

Una tenda sul marciapiede

è come una città posta sul monte:

si vede e si fa vedere.
fa riaffiorare problemi e realtà dimenticate.

Una tenda sul marciapiede

è un segno di contraddizione:

qualcuno, passandole  vicino. Forse

s'indispettirà:

è sempre meglio che non vederla.

Una tenda sul marciapiede

è quel che ci vuole per una società pigra e satolla,

orgogliosa e piena di sé,

distratta e pecoreggiante;

è una schiaffata che scuote e mette in azione energie sopite

e stuzzica un moto di reazione:

quanto basta perché il passante
non si dimentichi almeno di essere uomo.

 

FAR CANTARE IL CUORE

Un giorno un giovane indù andò dal saggio e disse:

 “Voglio imparare a pregare, voglio imparare a cercare Dio”.

Allora il saggio disse: “Hai sentito l’uccello cantare?”

E lui: “Quale uccello?”.  “Non hai sentito?”.

E lo portò fuori dove c’era un passerotto che cantava.

Il giovane disse: “Sì, tante volte ho visto questo uccello cantare”

e il saggio: “E non l’hai mai sentito?”  “No!”.

“Allora non puoi imparare a pregare. 

Senti questo canto dell’uccello, cerca di ascoltarlo profondamente

e poi mi dirai”.

 

Dopo alcune settimane il giovane ritorna tutto contento:

 “Maestro - dice - ho sentito l’uccello cantare,

ho percepito il suo suono, l’ho sentito

dentro di me, ho capito che era la voce di Dio;

ho capito che all’uccello non occorrono troppi libri

per imparare a lodare Dio

e che io non devo imparare la preghiera sui libri,  ma devo far cantare il mio cuore”.

 

La preghiera è aprire il cuore e l’intelligenza

ai misteriosi suoni di Dio:aprire il cuore per amare, lasciandosi appassionare dalla sua musica ;

aprire l’intelligenza  per conoscerlo e conoscerci.

Al centro della preghiera ci sta la vita.

La preghiera è vita, è la vita di ogni giorno: non un

momento della vita , né lo spazio della nostra giornata.

 

 tratto da un articolo di Mario Russotto 

su “Segno Sette” n°29 del 30.7.95

 

SE ( If ) di Rudyard Kipling

 

Traduz. di Alberto Toschi

 

Se riesci a non perdere la testa quando tutti

intorno a te la perdono e ti mettono sotto accusa;

se riesci ad avere fiducia in te stesso quando tutti

dubitano di te, ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare;

se riesci ad aspettare senza stancarti di aspettare;

o, essendo calunniato, a non rispondere con calunnie,

o, essendo odiato, a non abbandonarti all'odio,

pur non mostrandoti troppo buono, ne' parlando da saggio;

 

Se riesci a sognare senza fare dei tuoi sogni i tuoi padroni;

se riesci a pensare senza fare dei tuoi pensieri il tuo fine;

se riesci, incontrando il successo e la sconfitta,

a trattare questi due impostori allo stesso modo;

Se riesci a sopportare  di sentire le verità che tu hai detto,

distorte da furfanti che ne fanno trappole per gli sciocchi,

o vedere le cose per le quali hai dato la vita, distrutte;

e umiliarti; e ricostruirle con gli strumenti ormai logori;

 

Se riesci a fare un solo fagotto delle tue vittorie

e rischiarle in un sol colpo a "testa o croce", e perdere;

e ricominciare tutto da dove iniziasti,

senza dire mai una parola su quello che hai perduto;

se riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi,

a sorreggerti anche dopo molto tempo che non li senti più,

ed a resistere quando ormai in te non c'è più niente

tranne che la tua volontà che ripete "resisti!"

 

Se riesci a parlare con la canaglia senza perdere la tua onesta',

o a passeggiare con i re senza perdere il senso comune;

se tanto nemici che amici non possono ferirti;

se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno di troppo;

se riesci a riempire l'inesorabile minuto

con un momento fatto di sessanta secondi;

tua e' la Terra e tutto ciò che e' in essa,

e, quel che più conta,

sarai un Uomo, figlio mio.

 

Preghiera di un capo Sioux

O grande Spirito,

la cui voce sento nei venti

e il cui respiro dà vita a tutto il mondo ascoltami.

Vengo davanti a Te,

come uno dei tuoi tanti figli.

Sono piccolo e debole,

ho bisogno della Tua forza

e della Tua saggezza.

Fammi camminare tra le cose belle,

fa che i miei occhi rispettino ciò che Tu hai creato

e le mie orecchie siano acute

 nell’udire la Tua voce.

Fammi saggio così che

 io conosca le cose

che tu hai insegnato al mio popolo,

le lezioni che hai nascosto

in ogni foglia in ogni roccia.

Cerco forza non per essere superiore ai miei fratelli,

ma per essere abile a combattere

il mio più grande nemico: me stesso.

I TRE ALBERI

 

Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e di pinete profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi. Nei primi tempi erano così teneri e verdi che si confondevano con l'erba e i fiori che prosperavano intorno a loro.

Ma, primavera dopo primavera, il loro piccolo tronco si irrobustì. Le sfide autunnali e invernali per fronteggiare i venti e le bufere li riempivano di gioia baldanzosa.

Dall'alto della loro casa verde guardavano il mondo e sognavano.

Come tutti coloro che stanno crescendo, sognavano quello che avrebbero voluto diventare da grandi.

Tre piccoli grandi sogni

Il primo albero guardava le stelle che brillavano come diamanti trapuntati sul vestito di velluto nero della notte.

«Io sopra ogni cosa vorrei essere bello. Vorrei custodire un tesoro» disse. «Vorrei essere coperto d'oro e contenere pietre preziose. Diventerò il più bello scrigno per tesori del mondo».

Il secondo alberello guardava il torrente che scendeva serpeggiando dalla montagna, aprendosi il cammino verso il mare. L'acqua correva e correva, gorgogliando e scherzando con i sassi, un momento era lì e poco dopo era scomparsa all'orizzonte.

E niente riusciva a fermarla. «Io voglio essere forte. Sarò un grande veliero» disse.«Voglio navigare sugli oceani sconfinati e trasportare capitani e re potenti. Io sarò il galeone più forte del mondo».

Il terzo alberello contemplava la valle che si stendeva ai piedi della montagna e guardava la città che si indovinava nella foschia azzurrina. Laggiù formicolavano uomini e donne. «Io non voglio lasciare questa montagna» disse. «Voglio crescere tanto che quando la gente si fermerà per guardarmi, dovrà alzare gli occhi al cielo e pensare a Dio. Io diventerò il più grande albero del mondo!».

Tre boscaioli con la scure a tracolla

Gli anni passarono. Caddero le piogge, brillò il sole, e i piccoli alberelli divennero tre alberi alti e imponenti.

Un giorno, tre boscaioli salirono sulla montagna, con le loro scuri a tracolla.

Uno dei boscaioli squadrò bene il primo albero e disse «È un bell'albero. È perfetto».

Dopo pochi minuti, stroncato da precisi colpi d'ascia, il primo albero piombò al suolo.«Ora sto per trasformarmi in un magnifico forziere» pensò l'albero. «Mi affideranno in custodia un tesoro favoloso».

Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse: «Questo albero è vigoroso e solido. È proprio quello che ci vuole». Sollevò la scure, che lampeggiò al sole, e abbattè l'albero.

«D'ora in poi, navigherò sui mari infiniti e i vasti oceani» pensò il secondo albero. «Sarò una nave importante, degna dei re».

Il terzo albero si sentì mancare il cuore, quando il boscaiolo lo fissò.

«Per me va bene qualunque albero» pensò il boscaiolo. L'ascia balenò nell'aria e, dopo poco, anche il terzo albero giaceva sul terreno.

I loro bei rami, che fino a poco prima avevano scherzato con il vento e protetto uccelli e scoiattoli, furono stroncati uno a uno.

I tre tronchi furono fatti rotolare lungo il fianco della montagna, fino alla pianura.

«Perché mi succede questo?»

Il primo albero esultò quando il boscaiolo lo portò da un falegname. Ma il falegname aveva ben altri pensieri che mettersi a fabbricare forzieri. Con le sue mani callose trasformò l'albero in una mangiatoia per animali. L'albero che era stato un tempo bellissimo non fu ricoperto di lamine d'oro né riempito di tesori. Era coperto di rosicchiature e riempito di fieno per nutrire gli animali affamati della fattoria.

Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo trasportò sul cantiere navale, ma quel giorno nessuno pensava a costruire un veliero. Con grandi colpi di martello e di sega, l'albero fu trasformato in una semplice barca da pescatori. Troppo piccola, troppo fragile per navigare su un oceano o anche solo su un fiume, la barca fu portata su un laghetto. Tutti i giorni, trasportava carichi di pesce, che la impregnavano di odore sgradevole.

Il terzo albero divenne tristissimo quando il boscaiolo lo squadrò per farne rozze travi che accatastò nel cortile di casa.

«Perché mi succede questo?» si domandava l'albero, ricordando il tempo in cui lottava con il vento sulla cima della montagna. «Tutto quello che volevo era svettare sul monte per invitare la gente a pensare a Dio».

Passarono molti giorni e molte notti. I tre alberi quasi dimenticarono i loro sogni.

Un bambino, un viaggiatore, un condannato

Ma una notte, la luce dorata di una stella accarezzo con i suoi raggi il primo albero, proprio nel momento in cui una giovane donna, con infinita tenerezza, sistemava nella mangiatoia il suo bambino appena nato.

«Avrei preferito costruirgli una culla» mormorò suo marito. La giovane mamma gli sorrise, mentre la luce della stella scintillava sulle assi lucide e consunte che un tempo erano state il primo albero.

«Questa mangiatoia è magnifica» rispose la mamma.

In quel momento, il primo albero capì di contenere il tesoro più prezioso del mondo.

Altri giorni e altre notti passarono. Una notte, un viaggiatore stanco e i suoi amici si imbarcarono sul vecchio battello da pesca, che un tempo era stato il secondo albero.

Mentre il secondo albero, diventato barca, scivolava tranquillamente sull'acqua del lago, il viaggiatore si addormentò.

All'improvviso, dopo lo schianto di un tuono, in una ridda di fulmini e violente ondate, scoppiò la tempesta.

Il piccolo alberò tremò. Sapeva di non avere la forza di trasportare in salvo tante persone con quel vento e con la violenza di quelle onde. Le sue fiancate scricchiolavano penosamente per lo sforzo.

Preoccupati, gli amici svegliarono il misterioso viaggiatore. L'uomo si alzò, spalancò le braccia, sgridò il vento e disse all'acqua del lago: «Fa' silenzio! Calmati!».

La tempesta si quietò immediatamente e si fece una grande calma.

In quel momento, il secondo albero capì che stava trasportando il re dei cieli, della terra e degli infiniti oceani.

Poco tempo dopo, un venerdì mattino, il terzo albero fu molto sorpreso quando le sue rozze travi furono tolte di malagrazia dalla catasta di legname dimenticato.

Furono trasportate nel mezzo di una folla vociante e irosa, sbattute sulle spalle torturate di un uomo, che poi su di esse fu inchiodato. Il povero albero si sentì orribile e crudele. E piangeva, reggendo quel povero corpo tormentato.

Quando il sole si levò

Ma la domenica mattina, quando il sole si levò alto nel cielo e tutta la terra vibrò di una gioia immensa, il terzo albero seppe che l'amore di Dio aveva trasformato tutto.

Aveva fatto del primo albero il meraviglioso scrigno del più tenero e incredibile dei tesori. Aveva reso il secondo albero forte portatore del Creatore del cielo e della terra. E ogni volta che una persona avesse pensato al terzo albero, avrebbe pensato a Dio.

E questo era molto meglio che essere soltanto il più bello, il più forte o il più grande albero del mondo.

  

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