RIFLESSIONI SCOUT
Canta amico mio, canta fratello mio,
canta per dare fiducia a quelli che dubitano,
a quelli che si scoraggiano,
a quelli che esitano nel momento della grande scelta,
a quelli che pensano che il gioco non valga la candela
a quelli che tenta la facilità
e la mediocrità della spia.
La tua povera voce, per rotta che sia
gli farà scoprire la vera strada
che è sempre la più rude.
Canta amico mio, canta fratello mio,
è per noi l'unico modo di vivere.
Ti chiederai a volte se non sei pazzo
a consumarti a cantare, a consumarti sino a morirne.
Pensa allora a coloro che, senza saperlo,
attendono il tuo messaggio e ne saranno riconfortati.
Ritroverai le certezza.
Riprenderai il tuo strumento,
ricomincerai a cantare.
Anche se per disgrazia i tuoi sforzi
ti sembreranno vani,
anche se hai l'impressione di aver fallito,
di non essere riuscito a farti comprendere
ritrova il tuo coraggio.
La tua vita intera
sarà stata un canto.
Signore
insegnami la Strada:
l’attenzione
alle piccole cose;
al passo di chi cammina con me
per
non fare più lungo il mio;
alla
Parola ascoltata
perché non sia un dono che cada nel vuoto;
agli
occhi di chi mi sta vicino,
per indovinare la gioia e dividerla,
per
indovinare la tristezza
e
avvicinarmi in punta di piedi,
per
cercare insieme la nuova gioia.
Signore,
insegnami la Strada:
la
strada su cui si cammina insieme:
insieme
nella semplicità di essere quello che si è;
insieme
nella gioia di aver ricevuto tutto da Te;
insieme
nel tuo amore.
Signore,
insegnami la Strada,
Tu
che sei la Strada e la gioia.
Che
mi piaccia o no devo sta
dove
scorre il fiume umano, sempre così gonfio
di tumultuose passioni,
di vorticosi mulinelli,
di correnti impreviste.
Non
posso fuggire: è il mio destino.
Sono stato chiamato ad essere lievito
in mezzo alla moltitudine.
Devo
rizzare la mia tenda sul marciapiede,
ove l'uomo passa e vive.
ama e pecca, lavora, e piange.
canta e maledice, litiga e sogna.
Una
tenda sul marciapiede
è
come una città posta sul monte:
si
vede e si fa vedere.
fa riaffiorare problemi e realtà dimenticate.
Una
tenda sul marciapiede
è
un segno di contraddizione:
qualcuno,
passandole vicino.
Forse
s'indispettirà:
è
sempre meglio che non vederla.
Una
tenda sul marciapiede
è
quel che ci vuole per una società pigra e satolla,
orgogliosa
e piena di sé,
distratta
e pecoreggiante;
è
una schiaffata che scuote e mette in azione energie sopite
e
stuzzica un moto di reazione:
quanto
basta perché il passante
non si dimentichi almeno di essere uomo.
Un giorno un
giovane indù andò dal saggio e disse:
“Voglio imparare a pregare, voglio imparare a cercare
Dio”.
Allora
il saggio disse: “Hai sentito l’uccello cantare?”
E
lui: “Quale uccello?”. “Non
hai sentito?”.
E
lo portò fuori dove c’era un passerotto che cantava.
Il
giovane disse: “Sì, tante volte ho visto questo uccello cantare”
e
il saggio: “E non l’hai mai sentito?”
“No!”.
“Allora
non puoi imparare a pregare.
Senti
questo canto dell’uccello, cerca di ascoltarlo profondamente
e
poi mi dirai”.
Dopo alcune
settimane il giovane ritorna tutto contento:
“Maestro - dice - ho sentito l’uccello cantare,
ho
percepito il suo suono, l’ho sentito
dentro
di me, ho capito che era la voce di Dio;
ho
capito che all’uccello non occorrono troppi libri
per
imparare a lodare Dio
e
che io non devo imparare la preghiera sui libri,
ma devo far cantare il mio cuore”.
La preghiera è
aprire il cuore e l’intelligenza
ai
misteriosi suoni di Dio:aprire il cuore per amare, lasciandosi appassionare
dalla sua musica ;
aprire
l’intelligenza per conoscerlo e
conoscerci.
Al
centro della preghiera ci sta la vita.
La
preghiera è vita, è la vita di ogni giorno: non un
momento
della vita , né lo spazio della nostra giornata.
tratto da un articolo di Mario Russotto
su “Segno Sette” n°29 del 30.7.95
Traduz. di Alberto Toschi
Se riesci a non perdere la testa quando tutti
intorno
a te la perdono e ti mettono sotto accusa;
se
riesci ad avere fiducia in te stesso quando tutti
dubitano
di te, ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare;
se
riesci ad aspettare senza stancarti di aspettare;
o,
essendo calunniato, a non rispondere con calunnie,
o,
essendo odiato, a non abbandonarti all'odio,
pur
non mostrandoti troppo buono, ne' parlando da saggio;
Se
riesci a sognare senza fare dei tuoi sogni i tuoi
padroni;
se riesci a pensare senza fare dei tuoi pensieri il
tuo fine;
se riesci, incontrando il successo e la sconfitta,
a trattare questi due impostori allo stesso modo;
Se riesci a sopportare
di sentire le verità che tu hai detto,
distorte da furfanti che ne fanno trappole per gli
sciocchi,
o vedere le cose per le quali hai dato la vita,
distrutte;
e umiliarti; e ricostruirle con gli strumenti ormai
logori;
Se riesci a fare un solo fagotto delle tue vittorie
e
rischiarle in un sol colpo a "testa o croce", e perdere;
e
ricominciare tutto da dove iniziasti,
senza
dire mai una parola su quello che hai perduto;
se
riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi,
a
sorreggerti anche dopo molto tempo che non li senti più,
ed
a resistere quando ormai in te non c'è più niente
tranne
che la tua volontà che ripete "resisti!"
Se
riesci a parlare con la canaglia senza perdere la
tua onesta',
o a passeggiare con i re senza perdere il senso
comune;
se tanto nemici che amici non possono ferirti;
se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno di
troppo;
se riesci a riempire l'inesorabile minuto
con un momento fatto di sessanta secondi;
tua e' la Terra e tutto ciò che e' in essa,
e, quel che più conta,
sarai un Uomo, figlio
mio.
O
grande Spirito,
la
cui voce sento nei venti
e
il cui respiro dà vita a tutto il mondo ascoltami.
Vengo
davanti a Te,
come
uno dei tuoi tanti figli.
Sono
piccolo e debole,
ho
bisogno della Tua forza
e
della Tua saggezza.
Fammi
camminare tra le cose belle,
fa
che i miei occhi rispettino ciò che Tu hai creato
e
le mie orecchie siano acute
nell’udire la Tua voce.
Fammi
saggio così che
io conosca le cose
che
tu hai insegnato al mio popolo,
le
lezioni che hai nascosto
in
ogni foglia in ogni roccia.
Cerco
forza non per essere superiore ai miei fratelli,
ma
per essere abile a combattere
il
mio più grande nemico: me stesso.
Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e di pinete
profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi. Nei primi tempi
erano così teneri e verdi che si confondevano con l'erba e i fiori che
prosperavano intorno a loro.
Ma, primavera dopo primavera, il loro piccolo tronco si irrobustì.
Le sfide autunnali e invernali per fronteggiare i venti e le bufere li
riempivano di gioia baldanzosa.
Dall'alto della loro casa verde guardavano il mondo e sognavano.
Come tutti coloro che stanno crescendo, sognavano quello che
avrebbero voluto diventare da grandi.
Tre
piccoli grandi sogni
Il primo albero guardava le stelle che brillavano come diamanti
trapuntati sul vestito di velluto nero della notte.
«Io sopra ogni cosa vorrei essere bello. Vorrei custodire un tesoro»
disse. «Vorrei essere coperto d'oro e contenere pietre preziose. Diventerò il
più bello scrigno per tesori del mondo».
Il secondo alberello guardava il torrente che scendeva serpeggiando
dalla montagna, aprendosi il cammino verso il mare. L'acqua correva e correva,
gorgogliando e scherzando con i sassi, un momento era lì e poco dopo era
scomparsa all'orizzonte.
E niente riusciva a fermarla. «Io voglio essere forte. Sarò un
grande veliero» disse.«Voglio navigare sugli oceani sconfinati e trasportare
capitani e re potenti. Io sarò il galeone più forte del mondo».
Il terzo alberello contemplava la valle che si stendeva ai piedi
della montagna e guardava la città che si indovinava nella foschia azzurrina.
Laggiù formicolavano uomini e donne. «Io non voglio lasciare questa montagna»
disse. «Voglio crescere tanto che quando la gente si fermerà per guardarmi,
dovrà alzare gli occhi al cielo e pensare a Dio. Io diventerò il più grande
albero del mondo!».
Tre
boscaioli con la scure a tracolla
Gli anni passarono. Caddero le piogge, brillò il sole, e i piccoli
alberelli divennero tre alberi alti e imponenti.
Un giorno, tre boscaioli salirono sulla montagna, con le loro scuri
a tracolla.
Uno dei boscaioli squadrò bene il primo albero e disse «È un
bell'albero. È perfetto».
Dopo pochi minuti, stroncato da precisi colpi d'ascia, il primo
albero piombò al suolo.«Ora sto per trasformarmi in un magnifico forziere»
pensò l'albero. «Mi affideranno in custodia un tesoro favoloso».
Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse: «Questo
albero è vigoroso e solido. È proprio quello che ci vuole». Sollevò la
scure, che lampeggiò al sole, e abbattè l'albero.
«D'ora in poi, navigherò sui mari infiniti e i vasti oceani» pensò
il secondo albero. «Sarò una nave importante, degna dei re».
Il terzo albero si sentì mancare il cuore, quando il boscaiolo lo
fissò.
«Per me va bene qualunque albero» pensò il boscaiolo. L'ascia
balenò nell'aria e, dopo poco, anche il terzo albero giaceva sul terreno.
I loro bei rami, che fino a poco prima avevano scherzato con il
vento e protetto uccelli e scoiattoli, furono stroncati uno a uno.
I tre tronchi furono fatti rotolare lungo il fianco della montagna,
fino alla pianura.
«Perché
mi succede questo?»
Il primo albero esultò quando il boscaiolo lo portò da un
falegname. Ma il falegname aveva ben altri pensieri che mettersi a fabbricare
forzieri. Con le sue mani callose trasformò l'albero in una mangiatoia per
animali. L'albero che era stato un tempo bellissimo non fu ricoperto di lamine
d'oro né riempito di tesori. Era coperto di rosicchiature e riempito di fieno
per nutrire gli animali affamati della fattoria.
Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo trasportò sul
cantiere navale, ma quel giorno nessuno pensava a costruire un veliero. Con
grandi colpi di martello e di sega, l'albero fu trasformato in una semplice
barca da pescatori. Troppo piccola, troppo fragile per navigare su un oceano o
anche solo su un fiume, la barca fu portata su un laghetto. Tutti i giorni,
trasportava carichi di pesce, che la impregnavano di odore sgradevole.
Il terzo albero divenne tristissimo quando il boscaiolo lo squadrò
per farne rozze travi che accatastò nel cortile di casa.
«Perché mi succede questo?» si domandava l'albero, ricordando il
tempo in cui lottava con il vento sulla cima della montagna. «Tutto quello che
volevo era svettare sul monte per invitare la gente a pensare a Dio».
Passarono molti giorni e molte notti. I tre alberi quasi
dimenticarono i loro sogni.
Un
bambino, un viaggiatore, un condannato
Ma una notte, la luce dorata di una stella accarezzo con i suoi
raggi il primo albero, proprio nel momento in cui una giovane donna, con
infinita tenerezza, sistemava nella mangiatoia il suo bambino appena nato.
«Avrei preferito costruirgli una culla» mormorò suo marito. La
giovane mamma gli sorrise, mentre la luce della stella scintillava sulle assi
lucide e consunte che un tempo erano state il primo albero.
«Questa mangiatoia è magnifica» rispose la mamma.
In quel momento, il primo albero capì di contenere il tesoro più
prezioso del mondo.
Altri giorni e altre notti passarono. Una notte, un viaggiatore
stanco e i suoi amici si imbarcarono sul vecchio battello da pesca, che un tempo
era stato il secondo albero.
Mentre il secondo albero, diventato barca, scivolava tranquillamente
sull'acqua del lago, il viaggiatore si addormentò.
All'improvviso, dopo lo schianto di un tuono, in una ridda di
fulmini e violente ondate, scoppiò la tempesta.
Il piccolo alberò tremò. Sapeva di non avere la forza di
trasportare in salvo tante persone con quel vento e con la violenza di quelle
onde. Le sue fiancate scricchiolavano penosamente per lo sforzo.
Preoccupati, gli amici svegliarono il misterioso viaggiatore. L'uomo
si alzò, spalancò le braccia, sgridò il vento e disse all'acqua del lago: «Fa'
silenzio! Calmati!».
La tempesta si quietò immediatamente e si fece una grande calma.
In quel momento, il secondo albero capì che stava trasportando il
re dei cieli, della terra e degli infiniti oceani.
Poco tempo dopo, un venerdì mattino, il terzo albero fu molto
sorpreso quando le sue rozze travi furono tolte di malagrazia dalla catasta di
legname dimenticato.
Furono trasportate nel mezzo di una folla vociante e irosa, sbattute
sulle spalle torturate di un uomo, che poi su di esse fu inchiodato. Il povero
albero si sentì orribile e crudele. E piangeva, reggendo quel povero corpo
tormentato.
Quando
il sole si levò
Ma la domenica mattina, quando il sole si levò alto nel cielo e
tutta la terra vibrò di una gioia immensa, il terzo albero seppe che l'amore di
Dio aveva trasformato tutto.
Aveva fatto del primo albero il meraviglioso scrigno del più tenero
e incredibile dei tesori. Aveva reso il secondo albero forte portatore del
Creatore del cielo e della terra. E ogni volta che una persona avesse pensato al
terzo albero, avrebbe pensato a Dio.
E questo era molto meglio che essere soltanto il più bello, il più
forte o il più grande albero del mondo.