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AmbienteDiritto
Legge 11 febbraio 1992, n. 157
Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio.
( G.U.. 25 febbraio 1992, n. 46 - S.O. n. 41)
Aggiornato al Comunicato
del Ministero della Giustizia pubblicato nella GU n. 243 del 18.10.2006,
recante: Mancata conversione del decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251,
recante: «Disposizioni urgenti per assicurare l'adeguamento dell'ordinamento
nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna
selvatica».
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
Fauna selvatica
1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile
dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed
internazionale.
[1-bis. Lo Stato e le regioni si adoperano per
mantenere o adeguare la popolazione della fauna selvatica a un livello
corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, tenendo
conto anche delle esigenze economiche, nonche' ad evitare, nell'adottare i
provvedimenti di competenza, il deterioramento della situazione attuale.](*)
3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad
emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della
fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni
internazionali ed alle direttive comunitarie. Le regioni a statuto speciale e
le province autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei limiti
stabiliti dai rispettivi statuti. Le province attuano la disciplina regionale
ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n.
142.
4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2
aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della
Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la
conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate
nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la quale costituisce
inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa
esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del
19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.
5. Le regioni e le province autonome in
attuazione delle citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE individuano
lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale
per la fauna selvatica di cui all'articolo 7 entro quattro mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, zone di protezione speciale
finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze
ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi; provvedono
al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione di biotopi. Tali attività
concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'elenco
allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, come sostituito dalle citate direttive
85/411/CEE e 91/244/CEE. In caso di inerzia delle regioni e delle province
autonome per un anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto nazionale per
la fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo, d'intesa, il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste e il Ministro dell'ambiente. (3) [Le Zone
di protezione speciale (ZPS) si intendono classificate, ovvero istituite, dalla
data di trasmissione alla Commissione europea da parte del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dei formulari e delle
cartografie delle medesime ZPS individuate dalle regioni, ovvero dalla data di
trasmissione alla Commissione europea dei formulari e delle cartografie da
parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per le ZPS
istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge. I
provvedimenti regionali devono riportare in maniera puntuale i confini di tali
aree ed i relativi dati catastali e devono essere pubblicizzati.](**)
6. Le regioni e le province autonome trasmettono
annualmente al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro
dell'ambiente una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e sui
loro effetti rilevabili.
7. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 9 marzo
1989, n. 86, il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di
concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e con il Ministro
dell'ambiente, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle province
autonome e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui
all'articolo 8 e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato di
conformità della presente legge e delle leggi regionali e provinciali in
materia agli atti emanati dalle istituzioni delle Comunità europee volti alla
conservazione della fauna selvatica.
[7-bis. Il Ministro per le politiche europee,
d'intesa con i Ministri interessati, trasmette alla Commissione europea tutte
le informazioni a questa utili per coordinare le ricerche e i lavori
riguardanti la protezione, gestione e utilizzazione della fauna selvatica,
nonche' quelle sull'applicazione pratica della presente legge.](*)
(*) N.d.R.: comma aggiunto dal D.L. n. 251 del 16
agosto 2006. Con comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato nella GU
n. 243/2006, è stata resa nota la mancata conversione in legge del D.L. n.
251/2006. Le modifiche da questo apportate alla L. n. 157/1992 sono pertanto
decadute.
(**) N.d.R.: comma così modificato dal D.L. n. 251 del 16
agosto 2006. Con comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato nella GU
n. 243/2006, è stata resa nota la mancata conversione in legge del D.L. n.
251/2006. Le modifiche da questo apportate alla L. n. 157/1992 sono pertanto
decadute.
Art. 2
Oggetto della tutela
1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto
della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali
esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale
libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il
profilo sanzionatorio, le seguenti specie:
a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo
dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola
(Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris),
lince (Lynx lynx), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei
(Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo
(Rupicapra pyrenaica);
b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax
pigmeus), marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di
pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di
cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucorodia), mignattaio (Plegadis
falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno
selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco (Netta
rufina), gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci
diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio),
otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus),
piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta),
cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus),
pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii),
gabbiano corallino (Larus melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna
zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia), tutte le
specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus),
tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocorax
pyrrhocorax);
c) tutte le altre specie che direttive
comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione.
2. Le norme della presente legge non si applicano
alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole.
3. Il controllo del livello di popolazione degli
uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza aerea, è affidato al Ministro
dei trasporti.
Art. 3
Divieto di uccellagione
1. E' vietata in tutto il territorio nazionale
ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici,
nonchè il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
Art. 4
Cattura temporanea e inanellamento
1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica, possono autorizzare esclusivamente gli istituti
scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei
di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la
cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonchè il prelievo di uova,
nidi e piccoli nati.
4. La cattura per la cessione a fini di richiamo
e' consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola;
cesena; tordo sassello; tordo bottaccio; merlo; pavoncella e colombaccio. Gli
esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere
inanellati ed immediatamente liberati. (Comma così modificato dalla L. n.
39/20002)
5. E' fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o
rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale per la
fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale
provvede ad informare il predetto Istituto.
6. Le regioni emanano norme in ordine al
soccorso, alla detenzione temporanea e alla successiva liberazione di fauna
selvatica in difficoltà.
Art. 5
Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi
1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento, la
vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie
cacciabili, nonchè il loro uso in funzione di richiami.
2. Le regioni emanano altresì norme relative alla
costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti
alle specie di cui all'articolo 4, comma 4, consentendo, ad ogni cacciatore che
eserciti l'attività venatoria ai sensi dell'articolo 12, comma 5, lettera b),
la detenzione di un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un
massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano
l'attività venatoria da appostamento temporaneo con richiami vivi, il
patrimonio di cui sopra non potrà superare il numero massimo complessivo di
dieci unità.
3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione
degli appostamenti fissi, che le province rilasciano in numero non superiore a
quello rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990.
5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli
effetti di cui all'articolo 12, comma 5, gli appostamenti per la caccia agli
ungulati e ai colombacci e gli appostamenti di cui all'articolo 14, comma 12.
7. E' vietato l'uso di richiami che non siano
identificabili mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali
che disciplinano anche la procedura in materia.
8. La sostituzione di un richiamo può avvenire
soltanto dietro presentazione all'ente competente del richiamo morto da
sostituire.
9. E' vietata la vendita di uccelli di cattura
utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria.
Art. 6
Tassidermia
1. Le regioni, sulla base di apposito
regolamento, disciplinano l'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la
detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei.
2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare
all'autorità competente le richieste di impagliare o imbalsamare spoglie di
specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste relative a spoglie
di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel
calendario venatorio per la caccia della specie in questione.
4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento atto
a disciplinare l'attività di tassidermia ed imbalsamazione di cui al comma 1.
Art. 7
Istituto nazionale per la fauna selvatica
4. Presso l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica sono istituiti una scuola di specializzazione post-universitaria
sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica e corsi di preparazione
professionale per la gestione della fauna selvatica per tecnici diplomati.
Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge una
commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
composta da un rappresentante del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da
un rappresentante del Ministro dell'ambiente, da un rappresentante del Ministro
della sanità e dal direttore generale dell'Istituto nazionale di biologia della
selvaggina in carica alla data di entrata in vigore della presente legge,
provvede ad adeguare lo statuto e la pianta organica dell'Istituto ai nuovi
compiti previsti dal presente articolo e li sottopone al Presidente del
Consiglio dei ministri, che li approva con proprio decreto.
5. Per l'attuazione dei propri fini
istituzionali, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica provvede
direttamente alle attività di cui all'articolo 4.
Art. 8
Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale
1. Presso il Ministero dell'agricoltura e delle
foreste è istituito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN)
composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'agricoltura e delle
foreste, da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'ambiente, da tre
rappresentanti delle regioni nominati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, da tre rappresentanti delle province nominati dall'Unione delle
province d'Italia, dal direttore dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale
riconosciuta, da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale, da quattro rappresentanti
delle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale
per l'ambiente, da un rappresentante dell'Unione zoologica italiana, da un
rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana, da un
rappresentante del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione
della selvaggina, da un rappresentante dell'Ente nazionale per la protezione
degli animali, da un rappresentante del Club alpino italiano.
2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale è costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla
base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al comma 1
ed è presieduto dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste o da un suo
delegato.
3. Al Comitato sono conferiti compiti di organo
tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente
legge.
4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale viene rinnovato ogni cinque anni.
Art. 9
Funzioni amministrative
1. Le regioni esercitano le funzioni
amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della
pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti
di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e
dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni amministrative in
materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla
legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano nel rispetto della presente legge.
2. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia in base
alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti.
Art. 10
Piani faunistico-venatori
1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale
nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per
quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità
riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda
le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua
conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la
regolamentazione del prelievo venatorio.
2. Le regioni e le province, con le modalità
previste ai commi 7 e 10, realizzano la pianificazione di cui al comma 1
mediante la destinazione differenziata del territorio.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni
regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della
fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna
regione, che costituisce zona faunistica a sè stante ed è destinato a
protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette percentuali sono
compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per
effetto di altre leggi o disposizioni.
4. Il territorio di protezione di cui al comma 3
comprende anche i territori di cui al comma 8, lettere a), b) e c). Si intende
per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori
accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la
riproduzione, la cura della prole.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale
può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a
caccia riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a
centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale
le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo le
modalità stabilite dall'articolo 14.
7. Ai fini della pianificazione generale del
territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per
comprensori omogenei, piani faunistico-venatori. Le province predispongono
altresì piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione
naturale di fauna selvatica nonchè piani di immissione di fauna selvatica anche
tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e
regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità
genetiche da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e sentite le
organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale tramite le loro strutture regionali.
8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7
comprendono:
a) le oasi di protezione, destinate al rifugio,
alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate
alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura
della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili
all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità
faunistica ottimale per il territorio;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni
autoctone;
d) i centri privati di riproduzione di fauna
selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola
singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività
venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie
cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della
stessa e di persone nominativamente indicate;
e) le zone e i periodi per l'addestramento,
l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con
l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui
gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad
imprenditori agricoli singoli o associati;
f) i criteri per la determinazione del
risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati
dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi
vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);
g) i criteri per la corresponsione degli
incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o
associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali
e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
h) l'identificazione delle zone in cui sono
collocabili gli appostamenti fissi.
9. Ogni zona dovrà essere indicata da tabelle
perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni,
apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia preposto o incaricato
della gestione della singola zona.
10. Le regioni attuano la pianificazione
faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al
comma 7 secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica
garantisce la omogeneità e la congruenza a norma del comma 11, nonchè con
l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte
delle province dopo dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica
trasmette al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro
dell'ambiente il primo documento orientativo circa i criteri di omogeneità e
congruenza che orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I ministri,
d'intesa, trasmettono alle regioni con proprie osservazioni i criteri della
programmazione, che deve essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e
della consistenza faunistica, da conseguirsi anche mediante modalità omogenee
di rilevazione e di censimento.
12. Il piano faunistico-venatorio regionale
determina i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla
costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende
agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale.
13. La deliberazione che determina il perimetro
delle zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e c), deve
essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e
pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente
interessati.
14. Qualora nei successivi sessanta giorni sia
presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali,
da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per
cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può
essere istituita.
15. Il consenso si intende validamente accordato
anche nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione.
16. Le regioni, in via eccezionale, ed in vista
di particolari necessità ambientali, possono disporre la costituzione coattiva
di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonchè l'attuazione
dei piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7.
17. Nelle zone non vincolate per la opposizione
manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in ogni
caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le regioni possono
destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione
faunistico-venatoria.
Art. 11
Zona faunistica delle Alpi
1. Agli effetti della presente legge il
territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica
flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sè stante.
2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali
di cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei princìpi generali della presente
legge e degli accordi internazionali, norme particolari al fine di proteggere
la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute presenti le
consuetudini e le tradizioni locali.
3. Al fine di ripristinare l'integrità del
biotopo animale, nei territori ove sia esclusivamente presente la tipica fauna
alpina è consentita la immissione di specie autoctone previo parere favorevole
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
4. Le regioni nei cui territori sono compresi
quelli alpini, d'intesa con le regioni a statuto speciale e con le province
autonome di Trento e di Bolzano, determinano i confini della zona faunistica
delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse.
Art. 12
Esercizio dell'attività venatoria
2. Costituisce
esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna
selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13.
3. E'
considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi
destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di
attesa della medesima per abbatterla.
4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato,
salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.
5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o
con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via
esclusiva in una delle seguenti forme:
a) vagante in zona
Alpi;
b) da appostamento
fisso;
c) nell'insieme delle
altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate
nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata.
6. La fauna selvatica abbattuta durante
l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge
appartiene a colui che l'ha cacciata.
7. Non costituisce esercizio venatorio il
prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo 10,
comma 8, lettera d).
9. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste,
sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede ogni
quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i massimali suddetti.
11. La licenza di porto di fucile per uso di
caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio
venatorio nel rispetto delle norme di cui alla presente legge e delle norme
emanate dalle regioni.
12. Ai fini dell'esercizio dell'attività
venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato
dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il
calendario regionale, nonchè le forme di cui al comma 5 e gli ambiti
territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Per l'esercizio
della caccia in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura
di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni
sopramenzionate.
Art. 13
Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria
2. E' consentito,
altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad
anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di
calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonchè l'uso dell'arco e del falco.
3. I
bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati
sul luogo di caccia.
4. Nella
zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia
a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in
modo da non contenere più di un colpo.
5. Sono
vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente
ammessi dal presente articolo.
6. Il titolare della
licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per
l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da
punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 14
Gestione programmata della caccia
1. Le regioni, con apposite norme, sentite le
organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello
nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio
agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo
10, comma
2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze
motivate, possono, altresì, individuare ambiti territoriali di caccia
interessanti anche due o più province contigue.
3. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste
stabilisce con periodicità quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice
di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia. Tale indice
è costituito dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che
praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio
agro-silvo-pastorale nazionale.
4. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste
stabilisce altresì l'indice di densità venatoria minima per il territorio
compreso nella zona faunistica delle Alpi che è organizzato in comprensori
secondo le consuetudini e tradizioni locali. Tale indice è costituito dal
rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano
l'esercizio venatorio da appostamento fisso, e il territorio regionale
compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, nella zona faunistica delle Alpi.
5. Sulla
base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione
competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un
comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e può avere accesso
ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa regione,
previo consenso dei relativi organi di gestione.
6. Entro il 30 novembre 1993 i cacciatori
comunicano alla provincia di residenza la propria opzione ai sensi
dell'articolo 12. Entro il 31 dicembre 1993 le province trasmettono i relativi
dati al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del
termine di cui al comma 6, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste
comunica alle regioni e alle province gli indici di densità minima di cui ai
commi 3 e 4. Nei successivi novanta giorni le regioni approvano e pubblicano il
piano faunistico-venatorio e il regolamento di attuazione, che non può
prevedere indici di densità venatoria inferiori a quelli stabiliti dal
Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Il regolamento di attuazione del
piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra l'altro, le modalità di prima
costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei
comprensori alpini, la loro durata in carica nonchè le norme relative alla loro
prima elezione e ai successivi rinnovi. Le regioni provvedono ad eventuali
modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e del regolamento di
attuazione con periodicità quinquennale.
8. E' facoltà degli organi direttivi degli ambiti
territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di
ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori
superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purchè si siano
accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione
faunistica e siano stabiliti con legge regionale i criteri di priorità per
l'ammissibilità ai sensi del presente comma.
9. Le regioni stabiliscono con legge le forme di
partecipazione, anche economica, dei cacciatori alla gestione, per finalità
faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti territoriali di
caccia e nei comprensori alpini ed, inoltre, sentiti i relativi organi,
definiscono il numero dei cacciatori non residenti ammissibili e ne
regolamentano l'accesso.
10. Negli organi direttivi degli ambiti
territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura
pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di
strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali
riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento
dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione
ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da
rappresentanti degli enti locali.
11. Negli ambiti territoriali di caccia
l'organismo di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle
risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per
il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione di incentivi
economici ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica
ottimale per il territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei
mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi
agricoli ai sensi del regolamento (CEE) n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile
1988; il ripristino di zone umide e di fossati; la differenziazione delle
colture; la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione;
b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna
selvatica nonchè dei riproduttori;
c) la collaborazione operativa ai fini del
tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di
danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della
manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
12. Le province autorizzano la costituzione ed il
mantenimento degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui ubicazione
non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio. Per
gli appostamenti che importino preparazione del sito con modificazione e
occupazione stabile del terreno, è necessario il consenso del proprietario o
del conduttore del fondo, lago o stagno privato. Agli appostamenti fissi,
costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge, per la durata
che sarà definita dalle norme regionali, non è applicabile l'articolo 10, comma
8, lettera h).
17. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome di Trento e di Bolzano, in base alle loro competenze esclusive, nei
limiti stabiliti dai rispettivi statuti ed ai sensi dell'articolo 9 della legge
9 marzo 1989, n. 86, e nel rispetto dei princìpi della presente legge,
provvedono alla pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione
territoriale, alla determinazione della densità venatoria, nonchè alla
regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio di competenza.
Art. 15
Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione
programmata della caccia (modificato dall'art. 11 bis, comma 1, lett. a del
D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96, n. 649)
1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel
piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della
caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a
cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle
condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione
dell'ambiente.
2. All'onere derivante dalla erogazione del
contributo di cui al comma 1, si provvede con il gettito derivante dalla
istituzione delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 23.
3. Il proprietario o conduttore di un fondo che
intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve
inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano
faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata
che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è
esaminata entro sessanta giorni.
4. La richiesta è accolta se non ostacola
l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10.
E' altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali,
quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di
colture agricole specializzate nonchè di produzioni agricole condotte con sistemi
sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno
o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o
ambientale.
5. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione
di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le
quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area
interessata.
6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata
della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore,
esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.
9. La superficie dei fondi di cui al comma 8
entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale
di cui all'articolo 10, comma 3.
10. Le regioni regolamentano l'esercizio
venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado o semibrado,
secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e
stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonchè le
modalità di delimitazione dei fondi stessi.
11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36,
commi 5 e 6, fissati per l'adozione degli atti che consentano la piena
attuazione della presente legge nella stagione venatoria 1994-1995, il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste provvede in via sostitutiva secondo le
modalità di cui all'articolo 14, comma 15. Comunque, a
partire dal 31 luglio 1997 le disposizioni di cui al primo comma
dell'articolo 842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori
sottoposti al regime di gestione programmata della caccia ai sensi degli
articoli 10 e 14. (1)
Art. 16
Aziende faunistico-venatorie e aziende
agri-turistico-venatorie
1. Le regioni, su richiesta degli interessati e
sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti del 15 per
cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:
a)
autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie,
senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti
finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica
fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica;
dette concessioni devono essere corredate di programmi di conservazione e di
ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e
faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal
calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni
caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare
fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;
b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione
di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a
tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e
l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di
allevamento.
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori
di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio
di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata,
ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento (CEE) n.
1094/88.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone
umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini
artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni
internazionali.
Art. 17
Allevamenti
1. Le regioni
autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento di fauna selvatica a scopo
alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale.
2. Le regioni, ferme restando le competenze
dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana, dettano altresì norme per gli
allevamenti dei cani da caccia.
3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma
1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare
semplice comunicazione alla competente autorità provinciale nel rispetto delle
norme regionali.
4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento
a scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda agricola singola,
consortile o cooperativa, possono consentire al titolare, nel rispetto delle
norme della presente legge, il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di
cattività con i mezzi di cui all'articolo 13.
Art. 18
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito
abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per
i periodi sottoindicati:
a) specie cacciabili dalla terza domenica di
settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia
turtur); merlo (Turdus merula); [passero (Passer italiae); passera mattugia
(Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus)] (specie
soppresse) (2); allodola (Alauda arvensis); [colino della Virginia (Colinus
virginianus)] (specie soppressa) (2); starna (Perdix perdix); pernice rossa
(Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara); lepre comune (Lepus
europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus
cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di
settembre al 31 gennaio: [storno (Sturnus vulgaris)] (specie soppressa)
(2); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo
sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas
platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus);
alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus acquaticus);
fischione (Anas penepole); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula);
mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya
fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus);
frullino (Lymnocryptes minimus); fringuello (Fringilla coelebs); peppola
(Fringilla montifringilla); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia
(Scolopax rusticola); [taccola (Corvus monedula); corvo (Corvus frugilegus)]
(specie soppresse) (2); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus
vanellus); [pittima reale (Limosa limosa)] (specie soppressa) (2);
cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius);
gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre;
pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); [francolino
di monte (Bonasia bonasia)] (specie soppressa) (2); coturnice (Alectoris
graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus);
cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon), con
esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31
dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).
[1-bis. In ogni caso deve essere rispettato il
divieto di caccia nel periodo di nidificazione e durante le fasi di
riproduzione e di dipendenza e, nei confronti delle specie migratrici, durante
il periodo di riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione.](*)
2. I termini di cui al comma 1
possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni
ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano le
modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I
termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio
dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa
con il Ministro dell'ambiente, vengono recepiti i nuovi elenchi delle specie di
cui al comma 1, entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o
dall'entrata in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle
foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto nazionale
per la fauna selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili
in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni
internazionali sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole
specie sul territorio.
4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per
la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario
regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto
di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo
di capi da abbattere in ciascuna giornata di attività venatoria.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali
non può essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta
al cacciatore, escludendo i giorni di martedì e venerdì, nei quali l'esercizio
dell'attività venatoria è in ogni caso sospeso.
6. Fermo restando il silenzio venatorio nei
giorni di martedì e venerdì, le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al
comma 5, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla
fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1° ottobre e il 30
novembre.
7. La caccia è consentita da un'ora prima del
sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è
consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
8. Non è consentita la posta alla beccaccia nè la
caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
(*) N.d.R.: comma aggiunto dal D.L. n. 251 del 16
agosto 2006. Con comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato nella GU
n. 243/2006, è stata resa nota la mancata conversione in legge del D.L. n.
251/2006. Le modifiche da questo apportate alla L. n. 157/1992 sono pertanto
decadute.
Art. 19
Controllo della fauna selvatica
1. Le regioni possono vietare o ridurre per
periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui
all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza
faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o
climatiche o per malattie o altre calamità.
2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio
zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione
biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle
produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie
di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo,
esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di
metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni
possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati
dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste
ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali
si attuano i piani medesimi, purchè muniti di licenza per l'esercizio
venatorio, nonchè delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di
licenza per l'esercizio venatorio.
3. Le province autonome di Trento e di Bolzano
possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone,
purchè munite di licenza per l'esercizio venatorio.
Art. 19-bis. (Art. inserito dalla Legge 3
ottobre 2002, n.221)
Esercizio delle deroghe previste
dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE.
1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle
deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979,
conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai principi e alle finalita'
degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente
legge.
2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere
disposte solo per le finalita' indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della
direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi,
gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le
circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e
complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza
cui il prelievo e' soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al
prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli ambiti
territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini.(*)
3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS)(*), e non possono
avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave(**)
diminuzione.
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli
affari regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, previa delibera del Consiglio dei ministri, puo' annullare, dopo
aver diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa
posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge e della
direttiva 79/409/CEE.(***)
5. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente
del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro per gli affari regionali ove
nominato, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro
delle politiche agricole e forestali, al Ministro per le politiche comunitarie,
nonche' all'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), una relazione
sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione e'
altresi' trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio trasmette annualmente alla Commissione
europea la relazione di cui all'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva
79/409/CEE
(*) N.d.R.: Per effetto del D.L. n. 251 del 16
agosto 2006, non convertito in legge, il comma 2 era stato così modificato: "Le deroghe
sono provvedimenti di carattere eccezionale, e comunque di durata non superiore
ad un anno, che devono essere motivati specificamente in ordine all'assenza di
altre soluzioni soddisfacenti e alla tipologia di deroga applicata e devono
essere adottati caso per caso in base all'analisi puntuale dei presupposti e
delle condizioni di fatto stabiliti dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE
del Consiglio, del 2 aprile 1979. Le deroghe(*) devono menzionare le specie che
ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati,
le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il
numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i
controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo e' soggetto e gli organi
incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma
2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle
regioni, d'intesa con gli ambiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori
alpini."
Il comma 3 era stato così modificato: "Le
deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, in
conformita' al parere obbligatorio dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica (INFS), e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui
consistenza numerica sia in diminuzione."
(**) N.d.R.: il termine "grave" è stato soppresso
dal D.L. n. 251 del 16 agosto 2006. Con comunicato del Ministero della
Giustizia pubblicato nella GU n. 243/2006, è stata resa nota la mancata
conversione in legge del D.L. n. 251/2006. Le modifiche da questo apportate
alla L. n. 157/1992 sono pertanto decadute.
(***) N.d.R.: Per effetto del D.L. n. 251 del 16 agosto 2006,
non convertito in legge, il comma 4 era stato così modificato: "Fatto
salvo il potere sostitutivo d'urgenza di cui all'articolo 8, comma 4, della
legge 5 giugno 2003, n. 131, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri delle politiche agricole alimentari e
forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa
diffida alla regione interessata ad adempiere entro dieci giorni, viene
disposto l'annullamento dei provvedimenti di deroga posti in essere in
violazione delle disposizioni della presente legge e della citata direttiva
79/409/CEE."
Art. 20
Introduzione di fauna selvatica dall'estero
2. I permessi d'importazione possono essere
rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed
attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le
opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli
sanitari.
3. Le autorizzazioni per le attività di cui al
comma 1 sono rilasciate dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste su parere
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, nel rispetto delle convenzioni
internazionali [e previa consultazione della Commissione europea.](*)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D.L. n. 251
del 16 agosto 2006. Con comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato
nella GU n. 243/2006, è stata resa nota la mancata conversione in legge del
D.L. n. 251/2006. Le modifiche da questo apportate alla L. n. 157/1992 sono pertanto
decadute.
Art. 21
Divieti (modificato dall'art. 11 bis, comma 1,
lett. b del D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96, n. 649)
1. E' vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi
pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad
attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali,
nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla
legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi
naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore
della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria
legislazione al disposto dell'articolo 22, comma 6, della predetta legge entro
il 31 gennaio 1997, provvedendo nel frattempo all'eventuale
riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione
dell'articolo 32, comma 3, della legge medesima; (1)
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione
e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna
selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le
disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta
della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di
difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile
dell'autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purchè dette zone
siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio
nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone
comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad
abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie
di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade
poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta
metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza
corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di
altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad
abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade
carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie
ed altri impianti di trasporto a sospensione; di
stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed
all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione
agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e
delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli
di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio
dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso
venatorio che non siano scariche e in custodia;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone
ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore
negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da
natanti o da aeromobili;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da
macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella
maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le
disposizioni emanate dalle regioni interessate;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli
specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio
e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati
di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi
previsti all'articolo 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei
centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per
sottrarli a sicura distruzione o morte, purchè, in tale ultimo caso, se ne dia
pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione
provinciale; [distruggere o danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonche'
disturbare deliberatamente le specie protette di uccelli;](*)
p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi
previsti dall'articolo 5;
q) usare richiami vivi non provenienti da
allevamento nella caccia agli acquatici;
r) usare
a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e
richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o
elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita
l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonchè nei canali delle valli da
pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti
il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non
proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli
ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive,
trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di
civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto
provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di
questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la
fauna selvatica;
aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al
volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 10, comma 8, lettera e);
bb) vendere, detenere per vendere, [trasportare
per vendere](*), acquistare uccelli vivi o morti, nonchè loro parti o
prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica,
che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos);
pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna
(perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba
palumbus);(*)
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di
avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere
inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della presente
legge o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma
restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di
fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel
rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica
lecitamente abbattuta, la cui detenzione viene regolamentata dalle regioni
anche con le norme sulla tassidermia;
ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.
2. Se le regioni non provvedono entro il termine
previsto dall'articolo 1, comma 5, ad istituire le zone di protezione lungo le
rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste
assegna alle regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente
tale termine è vietato cacciare lungo le suddette rotte a meno di cinquecento
metri dalla costa marina del continente e delle due isole maggiori; le regioni
provvedono a delimitare tali aree con apposite tabelle esenti da tasse.
3. La caccia è vietata su tutti i valichi montani
interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per una distanza di mille
metri dagli stessi.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D.L. n. 251
del 16 agosto 2006. Con comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato
nella GU n. 243/2006, è stata resa nota la mancata conversione in legge del
D.L. n. 251/2006. Le modifiche da questo apportate alla L. n. 157/1992 sono
pertanto decadute.
Art. 22
Licenza di porto di fucile per uso di caccia e
abilitazione all'esercizio venatorio
1. La licenza di porto di fucile per uso di
caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.
2. Il primo rilascio avviene dopo che il
richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di
esami pubblici dinanzi ad apposita commissione nominata dalla regione in
ciascun capoluogo di provincia.
3. La commissione di cui al comma 2 è composta da
esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui
almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in
vertebrati omeotermi.
4. Le regioni stabiliscono le modalità per lo
svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle
seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove
pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa
legislazione;
d) tutela della natura e princìpi di salvaguardia
della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge le regioni promuovono corsi di aggiornamento sulle
caratteristiche innovative della legge stessa.
8. Per sostenere gli esami il candidato deve
essere munito del certificato medico di idoneità.
9. La licenza di porto di fucile per uso di
caccia ha la durata di sei anni e può essere rinnovata su domanda del titolare
corredata di un nuovo certificato medico di idoneità di data non anteriore a
tre mesi dalla domanda stessa.
10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della
prima licenza il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se
accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni
che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti
la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32.
11. Le norme di cui al presente articolo si
applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del
falco.
Art. 23
Tasse di concessione regionale
1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari
necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle leggi
regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione
regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e
successive modificazioni, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio
venatorio di cui all'articolo 22.
2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al
rinnovo annuale e può essere fissata in misura non inferiore al 50 per cento e
non superiore al 100 per cento della tassa erariale di cui al numero 26,
sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni. Essa non è
dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria
esclusivamente all'estero.
3. Nel caso di diniego della licenza di porto di
fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di
concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinunci
all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è
dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono
utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di
progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli
proprietari o conduttori di fondi, che, nell'ambito della programmazione
regionale, contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per
l'allevamento di fauna selvatica nonchè dei riproduttori nel periodo autunnale;
la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica;
l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata; il ricorso a
tecniche culturali e tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente;
la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla
conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite; la manutenzione e pulizia
dei boschi anche al fine di prevenire incendi.
5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende
faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggetti a
tasse regionali.
Art. 24
Fondo presso il Ministero del tesoro
2. Le disponibilità del fondo sono ripartite
entro il 31 marzo di ciascun anno con decreto del Ministro del tesoro, di
concerto con i ministri delle finanze e dell'agricoltura e delle foreste, nel
seguente modo:
a) 4 per cento per il funzionamento e
l'espletamento dei compiti istituzionali del Comitato tecnico
faunistico-venatorio nazionale;
b) 1 per cento per il pagamento della quota di
adesione dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia e della
conservazione della selvaggina;
c) 95 per cento fra le associazioni venatorie
nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza
associativa.
Art. 25
Fondo di garanzia per le vittime della caccia
1. E' costituito presso l'Istituto nazionale
delle assicurazioni un Fondo di garanzia per le vittime della caccia per il risarcimento
dei danni a terzi causati dall'esercizio dell'attività venatoria nei seguenti
casi:
a) l'esercente l'attività venatoria responsabile
dei danni non sia identificato;
b) l'esercente l'attività venatoria responsabile
dei danni non risulti coperto dall'assicurazione per la responsabilità civile
verso terzi di cui all'articolo 12, comma 8.
2. Nell'ipotesi di cui alla lettera a) del comma
1 il risarcimento è dovuto per i soli danni alla persona che abbiano comportato
la morte od un'invalidità permanente superiore al 20 per cento, con il limite
massimo previsto per ogni persona sinistrata dall'articolo 12, comma 8.
Nell'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 1 il risarcimento è dovuto per i
danni alla persona, con il medesimo limite massimo di cui al citato articolo
12, comma 8, nonchè per i danni alle cose il cui ammontare sia superiore a lire
un milione e per la parte eccedente tale ammontare, sempre con il limite
massimo di cui al citato articolo 12, comma 8. La percentuale di invalidità
permanente, la qualifica di vivente a carico e la percentuale di reddito del
sinistrato da calcolare a favore di ciascuno dei viventi a carico sono
determinate in base alle norme del decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124, recante il testo unico delle disposizioni per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali.
3. Le modalità di gestione da parte dell'Istituto
nazionale delle assicurazioni del Fondo di garanzia per le vittime della caccia
sono stabilite con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato.
4. Le imprese esercenti l'assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile di cui all'articolo 12, comma 8, sono
tenute a versare annualmente all'Istituto nazionale delle assicurazioni,
gestione autonoma del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, un
contributo da determinarsi in una percentuale dei premi incassati per la
predetta assicurazione. La misura del contributo è determinata annualmente con
decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato nel
limite massimo del 5 per cento dei predetti premi. Con lo stesso decreto sono
stabilite le modalità di versamento del contributo. Nel primo anno di
applicazione della presente legge il contributo predetto è stabilito nella
misura dello 0,5 per cento dei premi del ramo responsabilità civile generale
risultanti dall'ultimo bilancio approvato, da conguagliarsi l'anno successivo
sulla base dell'aliquota che sarà stabilita dal Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, applicata ai premi dell'assicurazione di cui
all'articolo 12, comma 8.
Art. 26
Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica
e dall'attività venatoria
1. Per far fronte ai danni non altrimenti
risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui
terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella
protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un
fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche
una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.
2. Le regioni provvedono, con apposite
disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1,
prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti
rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali
agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti
delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente
rappresentative.
3. Il proprietario o il conduttore del fondo è
tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che
procede entro trenta giorni dalle relative verifiche anche mediante sopralluogo
e ispezioni e nei centottanta giorni successivi alla liquidazione.
4. Per le domande di prevenzione dei danni, il
termine entro cui il procedimento deve concludersi è direttamente disposto con
norma regionale.
Art. 27
Vigilanza venatoria
1. La vigilanza sulla
applicazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:
a) agli agenti
dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. A tali agenti è
riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di
polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono portare
durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui
all'articolo 13 nonchè armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra
sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5,
comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65;
b) alle
guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione
ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute
dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di
guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
2. La vigilanza di cui
al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del
Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e
regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie
giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai
sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì
alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.
3. Gli agenti svolgono
le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di
competenza.
4. La qualifica di
guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità
rilasciato dalle regioni previo superamento di apposito esame. Le regioni
disciplinano la composizione delle commissioni preposte a tale esame garantendo
in esse la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di associazioni
venatorie, agricole ed ambientaliste.
5. Agli agenti di cui
ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio
nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie
venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle
loro funzioni.
6. I corsi di
preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni
di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna
e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati
anche dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo
della regione.
7. Le province
coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie
ed ambientaliste.
8. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste,
d'intesa con il Ministro dell'ambiente, garantisce il coordinamento in ordine
alle attività delle associazioni di cui al comma 1, lettera b), rivolte alla
preparazione, aggiornamento ed utilizzazione delle guardie volontarie.
9. I cittadini in possesso, a norma del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria
volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano
dell'attestato di idoneità di cui al comma 4.
Art. 28
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza
venatoria
1. I
soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 27 possono
chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla
caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di
porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 12, comma
12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonchè della fauna
selvatica abbattuta o catturata.
2. Nei casi previsti dall'articolo 30, gli
ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al
sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con
esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le
ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e),
le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o
morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente
preposto alla disciplina dell'attività venatoria il quale, nel caso di fauna
viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti
liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua
riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente
naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti
liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel
caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede alla sua vendita tenendo la somma
ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si
accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario,
l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto
corrente intestato alla regione.
4. Della consegna o della liberazione di cui al
comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono
descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro
possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli
organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali
accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività
venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali
devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali
osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed
all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti
locali che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15
dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche e integrazioni, non sono ammessi
all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui
all'articolo 9 della medesima legge.
Art. 29
Agenti dipendenti degli enti locali
1. Ferme restando le altre disposizioni della
legge 7 marzo 1986, n. 65, gli agenti dipendenti degli enti locali, cui sono
conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di
agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza
venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di
appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e
portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in
quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
2. Gli stessi
agenti possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli
illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti
indicati dall'articolo 28, anche fuori dall'orario di servizio.
Art. 30
Sanzioni penali
1. Per le violazioni delle disposizioni della
presente legge e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni:
a) l'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda
da lire
b) l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da
lire
c) l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda
da lire
d) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da lire
e) l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire
f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a
lire 1.000.000 per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio;
g) l'ammenda fino a lire 6.000.000 per chi
abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale
alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato
l'abbattimento;
h) l'ammenda fino a lire 3.000.000 per chi
abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la
caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi
esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita
la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1,
lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della
confisca dei richiami;
i) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a
lire 4.000.000 per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti o
da aeromobili;
l) l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da
lire
2. Per la violazione delle disposizioni della
presente legge in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le
medesime sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali le cui
spoglie sono oggetto del trattamento descritto. Le regioni possono prevedere i
casi e le modalità di sospensione e revoca dell'autorizzazione all'esercizio
dell'attività di tassidermia e imbalsamazione.
3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano
gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale. Salvo quanto espressamente
previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di
legge e di regolamento in materia di armi.
4. Ai sensi dell'articolo 23 del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670, le sanzioni penali stabilite dal presente articolo si applicano alle
corrispondenti fattispecie come disciplinate dalle leggi provinciali.
Art. 31
Sanzioni amministrative
1. Per le violazioni delle disposizioni della presente
legge e delle leggi regionali, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come
reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative:
a) sanzione amministrativa da lire
b) sanzione amministrativa da lire
c) sanzione amministrativa da lire
d) sanzione amministrativa da lire
e) sanzione amministrativa da lire
f) sanzione amministrativa da lire
g) sanzione amministrativa da lire
h) sanzione amministrativa da lire
i) sanzione amministrativa da lire
l) sanzione amministrativa da lire
m) sanzione amministrativa da lire
2. Le leggi regionali prevedono sanzioni per gli
abusi e l'uso improprio della tabellazione dei terreni.
3. Le regioni prevedono la sospensione
dell'apposito tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, per particolari
infrazioni o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio.
4. Resta salva l'applicazione delle norme di
legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e
doganale.
5. Nei casi previsti dal presente articolo non si
applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale.
6. Per quanto non altrimenti previsto dalla
presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n.
689, e successive modificazioni.
Art. 32
Sospensione, revoca e divieto di rilascio della
licenza di
porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio
1. Oltre alle sanzioni penali previste
dall'articolo 30, nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva
o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui
al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:
a) la sospensione della licenza di porto di
fucile per uso di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti
dal predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), d) ed i), nonchè,
relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere f), g) e h),
limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma,
n. 1, del codice penale;
b) la revoca della licenza di porto di fucile per
uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni, nei casi
previsti dal predetto articolo 30, comma 1, lettere c) ed e), nonchè,
relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere d) ed i),
limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma,
n. 1, del codice penale;
c) l'esclusione definitiva della concessione
della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal
predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), c) ed e), limitatamente alle
ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice
penale;
d) la chiusura dell'esercizio o la sospensione
del relativo provvedimento autorizzatorio per un periodo di un mese, nel caso
previsto dal predetto articolo 30, comma 1, lettera l); nelle ipotesi di
recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale, la
chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.
2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono
adottati dal questore della provincia del luogo di residenza del
contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio
giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo
il provvedimento di condanna.
3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è
effettuata nei trenta giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore
dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'articolo 30, comma 1,
lettere a), b), c), d), e) ed i), al questore, il quale può disporre la
sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi
di pubblica sicurezza.
4. Oltre alle sanzioni amministrative previste
dall'articolo 31, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della
licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dallo stesso
articolo 31, comma 1, lettera a), nonchè, laddove la violazione sia nuovamente
commessa, nei casi indicati alle lettere b), d), f) e g) del medesimo comma. Se
la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa, la
sospensione è disposta per un periodo di tre anni.
5. Il provvedimento di sospensione della licenza
di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal questore
della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa
comunicazione, da parte dell'autorità amministrativa competente, che è stato
effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è
stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato
definito il relativo giudizio.
Art. 33
Rapporti sull'attività di vigilanza
1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative
di cui all'articolo 9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno a
decorrere dal 1993, trasmettono al Ministro dell'agricoltura e delle foreste un
rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite
dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il
numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di
illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle
misure accessorie applicate. A tal fine il questore comunica tempestivamente
all'autorità regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati
numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al
Parlamento entro il mese di ottobre di ciascun anno.
Art. 34
Associazioni venatorie
1. Le associazioni venatorie sono libere.
2. Le associazioni venatorie istituite per atto
pubblico possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della presente
legge, purchè posseggano i seguenti requisiti:
a) abbiano finalità ricreative, formative e
tecnico-venatorie;
b) abbiano ordinamento democratico e posseggano
una stabile organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi
periferici;
c) dimostrino di avere un numero di iscritti non
inferiore ad un quindicesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto
nazionale di statistica, riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in
cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento.
3. Le associazioni di cui al comma 2 sono
riconosciute con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di
concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato tecnico
faunistico-venatorio nazionale.
4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per
il riconoscimento, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste dispone con
decreto la revoca del riconoscimento stesso.
5. Si considerano riconosciute agli effetti della
presente legge
6. Le associazioni venatorie nazionali
riconosciute sono sottoposte alla vigilanza del Ministro dell'agricoltura e
delle foreste.
Art. 35
Relazione sullo stato di attuazione della legge
1. Al termine dell'annata venatoria 1994-1995 le
regioni trasmettono al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro
dell'ambiente una relazione sull'attuazione della presente legge.
2. Sulla base delle relazioni di cui al comma 1, il
Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro
dell'ambiente, sentita
Art. 36
Disposizioni transitorie (modificato dall'art. 11
bis, comma 1, lett. c del D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96, n. 649)
1. Le aziende faunistico-venatorie autorizzate
dalle regioni ai sensi dell'articolo 36 della legge 27 dicembre 1977, n. 968,
fino alla naturale scadenza della concessione sono regolate in base al
provvedimento di concessione.
2. Su richiesta del concessionario, le regioni
possono trasformare le aziende faunistico-venatorie di cui al comma
3. Coloro che, alla data di entrata in vigore
della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non
consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero
superiore a quello stabilito dalla presente legge, sono tenuti a farne denuncia
all'ente competente.
5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste
sono fissati i termini per l'adozione, da parte dei soggetti partecipanti al
procedimento di programmazione ai sensi della presente legge, degli atti di
rispettiva competenza, secondo modalità che consentano la piena attuazione
della legge stessa nella stagione venatoria 1994-1995.
6. Le regioni adeguano la propria legislazione ai
princìpi ed alle norme stabiliti dalla presente legge entro e non oltre il
31 luglio 1997.
7. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome, entro il medesimo termine di cui al comma 6, adeguano la propria
legislazione ai princìpi ed alle norme stabiliti dalla presente legge nei
limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti.
Art. 37
Disposizioni finali
1. E' abrogata la legge 27 dicembre 1977, n. 968,
ed ogni altra disposizione in contrasto con la presente legge.
2. Il limite per la detenzione delle armi da caccia di cui
al sesto comma dell'articolo 10 della legge 18 aprile 1975, n. 110, come
modificato dall'articolo 1 della legge 25 marzo 1986, n. 85, e dall'articolo 4 della
legge 21 febbraio 1990, n. 36, è soppresso.
3. Ferme restando le disposizioni che
disciplinano l'attività dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, le
guardie zoofile volontarie che prestano servizio presso di esso esercitano la
vigilanza sull'applicazione della presente legge e delle leggi regionali in
materia di caccia a norma dell'articolo 27, comma 1, lettera b).
La presente legge, munita del sigillo dello
Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di
farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 11 febbraio 1992
COSSIGA
ANDREOTTI, Presidente del Consiglio dei
ministri
Visto, il Guardasigilli: MARTELLI
NOTE:
(1) Si riporta il testo dell'art. 11 bis, comma
2, del D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96, n. 649:
"Art. 11 bis
2. Non sono punibili i fatti commessi in data
anteriore a quella di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, in violazione degli articoli 15, comma 11, secondo periodo, 21, comma
1, lettera b) e 36, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157."
(2) In esecuzione dell'art. 2
del D.P.C.M. 21/03/97 sono state escluse dall'elenco di cui al comma annotato,
le specie cacciabili nello stesso indicate.
(3) Vedi art. 6 del D.P.R. 8 settembre 1997,
n. 357: " Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della
flora e della fauna selvatiche."