Legge regione
Marche sulla caccia |
Norme per la protezione della fauna
selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina
dell'attività venatoria. TITOLO I Disposizioni generali Art. 1. Finalità. 1. 2. La fauna selvatica costituisce bene ambientale
ed è tutelata e protetta in attuazione dell'articolo 5 dello Statuto
regionale, nell'interesse della comunità internazionale, nazionale e
regionale. 4. E' obiettivo della programmazione
regionale promuovere il mantenimento e la riqualificazione degli habitat
naturali e seminaturali al fine di adeguare ed incrementare la popolazione di
tutte le specie di mammiferi ed uccelli, viventi naturalmente allo stato
selvatico nel loro territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze
ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative della regione, assicurando
l'eliminazione o la riduzione dei fattori di squilibrio e di degrado
ambientale. 5. Art. 2. Esercizio delle funzioni. 1. Le funzioni amministrative di cui alla
presente legge sono attribuite alle province. 2. Le province, per l'espletamento delle
proprie funzioni, provvedono ad istituire una commissione tecnica di
coordinamento per la gestione faunistica. 3. Art. 3. Pianificazione
faunistico-venatoria. 1. Il territorio agro-silvo-pastorale
regionale è così ripartito: a) per una quota dal 20 al 25 per cento, di
cui fino al 50 per cento riservato alle zone di ripopolamento e cattura di
cui all'articolo 9, comprese le aree in cui è comunque vietata l'attività
venatoria anche per effetto di altre disposizioni, o nei fondi sottratti alla
gestione programmata della caccia ai sensi dell'articolo 21; b) per una quota fino al 12 per cento, è
destinato alla costituzione delle aziende faunistico-venatorie ed a quelle
agri-turistico-venatorie di cui all'articolo 13; c) per una quota massima pari all'1 per
cento, è destinato ai centri privati di produzione della selvaggina di cui
all'articolo 14; d) per una quota massima pari al 2 per
cento, è destinato a zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per
le gare e le prove cinofile di cui all'articolo 33. 2. Sul rimanente territorio si esercita la
gestione programmata della caccia secondo le modalità stabilite dal titolo
IV. 3. La pianificazione faunistico-venatoria
si articola nel piano regionale e nei piani provinciali. 4. Il piano faunistico-venatorio regionale
e i piani faunistico- venatori provinciali hanno durata quinquennale e
possono essere aggiornati nel periodo della loro validità. 5. Entro il 15 ottobre dell'anno precedente
la scadenza del piano faunistico regionale, la giunta regionale trasmette al
consiglio la proposta di piano faunistico-venatorio regionale. 6. Entro il 31 dicembre il consiglio
regionale, sentiti la conferenza regionale delle autonomie e il comitato
economico e sociale ai sensi dell'articolo 7 della L.R. 5 settembre 1992, n.
46, le associazioni venatorie e le organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello regionale, approva il piano, che viene
pubblicato nello stesso termine nel bollettino ufficiale della Regione. 7. Entro il 31 gennaio successivo le
province, sulla base e in conformità ; al piano regionale, elaborano la prima
stesura dei piani faunistico-venatori di rispettiva competenza,
trasmettendoli, entro lo stesso termine, al presidente della giunta
regionale. 8. Entro il 10 febbraio la giunta regionale
trasmette i piani provinciali alla conferenza regionale delle autonomie ai
sensi dell'articolo 15, comma 4, della L.R. 46/1992. 9. Entro il 31 marzo la giunta regionale,
sulla base del parere della conferenza regionale delle autonomie, formula le
proprie osservazioni sui piani provinciali. 10. Le province approvano i piani
faunistici definitivi entro il 30 aprile, tenendo conto delle osservazioni
formulate dalla giunta regionale. 11. Fino all'entrata in vigore del piano
faunistico-venatorio regionale conserva efficacia la pianificazione
preesistente, con la possibilità per le amministrazioni provinciali di
restituire alla caccia le zone di ripopolamento e cattura in scadenza, fermo
restando l'obbligo di istituirne delle altre di pari superficie. Art. 4. Piano
faunistico-venatorio regionale. 1. Il piano faunistico-venatorio regionale
detta criteri e indirizzi per la stesura dei piani provinciali di cui
all'articolo 5, anche in base ai criteri forniti dai competenti organi dello
Stato ai sensi dell'articolo 10, comma 11, della legge 11 febbraio 1992, n.
157; il piano faunistico- venatorio regionale assicura il perseguimento degli
obiettivi di cui all'articolo 1, comma 5. 2. Il piano faunistico-venatorio regionale
disciplina: a) il regime di tutela della fauna
selvatica secondo le tipologie territoriali; b) le attività tese alla conoscenza delle
risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di
modalità omogenee di rilevazione e di censimento; c) i criteri per la individuazione dei
territori sui quali possono essere costituite aziende faunistico venatorie,
aziende agri-turistico- venatorie e centri privati di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale; d) gli indirizzi e le modalità di
coordinamento delle attività previste dalla presente legge con gli obiettivi
ed i criteri previsti dalla normativa regionale in materia di salvaguardia e
di tutela delle aree naturali protette; e) il piano finanziario regionale annuale
per la realizzazione degli interventi faunistici-venatori; f) il rapporto numerico minimo tra gli
agenti di vigilanza dipendenti dalle province ed il territorio
agro-silvo-pastorale. 3. Il piano faunistico-venatorio regionale
è corredato da: a) cartografie del territorio regionale in
scala 1:100.000 e 1:10.000, indicanti le emergenze naturalistiche e le
utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione
faunistico-venatoria; b) carta delle potenzialità e delle
vocazioni faunistiche; c) programma di protezione della fauna
selvatica autoctona di cui sia accertata una diminuzione della popolazione
sul territorio regionale; d) programma di salvaguardia delle zone
montane per l'incremento e il controllo della tipica fauna selvatica
appenninica. Art. 5. Piani faunistico-venatori
provinciali. 1. I piani faunistico-venatori provinciali
sono articolati per comprensori omogenei e definiscono: a) le oasi di protezione; b) le zone di ripopolamento e cattura; c) i centri pubblici di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale; d) i centri privati di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale; e) la densità, la collocazione e la
estensione massima complessiva delle aziende faunistico-venatorie ed
agro-turistiche-venatorie in ogni comprensorio faunistico omogeneo; f) le zone e i periodi per l'addestramento,
l'allenamento e le gare cinofile; g) i criteri per la determinazione del
risarcimento a favore dei conduttori dei fondi rustici dei danni arrecati
dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su
fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); h) i criteri per la corresponsione degli
incentivi a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o
associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat
naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle
lettere a) e b); i) le zone in cui sono collocabili gli
appostamenti fissi; l) i criteri di miglioramento ambientale
tesi a favorire la riproduzione naturale della fauna selvatica; m) i criteri di immissione della fauna
selvatica ai sensi dell'articolo 10, comma 7, della legge 157/1992; n) le destinazioni delle zone di cui
all'articolo 12, comma 5. 2. Le province si dotano di apposite
strutture tecniche per la programmazione e la gestione della fauna selvatica
e del relativo ambiente. Art. 6. Modalità di approvazione
dei piani faunistici-venatori provinciali. 1. Le province, sentite le comunità
montane, approvano i piani faunistici venatori. Le province garantiscono la
partecipazione delle organizzazioni professionali agricole, delle
associazioni venatorie, delle associazioni di protezione ambientale alla
formazione dei piani faunistici- venatori provinciali. 2. I piani faunistici-venatori hanno durata
quinquennale, sono articolati per comprensori omogenei ed hanno i contenuti
indicati dall'articolo 5 della presente legge e dagli indirizzi regionali di
pianificazione faunistica venatoria. 3. I piani faunistici-venatori provinciali
sono approvati nel rispetto delle procedure di cui all'articolo 3. 4. Il piano faunistico-venatorio
provinciale approvato è pubblicizzato a cura della provincia per le finalità
di cui al comma 3 dell'articolo 15 della legge statale e depositato nelle
segreterie della provincia e dei comuni territorialmente interessati per la
libera consultazione. Dell'approvazione è dato avviso nel bollettino
ufficiale della Regione. 5. Qualora le province non approvino i
piani faunistici venatori nel termine previsto, vi provvede, previa diffida, la
giunta regionale in via sostitutiva. 6. Con le procedure di cui al presente
articolo e nei termini ivi indicati, le province provvedono alle variazioni
dei propri piani faunistico-venatori. Art. 7. Commissione tecnica
provinciale per il coordinamento della gestione faunistica. 2. La commissione di cui al comma 1 è
convocata e presieduta dal presidente o suo delegato ed è composta da: a) sette rappresentanti delle associazioni
venatorie riconosciute ai sensi dell'articolo 34 della legge 157/1992; b) un rappresentante dell'ente nazionale
per la cinofilia italiana; c) tre rappresentanti delle organizzazioni
professionali agricole; d) due rappresentanti delle associazioni di
protezione ambientale; e) un rappresentante per ciascuna delle
comunità montane comprese nel territorio; f) i presidenti designati dalle
organizzazioni di gestione degli ambiti territoriali di caccia istituiti nella
provincia. 3. Svolge funzioni di segretario il
dirigente del servizio provinciale competente in materia di caccia o suo
delegato. 4. Le associazioni di cui al comma 2,
lettere a), c) e d) sono quelle maggiormente rappresentative a livello
provinciale. TITOLO II Zone di protezione speciale della fauna Art. 8. Oasi di protezione. 1. Le oasi di protezione sono destinate al
rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica. 2. Esse sono costituite in territori idonei
per ambienti naturali, ove non esistono consistenti colture specializzate,
con preferenza all'interno dei parchi naturali. 3. Nell'ambito delle oasi di protezione
sono vietati 1' esercizio venatorio, salvo quanto previsto dall'articolo 25. 4. Le oasi di protezione sono istituite dalle
province e sono soppresse, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9,
comma 12, qualora non sussistano più, per modificazioni oggettive,
certificate dall'istituto nazionale per la fauna selvatica sulla base di
specifici censimenti delle specie di interesse faunistico, le condizioni
idonee al conseguimento delle loro finalità. 5. Alla gestione delle oasi di protezione,
con particolare riguardo ai censimenti annuali, al ripristino dell'ambiente
per gli scopi di cui al presente articolo ed alle catture temporanee a scopo
scientifico, provvedono le province, che possono avvalersi della
collaborazione delle associazioni venatorie, agricole e di protezione
ambientale, stipulando con esse apposite convenzioni. 6. La provincia, sentito l'istituto nazionale
per la fauna selvatica, può ; autorizzare nelle oasi di protezione catture a
scopo di studio; può altresì autorizzare il personale di vigilanza, in
collaborazione con le associazioni venatorie e le organizzazioni
professionali agricole, sentito l'istituto stesso, alla cattura di esemplari
viventi di determinate specie di fauna selvatica quando esse arrechino danni
rilevanti alle colture agricole o forestali e, per l'eccessivo numero dei
capi, turbino l'equilibrio biologico dell'ambiente. 7. La selvaggina catturata ai sensi del
comma 6 viene destinata al ripopolamento dei territori depauperati. 8. Delle operazioni compiute si redige
processo verbale che costituisce atto fornito di pubblica fede. Art. 9. Zone di ripopolamento e
cattura. 1. Le zone di ripopolamento e cattura sono
destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo
irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per
l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento,
fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica
ottimale del territorio. 2. Le zone di ripopolamento e cattura sono
istituite dalle province tenuto conto delle vocazioni faunistiche del
territorio, e sono soppresse qualora non sussistano, per modificazioni
oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità.
Nell'atto di costituzione vengono stabiliti i risarcimenti previsti per i
danni alle produzioni agricole, nonché gli incentivi per la salvaguardia e
l'incremento della fauna selvatica ed il miglioramento ambientale. La
istituzione delle zone di ripopolamento e cattura ha efficacia per cinque
anni. 3. Le operazioni di cattura e di immissione
di fauna selvatica sono disposte dalla provincia che si avvale, sotto la sua
diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni
venatorie. 4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura
deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche
principalmente interessate. L'immissione di soggetti riproduttori avviene in
relazione alla superficie della zona stessa. 6. Nel territorio delle zone di
ripopolamento le province realizzano attrezzature ed interventi tecnici atti
a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie di fauna
selvatica per le quali esse sono state costituite. 7. Le catture devono essere compiute in
modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica.
Almeno il 40 per cento della fauna selvatica catturata deve essere liberato
nei territori dei comuni ove insiste la zona di ripopolamento e cattura. 8. Nelle zone di ripopolamento e cattura
possono essere autorizzate dalle province l'allenamento e l'addestramento dei
cani e gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento della fauna
selvatica, sempre che non si arrechi danno alle colture agricole e non si
immetta fauna ad eccezione di quella preventivamente autorizzata. 9. Nel territorio delle zone di
ripopolamento e cattura è vietata ogni forma di caccia, salvo quanto previsto
dall'articolo 25. 10. Le province, entro sei mesi
dall'entrata in vigore della presente legge, formulano, in base alle
previsioni del piano faunistico-venatorio provinciale, un programma decennale
di destinazione del territorio per la costituzione delle zone di cui al
presente articolo. Il programma può essere aggiornato nel periodo della sua
validità. 11. Le province possono avvalersi delle
associazioni venatorie ed agricole per la gestione delle zone di
ripopolamento e cattura, nonché per la vigilanza, attraverso le guardie
giurate volontarie, coordinate dalle stesse province. 12. Alla scadenza prevista, il territorio
della zona di ripopolamento è restituito alla caccia con le modalità fissate
dalle amministrazioni provinciali, sentita la commissione tecnica di cui
all'articolo 7. I cacciatori residenti nell'ambito territoriale in cui
insiste la zona e i proprietari o conduttori dei fondi ubicati all'interno
della zona che abbiano la disponibilità di almeno due ettari di terreno,
anche se non residenti, purché titolari di licenza di caccia, hanno diritto
di accedervi in via esclusiva. Art. 10. Centri pubblici di
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. 1. I centri pubblici di riproduzione della
fauna selvatica sono istituiti e gestiti dalle province, di preferenza su
terreni demaniali e su quelli ad agricoltura estensiva. Essi hanno per scopo
la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, al fine della
ricostituzione del patrimonio faunistico autoctono, da utilizzare
esclusivamente per le azioni di ripopolamento o rinsanguamento del territorio
provinciale e sono soppressi, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo
9, comma 12, qualora non sussistano più le condizioni idonee al conseguimento
delle loro finalità. 2. Nel territorio dei centri devono essere
realizzate attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di
produzione e di incremento delle specie di fauna selvatica per le quali gli
stessi sono stati costituiti. 3. Le operazioni di cattura e di immissione
di fauna selvatica sono disposte dalla provincia che si avvale, sotto la sua
diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni
venatorie. 5. Nei centri di cui al comma 1 è vietata
ogni forma di caccia, salvo quanto previsto dall'articolo 25. Art. 11. Zone di ricerca e di
sperimentazione faunistica. 1. 2. Per la gestione delle zone è istituito
un comitato di gestione composto da: a) l'assessore regionale alla caccia o un
suo delegato che ne assume la presidenza; b) gli assessori provinciali alla caccia o
loro delegati; c) cinque rappresentanti delle associazioni
venatorie riconosciute a livello nazionale operanti nella regione; d) tre rappresentanti delle associazioni
agricole maggiormente rappresentative a livello regionale; e) un rappresentante regionale dell'ente
nazionale cinofilia italiana; f) un rappresentante indicato
dall'università ricadente nella provincia o comunque nella regione; g) il direttore dell'istituto nazionale per
la fauna selvatica o un suo delegato. 3. Nel rispetto delle indicazioni fornite
dal comitato di cui al comma 2, per la gestione tecnico-amministrativa di
ciascuna zona, le province possono istituire apposite commissioni di gestione
nelle quali, qualora la zona stessa insista in territorio montano, deve
essere assicurata la rappresentanza delle comunità montane. 5. Il provvedimento istituito indica il
perimetro, l'estensione del territorio, la durata e stabilisce le forme con
cui si promuove la collaborazione dei proprietari dei conduttori dei fondi,
nonché le modalità straordinarie di tutela della selvaggina e delle attività
agricole. 6. Ai fini della istituzione delle zone di
cui al comma 1, la provincia, con la collaborazione delle associazioni
venatorie riconosciute e delle organizzazioni agricole, provvede ad acquisire
il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi compresi nella zona,
stipulando specifiche convenzioni riguardanti il rimborso delle spese,
comprese quelle di vigilanza, e le eventuali indennità connesse con gli
obblighi derivanti dall'attività di ricerca e di sperimentazione. 7. Per tutto il periodo della
sperimentazione le zone di cui al presente articolo sono sottoposte al regime
previsto dall'articolo 9 per le zone di ripopolamento e cattura. 8. Al termine della sperimentazione il territorio
delle zone di cui al comma 1 è restituito alla caccia nel rispetto delle
modalità di cui all'articolo 9, comma 12. 9. Nelle zone di cui al presente articolo
si applicano le normative e gli incentivi previsti dal reg. 92/2078/CEE e
successive modificazioni. 10. Nessun compenso è dovuto ai componenti
del comitato di cui al comma 2. Art. 12. Procedura di
costituzione delle zone di protezione speciale. 1. Le province determinano entro il 31
gennaio di ciascun anno, con le modalità stabilite dalla giunta regionale, il
perimetro delle zone da vincolare, ai sensi degli articoli 8, 9 e 10. 3. Qualora, entro sessanta giorni dalla
data della pubblicazione nel foglio degli annunzi legali, sia presentata
opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali ai sensi
dell'articolo 10, comma 14, della legge 157/1992, da parte di proprietari o
conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie
complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere costituita,
salvo quanto stabilito al comma 7. 4. Decorso il termine indicato al comma 3,
ove non sia stata presentata opposizione, le province provvedono alla istituzione
della zona di protezione. 5. Nelle zone che non siano state vincolate
per l'opposizione manifestata, ai sensi del comma 3, dai proprietari o
conduttori dei fondi, resta in ogni caso precluso l'esercizio dell'attività
venatoria per un periodo non superiore alla validità del piano faunistico
provinciale; la provincia può destinare tali zone ad altro uso nell'ambito
della pianificazione venatoria del territorio. 6. I piani faunistico-venatori provinciali
determinano le zone di cui al comma 5, che rientrano nella percentuale del
territorio protetto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a). 7. La giunta regionale determina le
modalità di delimitazione del territorio delle zone di cui agli articoli 8,
9, 10 e 15. 8. Qualora ricorrano particolari necessità
ambientali, le province possono costituire coattivamente oasi di protezione e
zone di ripopolamento e cattura sui territori per i quali sia stata
presentata opposizione da parte dei proprietari o conduttori dei fondi ai
sensi del comma 3. TITOLO III Strutture di iniziativa privata Art. 13. Aziende faunistico
venatorie e aziende agri-turistico- venatorie. 1. Le province, su richiesta degli
interessati e sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, previo
consenso dei proprietari o conduttori dei fondi, nei limiti della quota
massima di territorio agro- silvo-pastorale stabilita all'articolo 3, comma
1, lettera b), possono autorizzare: a) la costituzione di aziende
faunistico-venatorie senza fini di lucro, per prevalenti finalità
naturalistiche e faunistiche, con particolare riferimento alla tipica fauna
appenninica; b) la costituzione di aziende
agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola; c) la trasformazione delle aziende
faunistico-venatorie disciplinate dal regolamento regionale 12 aprile 1984,
n. 3. Coloro che richiedono la costituzione di
aziende faunistico- venatorie debbono allegare alla domanda di autorizzazione
un programma di conservazione e di ripristino ambientale. 4. Nelle aziende faunistico-venatorie la
caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio di cui
all'articolo 30 ai titolari delle aziende e a coloro che siano dagli stessi
autorizzati, secondo piani di assestamento e di abbattimento presentati
annualmente dai titolari delle aziende ed approvati dalla provincia. In ogni
caso nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare
fauna selvatica dalla data del 31 agosto a quella di chiusura della caccia
alle relative specie. 5. Nelle aziende agri-turistico-venatorie
sono possibili l'immissione e l'abbattimento, senza limitazione di capi, di
fauna selvatica di allevamento per l'intera durata della stagione venatoria. 6. Le aziende agri-turistico-venatorie
devono: a) essere preferibilmente situate nei
territori di scarso rilievo faunistico; b) coincidere di preferenza con il
territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura
svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del reg.
88/1094/CEE del consiglio. 8. Le aziende faunistico-venatorie e le
aziende agri-turistico- venatorie sono sottoposte a controllo da parte
dell'amministrazione provinciale avvalendosi anche della commissione tecnica
di cui all'articolo 7. 9. Il consiglio regionale determina con
regolamento le modalità di costituzione e di funzionamento delle aziende
faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie di nuova
costituzione. 10. Le aziende faunistico-venatorie e
agri-turistico-venatorie di nuova costituzione non possono essere confinanti,
fra loro deve intercorrere la distanza di almeno Art. 14. Centri privati di
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. 1. Le province autorizzano la costituzione
di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale,
organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa,
ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentita la cattura
con qualsiasi mezzo di animali vivi allevati appartenenti a specie
cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della
stessa e di persone nominativamente indicate. 3. La provincia ha diritto di prelazione
sull'acquisto di fauna selvatica prodotta nei centri privati di cui al comma
1; a tal fine la provincia, entro il mese di novembre di ogni anno, comunica
ai centri privati il proprio fabbisogno. a) non rispetti il diritto di prelazione
della provincia; b) eserciti nel centro privato l'attività
venatoria o ne consenta a terzi l'esercizio. 6. La provincia, prima di procedere alla
revoca dell'autorizzazione, assegna all'interessato un termine di trenta
giorni per la presentazione di eventuali deduzioni. TITOLO IV Gestione programmata della caccia Art. 15. Ambiti Territoriali di
Caccia (ATC). 1. Il territorio agro-silvo-pastorale della
regione che non è destinato alle finalità di cui ai titoli II e III, è
suddiviso in ambiti territoriali di caccia, nei quali la caccia viene
praticata in forma programmata. 2. 3. Il territorio agro-silvo-pastorale è
ripartito in ambiti territoriali di caccia sub-provinciali; in ciascuna provincia
non possono essere costituiti più di tre ambiti territoriali di caccia. 4. La prima perimetrazione di carattere
sperimentale, può essere modificata, entro il 31 marzo 1997 su richiesta
motivata dei relativi comitati di gestione; in seguito la perimetrazione è
soggetta a revisione con la scadenza dei piani faunistici. a) proprietari o conduttori di fondi
rustici aventi estensione non inferiore a cinque ettari; b) residenti nella provincia; c) residenti nei comuni marchigiani a più
alta densità venatoria, individuati dalla Regione; d) residenti nella regione; e) residenti in altre regioni o nella
Repubblica di San Marino. 7. Ferme restando le indicazioni statali
concernenti l'indice di densità venatoria, la giunta regionale determina
annualmente, sulla base dei dati censuari, la densità venatoria massima nei
territori a gestione programmata della caccia, costituita dal rapporto fra il
numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio
venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale
regionale. 8. Ogni cacciatore residente nella regione
Marche ha diritto di accesso gratuito, a domanda, da presentare
all'amministrazione provinciale competente per territorio per la caccia a
tutte le specie consentite, escluse lepre, fagiano, starna, pernice rossa e
coturnice, in tutti gli ambiti territoriali di caccia istituiti nella regione
previo il pagamento di una sola quota. La domanda è presentata
contestualmente all'iscrizione dell'ambito territoriale di caccia tramite
barramento della sigla della/e provincia/e in cui il cacciatore intende
accedere ed è cura del comitato di gestione dell'ambito destinatario
dell'iscrizione predisporre i debiti elenchi per trasmetterli alla/e
provincia/e (1). 9. La provincia può autorizzare, con delibera
motivata, i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia ad
ammettere nei rispettivi territori di competenza, sulla base delle priorità
fissate al comma 5, un numero di cacciatori superiore a quello stabilito
purché sia stato accertato, mediante censimenti, un saldo positivo della
popolazione delle specie individuate dallo stesso comma. Art. 16. Iscrizione nell'ambito
territoriale di caccia (7). 1. Il cacciatore ha titolo all'iscrizione
agli ATC. 2. Per l'iscrizione nell'ATC di residenza,
il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato di gestione sul modulo
predisposto dalla Provincia. Per gli anni successivi, il rinnovo
dell'iscrizione all'ATC avviene con il pagamento della quota prevista al
comma 5, da effettuarsi entro il 31 maggio. 3. Per l'iscrizione ad un ATC diverso da
quello di residenza, il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato
di gestione dell'ATC prescelto entro il 15 giugno di ogni anno. Il comitato
di gestione dell'ATC accoglie le domande con le priorità previste
dall'articolo 15, comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine
di presentazione, e ne trasmette copia alla Provincia di residenza entro il
successivo 30 giugno. 4. Il mancato accoglimento della domanda di
cui al comma 3 deve essere motivato dal comitato di gestione dell'ATC e
comunicato all'interessato che, entro quindici giorni, può fare ricorso alla
Provincia competente per territorio per violazione dei criteri previsti
all'articolo 15. 6. Art. 17. Statuto e organi degli
ambiti territoriali di caccia. 1. Sono organi di ciascun ambito
territoriale: a) l'assemblea dei rappresentanti delle
associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale cui sono iscritti i
cacciatori, dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello locale e dei rappresentanti delle organizzazioni
protezionistiche maggiormente rappresentative a livello locale; b) il presidente; c) il comitato di gestione; d) il collegio dei revisori dei conti. 2. Lo statuto di ciascun ambito e le sue
modificazioni sono approvati dall'assemblea di cui al comma 1, lettera a). 3. Lo statuto disciplina: a) le modalità di convocazione e di
svolgimento dell'assemblea dei rappresentanti delle associazioni venatorie; b) le modalità per la elezione del
presidente, del comitato di gestione e del collegio dei revisori dei conti; c) le modalità di funzionamento degli
organi, le rispettive competenze e responsabilità, nonché le procedure per la
sostituzione o la revoca dei componenti. 4. I rappresentanti delle associazioni
venatorie nei comitati di gestione sono designati dalle rispettive
organizzazioni provinciali. Art. 18. Comitati di gestione
degli ambiti territoriali di caccia. 2. Il presidente della provincia, entro
trenta giorni dall'approvazione del piano
faunistico-venatorio regionale di cui all'articolo 4, nomina, per ciascun
ambito territoriale, un comitato così composto: a) un rappresentante della provincia,
esperto in materia faunistico- venatoria; b) un rappresentante del comune con maggior
superficie agro-silvo- pastorale compreso nell'ambito stesso e un
rappresentante delle comunità montane; c) tre rappresentanti delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative; d) tre rappresentanti delle organizzazioni
venatorie riconosciute a livello nazionale; e) due rappresentanti delle organizzazioni
protezionistiche. I rappresentanti di cui alle lettere c), d)
ed e) sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al
principio della rappresentatività nel territorio e sono scelti fra persone
residenti nell'ambito territoriale di caccia. 3. Non possono essere designati alla carica
di presidente o di membro del comitato coloro i quali abbiano commesso negli
ultimi cinque anni infrazioni per cui sia stata disposta la sospensione della
licenza di caccia. 4. Il comitato di gestione approva entro
sessanta giorni dalla nomina il proprio statuto, sentiti i rappresentanti
delle associazioni venatorie dei cacciatori, dei coltivatori e degli
ambientalisti iscritti all'ambito. 5. Il comitato di gestione rimane in carica
tre anni (8). 7. Per quanto non espressamente
disciplinato dalla presente legge e dallo statuto, i comitati di cui al
presente articolo sono regolati secondo le disposizioni di cui al libro I,
titolo II, capo III del codice civile, in quanto applicabile. Art. 19. Compiti dei comitati di
gestione. a) i piani poliennali di utilizzazione del
territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle
immissioni e dei prelievi di fauna selvatica e di riqualificazione ambientale
e faunistica; b) la realizzazione di allevamenti di fauna
stanziale, organizzati in forma di azienda agricola e muniti di adeguate
strutture per la produzione, l'allevamento e l'adattamento in libertà della
fauna selvatica utilizzabile per i programmi di immissione, prelievo e
riqualificazione di cui alla lettera a); c) le condizioni perché venga garantita una
consistenza di base della fauna selvatica durante tutto l'anno solare. 2. La provincia controlla la conformità dei
programmi annuali degli interventi degli ATC con il piano faunistico
venatorio provinciale. 3. I comitati di gestione trasmettono detti
programmi entro il 31 gennaio di ogni anno alla provincia che può richiederne
la revisione in caso di difformità. 4. I comitati direttivi degli ATC per
l'espletamento di funzioni di servizio, possono dotarsi con fondi propri di
strutture tecniche amministrative e di collaboratori o di personale
particolarmente qualificato nel campo della gestione della fauna. 5. La provincia esercita forme di raccordo
tra gli ATC tramite la commissione tecnica provinciale per il coordinamento
della gestione faunistica per determinare uniformità degli interventi
gestionali della fauna selvatica. 6. I comitati di gestione promuovono ed
organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della
consistenza faunistica; programmano gli interventi per il miglioramento degli
habitat; provvedono all'attribuzione degli incentivi economici ai conduttori
dei fondi rustici per: a) la ricostituzione di una presenza faunistica
ottimale per il territorio; b) le coltivazioni per l'alimentazione
naturale della fauna selvatica e degli uccelli, particolarmente nelle zone di
sperimentazione di cui all'articolo 11, nelle zone di ripopolamento e cattura
di cui all'articolo 9 e nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi
del reg. 88/1094/CEE del consiglio e successive modificazioni; c) il ripristino di zone umide e di
fossati; d) la differenziazione delle colture; e) la coltivazione di siepi, cespugli ed
alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica; f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di
fauna selvatica nonché dei riproduttori; g) la collaborazione operativa ai fini del
tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di
danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà,
della manutenzione degli apprestamenti per l'ambientamento della fauna
selvatica. 7. I comitati di gestione provvedono,
altresì, al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla
fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria, nonché
all'erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini
della prevenzione dei danni medesimi, nelle misure stabilite dalla provincia
ai sensi dell'articolo 34. 8. Il personale tecnico della provincia,
nonché la commissione tecnica provinciale di cui all'articolo 7, verificano i
risultati dei programmi presentati dai comitati di gestione e qualora i
risultati conseguiti non siano rispondenti ai programmi presentati, ne
chiedono ragione e propongono i provvedimenti del caso. 9. Entro il 31 marzo di ogni anno, i
comitati presentano alla provincia il rendiconto tecnico e finanziario
relativo all'utilizzo dei finanziamenti loro eventualmente assegnati a carico
del bilancio provinciale o regionale. Art. 20. Fondo regionale per i
contributi a favore di proprietari o conduttori agricoli. 1. E' istituito il fondo regionale per la
concessione di contributi previsti dall'articolo 15, comma 1, della legge
157/1992 ai proprietari o conduttori di terreni agricoli al quale affluisce
una percentuale del gettito delle tasse di concessione regionale di cui
all'articolo 35. 3. La giunta regionale definisce le
modalità per l'utilizzazione del fondo e, in particolare, determina i criteri
per la concessione e la liquidazione dei contributi con riferimento, in via
prioritaria, agli interventi di valorizzazione dell'ambiente e di conservazione
delle specie di fauna selvatica ed avuto riguardo all'estensione dei fondi
rustici e agli indirizzi colturali ivi praticati, nel rispetto anche di
quanto previsto dall'articolo 19, comma 2. 4. La giunta regionale ripartisce
annualmente il fondo di cui al comma 1 tra le province che si avvalgono, per
l'erogazione, dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia
interessati. Art. 21. Fondi sottratti alla
gestione programmata della caccia. 1. Il proprietario o conduttore di un fondo
che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve
inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano
faunistico-venatorio provinciale, richiesta motivata alla provincia,
specificando anche l'eventuale durata del divieto stesso. 2. La provincia provvede entro i successivi
sessanta giorni. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della
pianificazione faunistico-venatoria, ed inoltre nei casi nei quali l'attività
venatoria sia in contrasto con le esigenze di salvaguardia di colture
agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi
sperimentali, tecniche biologiche, o al fine di ricerca scientifica, ovvero
quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse
economico, sociale o ambientale. 3. Il divieto di esercitare l'attività
venatoria opera anche nei confronti del proprietario o conduttore del fondo.
Tale divieto decade al venir meno delle ragioni per le quali era stato
richiesto. La decadenza è dichiarata dalla provincia. 4. La giunta regionale determina le
modalità per la delimitazione dei confini dei fondi nei quali è vietato
l'esercizio dell'attività venatoria ai sensi dei commi 1 e 2. 6. I fondi chiusi devono essere notificati,
a cura del proprietario o del conduttore, alla giunta regionale e alla
provincia, precisando l'estensione del fondo ed allegando planimetria
catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei relativi confini. I
proprietari o i conduttori dei fondi provvedono ad apporre a proprio carico
adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali. 7. La superficie dei fondi di cui ai commi
1 e 5 entra a far parte della quota del territorio agro-silvo-pastorale della
regione destinata a protezione della fauna selvatica di cui all'articolo 3,
comma 1, lettera a). TITOLO V Forme di controllo e di utilizzo della fauna diverse
dall'attività venatoria Art. 22. Cattura ed utilizzazione
di fauna selvatica a scopo scientifico e per richiamo. 1. Il dirigente del servizio regionale
sport, caccia e pesca, tempo libero, sentito l'istituto nazionale per la
fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente a scopo di studio e di
ricerca scientifica gli istituti scientifici delle università e del consiglio
nazionale delle ricerche, nonché i musei di storia naturale, a catturare ed
utilizzare esemplari di mammiferi ed uccelli nonché a prelevare le uova, nidi
e piccoli nati. 2. Il dirigente del servizio regionale
sport, caccia e pesca, tempo libero può inoltre, sentiti l'istituto nazionale
per la fauna selvatica e la provincia interessata, rilasciare autorizzazioni
a svolgere attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a
scopo scientifico a coloro che abbiano partecipato a specifici corsi di
istruzione, organizzati dallo stesso istituto, e che abbiano superato il
relativo esame finale. 3. Il dirigente del servizio regionale
sport, caccia e pesca, tempo libero, previo parere dell'istituto nazionale
per la fauna selvatica, può autorizzare le province che ne facciano richiesta
a gestire impianti finalizzati all'attività di cattura per l'inanellamento e
la cessione a fini di richiamo. La cessione ad uso di richiamo è consentita
solo per gli esemplari appartenenti alle specie individuate dall'articolo 4,
comma 4, della legge 157/1992 ed è gratuita. Gli esemplari eventualmente
catturati appartenenti ad altre specie debbono essere inanellati ed
immediatamente liberati. 4. La vendita di uccelli di richiamo
provenienti da altre regioni o dall'estero è vietata se non si dimostra la
lecita provenienza. 5. Nella gestione degli impianti di cui al
comma 3 le province utilizzano personale qualificato e valutato idoneo
dall'istituto nazionale per la fauna selvatica. 6. La giunta regionale ai fini del
soccorso, detenzione, terapia e successiva liberazione della fauna selvatica
in libertà, si avvale di un centro di recupero adeguatamente attrezzato con
ambulatorio veterinario sotto la diretta responsabilità di un veterinario di
comprovata esperienza in materia di fauna selvatica avicola e mammiferi
selvatici. 7. Chi abbatte, cattura o rinviene uccelli
inanellati deve darne notizia all'istituto nazionale per la fauna selvatica o
al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad
informare il predetto istituto. Art. 23. Allevamenti. 1. Gli allevamenti di fauna selvatica possono avere i seguenti
scopi: di ripopolamento, alimentare, ornamentale e amatoriale ovvero di
richiamo. 2. Le province autorizzano l'impianto e
l'esercizio degli allevamenti di cui al comma 1. 3. Il titolare di un'impresa agricola può impiantare
ed esercitare gli allevamenti di cui al comma 1 dandone semplice
comunicazione alla provincia competente, fermo restando l'obbligo di
conformarsi alle prescrizioni dettate dal regolamento di cui al comma 4. 4. Con apposito regolamento, da emanarsi
entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge, vengono
determinate le modalità per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 2
e quelle relative al rilascio delle autorizzazioni concernenti le attività
cinotecniche nel rispetto delle norme di cui alla legge 23 agosto 1993, n.
349 e del decreto 28 gennaio 1994 del ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali. In particolare per gli allevamenti a scopo di
richiamo vengono disciplinate, sentito l'istituto nazionale per la fauna
selvatica, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle
specie cacciabili nonché il loro uso in funzione di richiamo. 5. Le province, nell'ambito delle
prescrizioni dettate con il regolamento di cui al comma 4 e ferme restando le
competenze dell'ente nazionale per la cinofilia italiana, autorizzano
l'impianto e l'esercizio degli allevamenti di cani da caccia. 6. Lepri, fagiani, stame e coturnici
prodotte negli allevamenti di cui al comma 1 non possono essere utilizzati per
le immissioni nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9 e
nelle zone sperimentali di cui all'articolo 11, salvo autorizzazione della
giunta regionale, previo parere favorevole dell'istituto nazionale per la
fauna selvatica. Art. 24. Attività di tassidermia
e imbalsamazione. 2. E' consentita l'imbalsamazione
esclusivamente di esemplari appartenenti: a) alla fauna selvatica indigena oggetto di
caccia, purché catturata nel rispetto di tutte le norme venatorie vigenti; b) alla fauna esotica, purché
l'abbattimento e l'importazione o comunque l'impossessamento siano avvenuti
in conformità alla legislazione vigente in materia e non si tratti di specie
protette in base ad accordi internazionali; c) alla fauna domestica. 3. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve
annotare giornalmente in apposito registro, fornito dall'amministrazione
provinciale, tutti i dati relativi agli animali consegnatigli o che comunque
vengano in suo possesso anche temporaneo, con particolare riferimento alla
specie e provenienza di ogni esemplare. Devono essere inoltre indicate le
generalità del cliente che ha consegnato l'animale o le circostanze nelle
quali l'imbalsamatore ne è venuto altrimenti in possesso. 4. All'atto della presentazione della
istanza di autorizzazione, l'interessato è tenuto ad indicare tutti gli
animali, vivi, morti o già preparati, a qualsiasi titolo posseduti. 5. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve
apporre su tutti gli animali preparati o comunque consegnati al cliente o
posti in circolazione un'etichetta inamovibile con l'indicazione del proprio
nome, del numero di autorizzazione, della data di preparazione e del numero
di riferimento del registro di cui al comma 3. 6. I proprietari o possessori di animali
imbalsamati che non rientrino nell'elenco delle specie cacciabili, devono
richiedere alla amministrazione provinciale competente, entro sei mesi
dall'approvazione della presente legge, la apposizione di un contrassegno
inamovibile. L'amministrazione provinciale provvede, dietro rimborso delle
spese, con personale qualificato entro il termine massimo di un anno. Art. 25. Controllo della fauna
selvatica. 1. La giunta regionale, sentiti i comitati
di gestione degli ambiti territoriali di caccia, può vietare o ridurre per
periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica, fra
quelle comprese nell'elenco di cui all'articolo 18 della legge 157/1992, per
importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per
sopravvenute particolari e gravissime condizioni ambientali, stagionali o
climatiche, per malattie o altre calamità. 2. Le province, ai fini della
migliore gestione del patrimonio zootecnico, di tutela del suolo, di tutela
sanitaria, di selezione biologica, di tutela del patrimonio
storico-artistico, di tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche,
provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica in sovrannumero anche
nelle zone in cui è vietata la caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente,
viene praticato mediante cattura, ovvero, qualora l'istituto nazionale per la
fauna selvatica verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di
abbattimento. 3. I piani di cui al comma 2 sono attuati
dalle guardie venatorie dipendenti dalle province. Queste ultime possono
avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani
medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle
guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio
venatorio; possono inoltre avvalersi, ove necessario. delle guardie
volontarie di cui all'articolo 37, purché in possesso della licenza di
caccia, nonché di operatori, muniti di licenza, all'uopo espressamente
autorizzati dalla provincia, selezionati attraverso appositi corsi di
preparazione alla gestione faunistica, direttamente coordinati dal personale
di vigilanza della provincia. 4. Le province, per comprovate ragioni di
protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, possono autorizzare, su
proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello regionale, tramite le loro strutture provinciali,
piani di abbattimento, attuati attraverso il personale di cui al precedente
comma 3, delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme
inselvatichite di specie domestiche. Art. 26. Controllo sanitario
della fauna. 1. La selvaggina, comunque liberata, deve
essere preventivamente assoggettata, a cura di chi effettua il ripopolamento,
ai controlli veterinari che certificano che gli animali sono esenti da
malattie contagiose o non siano portatori di germi patogeni. 2. Chiunque rinvenga capi di selvaggina
morti o in stato fisico anormale, è tenuto a consegnarli al competente
ufficio caccia della provincia per i necessari accertamenti che può avvalersi
delle sezioni locali degli istituti zooprofilattici o istituti universitari. TITOLO VI Esercizio dell'attività venatoria Art. 27. Esercizio venatorio. 1. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto
all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante impiego dei mezzi
di cui all'articolo 13 della legge 157/1992, nonché il vagare o il
soffermarsi con gli stessi mezzi o in attitudine di ricerca della fauna
selvatica o di attesa della medesima per abbatterla o catturarla. 2. Ogni altro modo di abbattimento diverso da quelli di cui al
comma 1 è vietato, a meno che avvenga per caso fortuito o forza maggiore. 3. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco,
ogni titolare di licenza di caccia deve optare, in via esclusiva, per una
delle seguenti forme di caccia: a) vagante in zona alpi; coloro che optano per tale forma non
sono ammessi all'esercizio venatorio nella regione, salvo quanto stabilito
dall'articolo 13, comma 7; b) da appostamento fisso; c) altre forme consentite dalla legge. 5.
La scelta della forma di caccia di cui alle lettere b) e c) del comma 3
consente di esercitare l'attività venatoria anche da appostamenti per la
caccia agli ungulati e ai colombacci e da appostamenti fissi senza richiami
vivi appartenenti alle specie previste dalla legge 157/1992. 6. La caccia agli ungulati può essere
svolta, oltre che nella forma della braccata, anche in quella di selezione,
regolamentata dalle amministrazioni provinciali. 7. Nei dodici mesi successivi al rilascio
della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo
se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre
anni e che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge,
comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo
32 della legge 157/92. 8. La fauna selvatica abbattuta durante
l'esercizio venatorio appartiene a colui che l'abbatte, ovvero a colui che
l'abbia ferita o scovata, se non abbia abbandonato l'inseguimento. 9. Non costituisce esercizio venatorio la
cattura con qualsiasi mezzo di fauna selvatica viva nei centri privati di
produzione allo stato naturale di cui all'articolo 14. Art. 28. Abilitazione
all'esercizio venatorio. 3. La provincia stabilisce le modalità per
lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni
nelle seguenti materie: a) legislazione venatoria; b) elementi di zoologia e biologia della
fauna selvatica, con prove pratiche di riconoscimento delle specie
cacciabili; c) armi e munizioni da caccia e relativa
legislazione; d) elementi di ecologia e principi di salvaguardia della natura
e della produzione agricola; e) norme di pronto soccorso. 5. Coloro i quali siano stati giudicati
inidonei non possono sostenere nuovamente la prova d'esame prima che siano
trascorsi due mesi. 6. Le prove d'esame di cui al comma 3
consistono in una prova scritta, mediante test a risposta multipla, e una
prova orale, in conformità alle disposizioni emanate al riguardo dalla giunta
regionale e secondo un programma approvato dalla giunta medesima. 7. Ogni candidato è tenuto a versare alla
provincia, quale rimborso spese di esame per l'abilitazione venatoria, un
importo, fissato dalla provincia stessa, non superiore a lire 50.000 e
comprensivo degli ausili didattici, nonché del rilascio in carta legale del
certificato di abilitazione. 8. Le province organizzano corsi di
preparazione per il conseguimento dell'abilitazione venatoria e informano sui
contenuti della presente legge, anche in collaborazione con le associazioni
venatorie riconosciute. 9. Le norme di cui al presente articolo si
applicano anche per l'esercizio della caccia mediante uso dell'arco e del
falco. 10. La commissione di cui al comma 1 dura
in carica cinque anni ed è composta: a) da un funzionario provinciale esperto in
problemi faunistico venatori designato dal presidente della provincia, che ne
assume la presidenza; b) da cinque membri, nominati dal
presidente della provincia, esperti nelle materie indicate al comma 3, dei
quali almeno uno laureato in scienze biologiche o in scienze naturali ed
esperto in vertebrati omeotermi; c) da quattro rappresentanti indicati dalle
associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente
rappresentative a livello provinciale; d) da tre rappresentanti indicati dalle
associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale; e) da due rappresentanti indicati dalle
associazioni naturalistiche maggiormente rappresentative a livello regionale; f) da un dipendente della provincia con
funzioni di segretario. 11. La commissione di cui al comma 1 è
validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti. 12. Alla domanda per sostenere la prova
d'esame, da presentarsi alla provincia nel cui territorio il candidato
risiede, deve essere allegato certificato medico di idoneità fisica
all'esercizio venatorio, rilasciato in conformità alle disposizioni vigenti,
nonché il certificato di residenza. 13. Non possono essere membri della
commissione di cui al comma 1 i consiglieri provinciali in carica nella
stessa provincia. Art. 29. Tesserino di caccia. 1. I titolari di licenza di caccia che
esercitano l'attività venatoria sul territorio regionale devono essere in
possesso di apposito tesserino. 2. Il tesserino viene rilasciato dal comune
di residenza e deve indicare: a) le generalità del titolare; b) la forma di caccia praticata in via
esclusiva, scelta fra quelle previste dall'articolo 27, comma 3; c) l'ambito territoriale di caccia
prescelto; d) le specifiche norme stabilite con il
calendario venatorio regionale. 3. Ai fini dell'esercizio della caccia da
parte di residenti in altre regioni, le indicazioni di cui al comma 2 devono
risultare dal tesserino rilasciato dalla regione di residenza. 4. Il tesserino, su modello stabilito dalla
giunta regionale in conformità a quanto previsto dal calendario venatorio è
predisposto dal servizio regionale sport, caccia, pesca e tempo libero ed è
valido per una sola stagione venatoria. 5. Il tesserino è personale; non può essere
rilasciato più di un tesserino intestato alla stessa persona. 7. Ai fini del rilascio del tesserino ai
cittadini della Repubblica di San Marino ivi residenti che scelgono di
esercitare la caccia nel territorio della regione, la giunta regionale
provvede a trasmettere all'organo della Repubblica stessa competente in
materia di caccia un numero di tesserini pari a quello dei richiedenti. 8. I comuni comunicano alla giunta
regionale e alla provincia competente, entro il 15 febbraio di ogni anno, il
numero dei tesserini rilasciati nella precedente annata venatoria. Art. 30. Calendario venatorio
regionale. 1. Entro il 15 giugno di ogni anno la
giunta regionale, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, in
relazione alla situazione ambientale delle diverse realtà territoriali ed in
conformità alle prescrizioni del piano faunistico-venatorio regionale,
stabilisce il calendario venatorio ed il regolamento relativi all'intera
annata venatoria. 2. Entro il termine indicato al comma 1, il
calendario venatorio regionale è pubblicato nel bollettino ufficiale della
Regione. 3. Le specie di selvaggina cacciabili sono
le seguenti: a) dall'1 settembre alla data di chiusura,
fissata annualmente con il calendario venatorio nel rispetto dell'arco
temporale massimo indicato al comma 1 dell'articolo 18 della legge 157/92:
tortora, (streptopelia turtur), quaglia, allodola, colino della Virginia,
starna, pernice rossa, lepre comune, coniglio selvatico, storno, gallinella
d' acqua, porciglione, codone, mazzaiola, mestolone, beccaccino, frullino
combattente, taccola, corvo, cornacchia nera, pittima reale, cornacchia
grigia, ghiandaia, gazza, fagiano; b) dalla terza domenica di settembre al 31
dicembre: passero, passera mattugia, passera oltremontana, merlo; c) dalla terza domenica di settembre al 31
gennaio: cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, germano reale, folaga,
alzavola. canapiglia, fischione, moriglione, moretta, colombaccio, volpe,
beccaccia, pavoncella (6); d) dall'1 ottobre al 30 novembre: capriolo,
cervo, daino, coturnice; e) dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1°
novembre al 31 gennaio: cinghiale (9)(10). settembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/19.30 dal 16 al 30 - ore 6.00/19.15 (vige l'ora legale) ottobre: dal 01 al 15 - ore 5.00/18.00 dal 16 al 31 - ore 5.15/17.30 novembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/17.15 dal 16 al 30 - ore 5.50/17.00 dicembre: dal 01 al 15 - ore 6.00/16.40 dal 16 al 31 - ore 6.00/16.45 gennaio: dal 01 al 15 - ore 6.00/17.15 dal 16 al 31 - ore 5.50/17.45 La caccia di selezione agli ungulati è
consentita fino ad un'ora dopo il tramonto. 5. Le specie di cui al comma 3 sono
cacciabili: a) dal 01 settembre al 30 settembre - tre
giorni fissi: mercoledì, sabato e domenica; b) dal 01 ottobre al 31 gennaio - tre
giorni a scelta del cacciatore, esclusi martedì e venerdì; c) dal 01 ottobre al 30 novembre - la
caccia da appostamento alla selvaggina migratoria è consentita per altri due
giorni a settimana, con esclusione comunque del martedì e venerdì. 6. Per ogni giornata di caccia è consentito
a ciascun titolare di licenza di abbattere i seguenti capi di selvaggina: a) selvaggina stanziale: a1) lepre e coturnice - n. 1 capo; a2) fagiano, starna e pernice rossa - n. 2
capi, non cumulabili con lepre e coturnice; a3) cinghiale - n. 1 capo; b) selvaggina migratoria: b1) quaglie e tortore - n. 10 capi
complessivi; b2) tordi, merli e cesene - n. 25 capi
complessivi; b3) trampolieri e palmipedi - n. 10 capi
complessivi; b4) colombacci - n. 10 capi complessivi; b5) beccacce - n. 5 capi. Il numero massimo di capi abbattibili
appartenenti alle specie citate non può superare complessivamente i 30 capi.
Per le altre specie non elencate, il numero massimo consentito è
complessivamente di 50 capi. 7. La giunta regionale, per motivi
attinenti alla salute e alla sicurezza pubblica, alla sicurezza aerea, alla
necessità di prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla
pesca e alle acque o di protezione della flora e della fauna, ovvero per
consentire attività di ricerca o di insegnamento o per consentire il
ripopolamento o la reintroduzione di specie o l'allevamento connesso a tali
operazioni, può autorizzare, con provvedimento motivato, il prelievo
venatorio in regime di deroga ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della
direttiva 79/409/CEE, delle seguenti specie: passero, passera mattugia,
passera oltremontana, storno, corvo, cornacchia grigia e taccola. 8. La giunta regionale può altresì
consentire in regime di deroga, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera
c), della direttiva 79/409/CEE, previo parere dell'istituto nazionale per la
fauna selvatica per le specie di cui all'allegato 11, il prelievo venatorio,
in condizioni rigidamente controllate, di piccole quantità di esemplari, tra
cui le specie sotto indicate e nei limiti seguenti: a) passero, passera mattugia, passera
oltremontana: dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre con un numero
di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 30 e annualmente pari a
300; b) stono: dal 1 settembre al 16 dicembre,
con un numero di capi prelevabile giornalmente a 30 e annualmente pari a 300; c) cornacchia grigia, corvo, taccola: dal 1
settembre al 16 gennaio, con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente
pari a 50 e annualmente pari a 500. 9. Sono autorizzati ad effettuare il
prelievo previsto dal comma 7 e con le modalità di cui al comma 8 coloro che
esercitano la caccia da appostamento e che abbiano provveduto a richiedere
l'apposito tesserino che consente di indicare i capi prelevati. 11. Ogni cacciatore può allenare ed
utilizzare per l'esercizio venatorio contemporaneamente non più di due cani,
siano essi da cerca o da ferma, o non più di sei cani segugi. 12. Per la caccia alla volpe e al cinghiale
svolta in battuta e nei luoghi interessati dalla presenza di tali specie non
si applicano le limitazioni di cui al comma 11. 13. Nel caso in cui divengano operanti
nuove norme di legge, nuove convenzioni internazionali o nuove direttive
comunitarie, la giunta regionale adegua il calendario venatorio, ove già
pubblicato, entro trenta giorni dalla entrata in vigore delle nuove
disposizioni. Art. 31. Esercizio venatorio da
appostamento fisso e temporaneo. 1. Sono fissi gli appostamenti di caccia
costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito,
destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione venatoria.
L'appostamento cessa di essere fisso quando non vi venga esercitata la caccia
da parte degli aventi diritto. 2. Gli appostamenti fissi non possono
essere ricavati da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a
posto di lavoro, o collocati nel raggio di m. 100 dagli stessi e di m. 150 se
si spara in direzione dei medesimi. 3. Sono considerati appostamenti fissi di
caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni ancorate nelle paludi o negli
stagni o sui margini di specchi d'acqua naturali o artificiali e quelle
ubicate al largo dei laghi e dei fiumi, purché saldamente ancorate al
fondale, destinate all'esercizio venatorio agli acquatici, verso le quali è
consentito l'accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale,
utilizzabile anche per il recupero, in atteggiamento di caccia, della
selvaggina abbattuta o ferita. 4. Gli appostamenti all'avifauna selvatica
acquatica collocati in terraferma devono avere una stabile e definita
occupazione di sito, con copertura d'acqua permanente durante tutto l'anno
del suolo, salvo casi di forza maggiore, pena la revoca dell'autorizzazione. 6. Non sono considerati fissi, agli effetti
della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per
l'esercizio venatorio agli ungulati, ai colombacci e quelli di cui
all'articolo 14, comma 12, legge 157/1992, senza richiami vivi o che usano
richiami non appartenenti alle specie della fauna selvatica. 7. Non è consentito impiantare appostamenti
fissi di caccia a distanza inferiore a m. 200 dai confini delle oasi di
protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, delle zone di ricerca e
sperimentazione faunistica, nonché dei parchi, riserve naturali e centri
pubblici di produzione della selvaggina. 8. Non sono consentiti nuovi appostamenti
fissi a distanza inferiore a m. 300 da altro appostamento fisso preesistente
e, per i colombacci, a m. 300 dal capanno principale. Sono in ogni caso fatte
salve, anche con riferimento alle disposizioni del comma 7, le diverse
distanze relative agli appostamenti fissi preesistenti alla data di entrata
in vigore della presente legge, come pure quelle minori distanze che si
determineranno con la costituzione degli ambiti protetti. 9. Ferma restando l'esclusività della forma
di caccia, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'articolo 27, è
consentito al titolare e alle persone dallo stesso autorizzate solo il
recupero, in attitudine di caccia ed anche con uso del cane, della selvaggina
ferita, entro un raggio di m. 200 dall'appostamento o dall'impianto, ove
trattasi di appostamento per colombacci o acquatici. 10. Durante l'esercizio venatorio da
appostamento è vietata, salvo consenso del titolare, la caccia in forma
vagante a una distanza inferiore a m. 200 dall'appostamento stesso o m. 300
dall'impianto, se trattasi di appostamento a colombacci o acquatici. Oltre al titolare, possono cacciare
nell'appostamento fisso le persone che abbiano scelto tale tipo di caccia, in
numero non superiore a tre, con il consenso del titolare o in assenza del
medesimo. Tale limite non si applica agli appostamenti di cui al comma 19,
come pure agli appostamenti senza richiami vivi o che usano richiami non
appartenenti alle specie della fauna selvatica cacciabile. 12. Le autorizzazioni sono rilasciate
prioritariamente ai titolari dell'appostamento fisso già autorizzati per la
stagione venatoria 1989/1990, o a coloro cui tali autorizzazioni sono state
trasferite negli anni successivi. Le ulteriori autorizzazioni disponibili
sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni, ai portatori di
handicap fisici, ai proprietari e conduttori di fondi che lo richiedano, ai
familiari in linea diretta dei titolari degli appostamenti fissi che siano
deceduti o abbiano smesso l'attività, a coloro che hanno optato per tale
forma di caccia ed a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non
siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante. 13. Le province autorizzano il titolare di
appostamento fisso, che per caso fortuito o per forza maggiore sia costretto
a trovare altro sito, ad impiantare l'appostamento in una zona diversa, con
il diritto di ripristinarlo nel luogo precedentemente autorizzato al venir
meno dell'impedimento. 14. Il cacciatore che opta per la forma di
caccia vagante non può essere titolare di un appostamento fisso con l'uso di
richiami vivi appartenenti alle specie cacciabili. 15. Il titolare dell'appostamento fisso di
caccia autorizzato, previo accordo con il proprietario o conduttore del
fondo, provvede al mantenimento e al miglioramento delle caratteristiche
naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna e della flora,
almeno nel raggio di m. 100 dall'impianto. 16. Sono temporanei gli appostamenti che
non comportino eccessive modificazioni del sito e siano destinati
all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia. Al termine
della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la
costruzione dell'appostamento. E' considerato appostamento temporaneo anche
il sostare dietro a riparo naturale, anche se a distanza inferiore a quella
indicata nel comma 18. 17. Gli appostamenti temporanei non possono
essere situati a distanza inferiore a m. 100 da altro appostamento
temporaneo, a m. 200 da un appostamento fisso, a m. 300 dall'impianto, se
trattasi di appostamento per colombacci o acquatici, salvo consenso del
titolare, e dalle zone previste dal comma 7. 19. Il funzionamento degli appostamenti
fissi per colombacci è limitato al periodo 1 ottobre - 15 novembre; il
relativo periodo di tabellazione coincide con quello consentito per la
caccia. L'attività dell'appostamento può continuare successivamente a tale
data esclusivamente da un solo capanno e può essere esercitata solo da coloro
che abbiano optato per la caccia da appostamento fisso con richiami vivi. 20. Gli appostamenti fissi devono essere
segnalati, a cura del titolare, mediante tabelle esenti da tasse visibili
l'una dall'altra e poste al limite della distanza di rispetto. Art. 32. Detenzione ed uso dei
richiami vivi per la caccia da appostamento. 1. Oltre ai richiami di cattura, sono consentiti
la detenzione e l'uso per l'esercizio dell'attività venatoria di richiami di
allevamento appartenenti alle specie cacciabili. 2. Il consiglio regionale, su proposta
della giunta regionale e sentito il parere dell'istituto nazionale per la
fauna selvatica, disciplina con regolamento, adottato entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'allevamento, la
vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie
cacciabili, muniti di anellini inamovibili rilasciati dalle province anche
avvalendosi di associazioni, enti ed istituti ornitologici legalmente
riconosciuti a livello nazionale e internazionale, nonché il loro uso in
funzione di richiami per la caccia da appostamento. 3. Il regolamento di cui al comma 2
disciplina il possesso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie
di cui all'articolo 22, comma 3, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti
l'attività venatoria da appostamento fisso ai sensi dell'articolo 31, comma
1, di detenere nell'esercizio dell'attività venatoria un numero massimo di
dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta
unità. Ai cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento
temporaneo è consentito detenere durante l'esercizio venatorio richiami vivi
di cattura nel numero massimo complessivo di dieci unità. Qualora l'attività
venatoria sia esercitata da più soggetti nello stesso appostamento, il numero
massimo dei richiami vivi è raddoppiato. Per lo storno è consentito usare il
numero massimo di dieci richiami per ogni cacciatore. 4. Coloro che, alla data di entrata in
vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie
non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un
numero superiore a quello stabilito dal comma 3, sono tenuti a farne denuncia
alla provincia competente entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge stessa, al fine di legittimare la detenzione ed il
possesso. 5. E' vietato l'uso di richiami vivi di cattura
e feriti che non siano identificati mediante anello inamovibile fornito dalla
provincia, numerato secondo le norme regionali, apposto sul tarso di ogni
singolo esemplare. 6. La sostituzione di un richiamo di
cattura può avvenire soltanto in caso di fuga accidentale o dietro consegna
alla provincia del richiamo vivo o morto, munito di anellino. Art. 33. Zone per l'allenamento e
l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile. 1.
Le province, anche concordemente tra di esse, istituiscono le zone destinate
all'allenamento e addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile, e
ne affidano la gestione alle associazioni venatorie riconosciute, alle
associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori
cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati. 2. Tali zone sono distinte in zone A, B, C e D. 3. Le zone A
hanno carattere temporaneo e funzionano solo per la durata degli
allenamenti, delle prove e delle gare di interesse provinciale, regionale,
nazionale o internazionale, con divieto di abbattimento; dette zone,
limitatamente alle bandite demaniali, possono avere carattere permanente se
definite di particolare interesse cinotecnico. 4. Le attività di cui al comma 3 su fauna
selvatica allo stato naturale sono autorizzate dalle province, d'intesa con
l'ente nazionale cinofilia italiana, e possono essere consentite nelle oasi
di protezione e nelle zone di ripopolamento, nonché nei parchi regionali e
bandite demaniali, sentito il parere dell'INFS, previe intese con gli enti
gestori, fermo restando il divieto di abbattimento. 5.
Le zone B, di estensione fino a tremila ettari, hanno carattere permanente
salvo revoca e possono essere utilizzate per tutte le altre gare o prove e
per l'addestramento e l'allenamento dei cani per tutto l'anno, con divieto di
abbattimento. In tali zone è vietata la caccia. 6. Le zone C, di estensione da tre a cinquanta ettari, hanno
carattere permanente e sono
istituite per l'addestramento e l'allenamento dei cani, anche con
l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili; il
periodo di funzionamento è fissato dalla provincia. 7. Su richiesta del titolare possono essere
istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani di tipo C nelle
aziende agri- turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende
faunistico-venatorie. 8. Le zone di tipo D o tane artificiali
riguardano esclusivamente l'addestramento, l'allenamento e le prove, su fauna
allevata, per cani da tana; tali zone, di estensione non superiore ad un ettaro,
devono essere recintate. 9.
Possono essere altresì istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei
cani da seguito con la presenza di cinghiale, di estensione non superiore ai 10. Le amministrazioni provinciali possono
autorizzare gare cinofile su selvaggina liberata in territorio non vincolato
e previo consenso dei proprietari o del conduttore del fondo su cui si svolge
la gara. Art. 34. Risarcimento dei danni
prodotti dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria. 1. Per far fronte ai danni non altrimenti
risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui
terreni coltivati o a pascoli dalla fauna selvatica, in particolare da quella
protetta, e dall'esercizio dell'attività venatoria, è costituito un fondo
regionale destinato alla prevenzione e ai risarcimenti. 2. I danni arrecati dalle specie selvatiche
possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalla
provincia o dai comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia. 3. Con il fondo di cui al comma 1, le
province, risarciscono i danni provocati dalla fauna selvatica alle
coltivazioni agricole nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e
cattura, nelle zone di sperimentazione e nei centri pubblici di riproduzione
di fauna selvatica. 4. Il risarcimento dei danni provocati nei
centri privati di riproduzione di fauna selvatica, nelle aziende
faunistico-venatorie, nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone per
l'addestramento dei cani e per le gare cinofile fa carico ai rispettivi
concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli ambiti territoriali
di caccia è disposto dai comitati di gestione, d'intesa con le province. 5. Ai fini della gestione del fondo è
costituito e preposto un comitato in ciascuna provincia, composto da: a) l'assessore provinciale delegato alla
materia; b) tre rappresentanti delle organizzazioni
agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale; c) tre rappresentanti delle associazioni
venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a
livello provinciale. 6. Il proprietario o conduttore del fondo è
tenuto a denunciare immediatamente i danni alla provincia o al comitato di
gestione dell'ambito territoriale di caccia, qualora costituito. Questi
procedono tempestivamente, in relazione al tipo di coltura, alle necessarie
verifiche anche mediante sopralluoghi ed ispezioni e provvedono alla
liquidazione nei novanta giorni successivi. Art. 35. Tasse di concessione
regionale. 1. Sono soggetti a tassa di concessione
regionale, all'atto del rilascio o del rinnovo: a) l'autorizzazione all'esercizio di
appostamento fisso; b) l'autorizzazione all'esercizio delle
aziende faunistico-venatorie e delle aziende agrituristico-venatorie; c) l'autorizzazione all'esercizio di centri
privati di riproduzione della fauna selvatica; d) l'abilitazione venatoria. 2. Le tasse di cui al comma 1, lettere a),
b) e c) sono dovute nella misura fissata rispettivamente dalle voci n. 15, n.
16.1 e n. 16.2 della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e
successive modificazioni. 3. La tassa di cui al comma 1, lettera d),
relativa alla voce n. 17, lettere a), b) e c) della tariffa annessa al D.Lgs.
22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni, è fissata nella misura del
cinquanta per cento della tassa erariale di cui al n. 26, sottonumero I,
della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e successive
modificazioni. 4. La tassa di cui al comma 1, lettera a),
qualora l'appostamento sia utilizzato per la caccia al colombaccio ed ai
palmipedi e trampolieri e sia costituito da uno o più capanni sussidiari in
aggiunta al capanno principale, è dovuta per ciascuno dei capanni
autorizzati. 5. La tassa per il rinnovo della
abilitazione venatoria non è dovuta qualora il cacciatore non eserciti
l'attività venatoria durante l'anno di riferimento, ovvero la eserciti
esclusivamente all'estero. 6. Nel caso di diniego della licenza di
porto di fucile per uso di caccia, la tassa regionale deve essere rimborsata.
La tassa di concessione regionale viene rimborsata inoltre al cacciatore che,
rinunciando all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia, rinunci
anche all'attività venatoria. 7. Per il finanziamento o il concorso nel
finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio a fini faunistici
presentati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e
maggiormente rappresentative a livello regionale e dalle associazioni
agricole maggiormente rappresentative a livello regionale che contemplino,
tra l'altro, nell'ambito della programmazione regionale, la creazione di
strutture per l'allevamento di fauna selvatica e di riproduttori nel periodo
autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna
selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di tecnologie innovative
non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agrituristica di
percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale
della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di
prevenire incendi, è utilizzata la percentuale del gettito derivante dalla
tassa di cui al comma 1, lettera d), stabilita all'articolo 41, comma 2,
lettera a). Art. 36. Vigilanza venatoria. 1. La vigilanza sull'applicazione della
normativa vigente in materia faunistico-venatoria è affidata: a) agli agenti venatori dipendenti dalle
province, che devono espletare tale servizio con almeno un agente dipendente
ogni tremila ettari di territorio utile alla caccia o protetto a fini venatori; b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole
e di protezione ambientale presenti nel comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute
dai competenti organi statali alle quali sia attribuita la qualifica di
guardia giurata ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. 2. La vigilanza di cui al comma 1 è
affidata, altresì, agli ufficiali, sottoufficiali e guardie del corpo
forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi regionali, agli
ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali,
forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del R.D.
18 giugno 1931, n. 773; è affidata altresì alle guardie ecologiche volontarie
riconosciute ai sensi della L.R. 19 luglio 1992, n. 29. 3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni
nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza. 4. Agli agenti venatori pubblici
con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del
territorio in cui esercitano le funzioni. Per le guardie venatorie volontarie tale divieto è limitato al
tempo in cui vengono esercitate le funzioni. 5. Le province coordinano l'attività delle
guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e ambientaliste. Art. 37. Guardie venatorie
volontarie ed ecologiche. 1.
La qualifica di guardia venatoria volontaria può essere concessa a cittadini
in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle province, previo
superamento di un apposito esame. 2. La commissione d'esame per il rilascio
dell'attestato di cui al comma 1 è nominata dalla provincia ed è composta da: a) un funzionario della provincia con
funzioni di presidente; b) un funzionario della Regione; c) un esperto scelto tra i docenti del
corso di preparazione e aggiornamento di cui all'articolo 38; d) due rappresentanti delle associazioni
venatorie riconosciute operanti nella provincia; e) due rappresentanti delle associazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale; f) due rappresentanti delle associazioni di
protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello provinciale; g) un rappresentante dell'ente nazionale
cinofilia italiana. 3. La commissione di cui al comma 2 è
validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti. 4. Ai componenti la commissione non è
dovuta alcuna indennità. 5. La giunta regionale stabilisce le
materie oggetto di esame e determina le modalità di ammissione all'esame stesso,
nonché la procedura del suo svolgimento. 6. I cittadini in possesso della qualifica
di guardia venatoria volontaria, a norma del R.D. 18 giugno 1931, n. 773,
alla data di entrata in vigore della legge 157/1992, non sono soggetti
all'esame di idoneità di cui al comma 1 ed acquisiscono anche la qualifica di
guardia ecologica, ai sensi e per gli effetti di cui alla L.R. 29/1992. 7. Le province svolgono ogni due anni corsi di aggiornamento per
guardie venatorie volontarie. Ai corsi sono tenuti a partecipare, per almeno
i due terzi delle lezioni, le guardie venatorie volontarie già abilitate; a
quelli svolti dalle province sono tenuti a partecipare gli agenti venatori
dipendenti dalla provincia stessa. Art. 38. Corsi di preparazione
per aspiranti guardie venatorie volontarie. 1. Le province organizzano corsi di
preparazione delle aspiranti guardie venatorie volontarie. Per
l'organizzazione dei corsi le province possono avvalersi delle associazioni
venatorie, agricole e di protezione ambientale di cui all'articolo 36, comma
1, sull'attività delle quali esercitano la vigilanza. Art. 39. Divieti e limitazioni. 1. E' vietato: a) cacciare nei giardini, nei parchi
pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti
ad attività sportive; b) cacciare nei parchi nazionali, nei
parchi naturali regionali e nelle riserve naturali, conformemente alla
legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali; c) cacciare nelle oasi di protezione e
nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione della fauna
selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che non presentino
condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica,
individuate con atto della giunta regionale, sentito il parere dell'istituto
nazionale per la fauna selvatica; d) cacciare ove vi siano opere di difesa
dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile della
autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano
delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto; e) cacciare nelle aie e nelle corti o altre
pertinenze di fabbricati rurali salvo quelli in stato di evidente abbandono;
nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e
stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a
cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili,
eccettuate le strade poderali ed interpoderali; f) sparare da distanza inferiore a
centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o
da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in
caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili
adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria
e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di
funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi,
stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed
all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione
agro-silvo-pastorale; g) trasportare, all'interno di centri
abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo
di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per
l'esercizio venatorio, armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche
ed inserite nella custodia. L'attraversamento delle zone di divieto di cui
alla lettera e) è consentito con armi da fuoco scariche; h) cacciare a rastrello in più di tre
persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili
da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua; i) cacciare sparando da veicoli a motore o
da natanti o da aeromobili; l) cacciare a distanza inferiore a cento
metri da macchine operatrici agricole in funzione; m) cacciare quando il territorio è coperto in tutto o per la
maggior parte di neve. E' comunque consentita la caccia a palmipedi e
trampolieri negli specchi d'acqua artificiali, laghi, stagni e acquitrini,
purché non siano in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio, entro un
massimo di mt. 50 dalle relative rive o argini; n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua
artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni
allagati da piene di fiume; o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli
nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei
casi previsti dall'articolo 22, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e
cattura, nei centri di riproduzione della fauna selvatica, nelle oasi di protezione,
nelle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie per sottrarli
a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto
avviso nelle ventiquattro ore successive alla provincia competente; p) usare richiami vivi, al di fuori dei
casi previsti dall'articolo 32, comma 1, salvo quanto previsto dall'articolo
31, comma 6; q) usare richiami vivi non provenienti da
allevamento nella caccia agli acquatici salvo quanto previsto dall'articolo
31, comma 6; r) usare a fini di richiamo uccelli vivi
accecati o mutilati, ovvero legati per le ali, e richiami acustici a
funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, esclusa la
civetta meccanica, con o senza amplificazione del suono; s) cacciare negli specchi d'acqua ove si
esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle
valli da pesca quando il possessore le circondi con tabelle esenti da tasse,
indicanti il divieto di caccia; t) commerciare fauna selvatica morta non
proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere
gastronomico; u) usare munizione spezzata per la caccia
agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze
adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare
impiego di civette vive; usare armi da sparo munite di silenziatore o
impostate con scatto provocato dalla preda, fare impiego di balestre; v) vendere a privati e detenere da parte di
questi reti da uccellagione; z) produrre, vendere e detenere trappole
per la fauna selvatica; aa) esercitare in qualunque forma il tiro a
volo su uccelli, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 33; bb) vendere, detenere per vendere,
acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati
facilmente riconoscibili appartenenti alla fauna selvatica, che non
appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos);
pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara);
starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba
palumbus), salvo quelli provenienti dall'estero muniti della relativa
certificazione; cc) commerciare esemplari vivi di specie di
avifauna selvatica nazionale non provenienti da allevamenti, salvo quelli
provenienti dall'estero muniti della relativa certificazione e quelli già
posseduti e denunciati dalle province fino al loro esaurimento; dd) rimuovere, danneggiare o comunque
rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte a specifici
ambiti territoriali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 635 del
Codice penale; ee) detenere, acquistare e vendere
esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami
vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge, e della fauna
selvatica lecitamente abbattuta; ff) l'uso dei segugi per la caccia al
camoscio; gg) cacciare in tutti i valichi montani
indicati nei calendari venatori ed interessati dalle rotte di migrazione
dell'avifauna individuate dalla Regione, su segnalazione dell'istituto
nazionale per la fauna selvatica, per una distanza di mille metri dagli
stessi; hh) ricorrere a forme di uccellagione e di
cattura di uccelli e di mammiferi selvatici; ii) utilizzare per l'esercizio venatorio
armi e mezzi non rientranti fra quelli ammessi dall'articolo 13 della legge
157/1992; ll) cacciare in forma vagante sui terreni
in attualità di coltivazione previsti dall'articolo 15, comma 7, della legge
157/1992, nonché in quelli individuati ai sensi dell'articolo 21, comma 4; mm) cacciare nei fondi chiusi da muro, rete
metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,20 o
da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno
m. 1,50 e la larghezza di almeno m. 3,00; nn) cacciare nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado
e semibrado, secondo quanto stabilito all'articolo 21, comma 9; N.B. (Art. 21 comma oo) immettere o liberare fauna selvatica
nelle aziende faunistico- venatorie dalla data del 31 agosto a quella di
chiusura della caccia alle specie da immettere; pp) immettere o liberare fauna selvatica
nel territorio regionale fatto salvo quanto previsto dagli articoli 14 e 23
della presente legge; qq) effettuare la posta alla beccaccia e la
caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino; rr) usare, durante l'esercizio venatorio,
un numero di cani superiore a quello previsto dall'articolo 30, comma 11; ss) usare petardi o attrezzi similari per
scovare fauna selvatica; tt) recare disturbo alla fauna selvatica al
fine di provocarne la fuoriuscita per scopi venatori da ambiti in cui è
vietata la caccia; uu) usare fonti luminose per la ricerca
della fauna selvatica durante le ore notturne, fatte salve eventuali
autorizzazioni rilasciate dalla provincia competente per territorio; vv) addestrare o condurre cani liberi al di
fuori delle zone e dei tempi consentiti dalla presente legge, fatta eccezione
per cani da pastore al seguito del bestiame; zz) abbandonare bossoli di cartucce durante
l'esercizio venatorio. Art. 40. Sanzioni. 1. Ferme restando le sanzioni previste
dall'articolo 31 della legge 157/1992, per la violazione della normativa
statale e regionale in materia faunistico-venatoria, salvo che il fatto sia
previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni
amministrative pecuniarie: a) da lire b) da lire c) da lire d) da lire e) da lire f) da lire g) da lire h) da lire i) da lire l) da lire m) da lire n) da lire o) da lire p) da lire q) da lire r) da lire s) da lire t) da lire u) da lire v) l'esercizio della tassidermia o
imbalsamazione senza l'autorizzazione di cui all'articolo 24 è soggetto alla
sanzione amministrativa da lire z) la violazione di ogni altro obbligo
previsto dall'articolo 24 o dalle prescrizioni contenute nella relativa
autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 2. Per le violazioni di cui all'articolo 3. Per le violazioni non espressamente
previste si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
lire 5. Nelle ipotesi in cui, ai sensi
dell'articolo 32 della legge 157/1992, è prevista la sospensione o la revoca
della licenza di fucile per uso di caccia, è disposta altresì, per un periodo
di pari durata, la sospensione del tesserino. 6. Le funzioni inerenti all'irrogazione
delle sanzioni amministrative sono esercitate dalle province, che riscuotono
i relativi proventi. 7. Per quanto non previsto dalla presente
legge e dalla legge 157/1992 si osservano le procedure contemplate nella L.R.
5 luglio 1983, n. 16. TITOLO VII Disposizioni finanziarie Art. 41. Ripartizione dei
proventi. 1. Sono stanziate, per le finalità indicate
al comma 2, somme pari almeno alla totalità dei proventi derivanti dalle
tasse regionali di concessione in materia di caccia. 2. Le somme di cui al comma 1 sono
ripartite come appresso: a) venticinque per cento alla Regione per i
compiti di cui alla presente legge; b) sessantacinque per cento alle province per
l'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge, compreso il rimborso
spese ai comuni per il rilascio dei tesserini di cui all'articolo 29; c) dieci per cento alle associazioni
venatorie riconosciute a livello nazionale, operanti nella regione. Art. 42. Autorizzazioni di spesa. 1. I proventi delle tasse di concessione
regionale in materia venatoria affluiscono al capitolo del bilancio regionale
1001003, già istituito nello stato di previsione delle entrate, al titolo I,
categoria I, così modificato "proventi delle tasse di concessione
regionale in materia venatoria" e, per gli anni successivi, al capitolo
corrispondente. 2. Agli oneri derivanti dall'applicazione
della presente legge si fa fronte con le entrate di cui al comma precedente. 3. La legge di bilancio determina
annualmente l'entità delle seguenti spese a carattere continuativo previste
nella presente legge: a) spese per interventi regionali in campo
faunistico e venatorio, per attività tecniche di ricerca in materia di caccia
previste dalla presente legge e per iniziative di formazione, promozione e
rappresentanza della Regione di cui all'articolo 2, comma 2; b) spese per l'erogazione alle province di
somme occorrenti all'esercizio delle funzioni attribuite di cui all'articolo
2, comma 1; c) concessione di contributi alle
associazioni venatorie per organizzazione di interventi in materia di
gestione faunistica e per la realizzazione di convegni e seminari in materia
di caccia di cui all'articolo 35, comma 5. TITOLO VIII Disposizioni transitorie e finali Art. 43. Rapporto sull'attività
di vigilanza. 1. Le province, entro il 31 marzo di ogni
anno, trasmettono alla Regione, ai fini di cui all'articolo 33 della legge
157/1992, una relazione sullo stato dei servizi preposti alla vigilanza,
contenente il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole
fattispecie di illecito, nonché un prospetto riepilogativo delle sanzioni
applicate. Art. 44. Rinvio ed abrogazione. 1. Entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, i titolari delle autorizzazioni rilasciate ai sensi
degli articoli 11 e 34 della L.R. 8/1983 sono tenuti ad adeguarsi alle
disposizioni di cui agli articoli 14 e 23. 2. Trascorso tale termine, autorizzazione a
suo tempo rilasciata decade di diritto. 3. Fino all'entrata in vigore del
regolamento concernente l'istituzione e la disciplina delle aziende
faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico venatorie di cui
all'articolo 13, continuano ad operare le disposizioni contenute nel
regolamento regionale 12 aprile 1984, n. 15. 4. Per quanto non previsto dalla presente
legge si osservano le norme della legge 157/1992, le disposizioni di
esecuzione delle convenzioni internazionali e le norme comunitarie vigenti. 5. Quanto disposto dal comma 4
dell'articolo 15, dal comma 5 dell'articolo 6. Art. 45. Dichiarazione d'urgenza. 1. La presente legge è dichiarata urgente
ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel
bollettino ufficiale della Regione. _____________________ (1) Comma già modificato dall'art. 22 della
L.R. 11 maggio 1999, n. 7 e così ulteriormente modificato dall'art. 22 della
L.R. 23 marzo 2000, n. 21. (2) Comma aggiunto dall'art. 45 della L.R.
5 maggio 1997, n. 28. (3) Comma aggiunto dall'art. 40 della L.R.
5 maggio 1998, n. 12. (4) Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R.
11 maggio 1999, n. 7. (5) Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R.
23 marzo 2000, n. 21. (6) Lettera così sostituita dall'art. 1
della L.R. 5 gennaio 1995, n. 8. (7) Articolo così sostituito dall'art. 35
della L.R. 7 maggio 2001, n. 11. (8) Comma così modificato dall'art. 35
della L.R. 7 maggio 2001, n. 11. (9) Comma così modificato dall'art. 35
della L.R. 7 maggio 2001, n. 11. (10) Vedi Errata Corrige pubblicata sul
B.U. 11 maggio 2001, n. 13 - supplemento. |