Legge regione Marche sulla caccia
Legge 5 Gennaio 1995 n.7

 

Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria.

TITOLO I

Disposizioni generali

Art. 1. Finalità.

1. La Regione tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione dell'utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali e disciplina il prelievo venatorio nel rispetto delle tradizioni locali e dell'equilibrio ambientale, nell'ambito delle funzioni ad essa trasferite e nell'osservanza dei principi e delle norme stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, dalle direttive comunitarie e dalle convenzioni internazionali.

2. La fauna selvatica costituisce bene ambientale ed è tutelata e protetta in attuazione dell'articolo 5 dello Statuto regionale, nell'interesse della comunità internazionale, nazionale e regionale.

3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi effettivo danno alle produzioni agricole.

4. E' obiettivo della programmazione regionale promuovere il mantenimento e la riqualificazione degli habitat naturali e seminaturali al fine di adeguare ed incrementare la popolazione di tutte le specie di mammiferi ed uccelli, viventi naturalmente allo stato selvatico nel loro territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative della regione, assicurando l'eliminazione o la riduzione dei fattori di squilibrio e di degrado ambientale.

5. La Regione promuove la realizzazione di specifiche iniziative a carattere naturalistico, faunistico-venatorio, allo scopo di contribuire allo sviluppo dell'economia agricola montana.

Art. 2. Esercizio delle funzioni.

1. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge sono attribuite alle province.

2. Le province, per l'espletamento delle proprie funzioni, provvedono ad istituire una commissione tecnica di coordinamento per la gestione faunistica.

3. La Regione esercita le funzioni amministrative, di programmazione, di coordinamento e controllo previste dalla presente legge.

Art. 3. Pianificazione faunistico-venatoria.

1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è così ripartito:

a) per una quota dal 20 al 25 per cento, di cui fino al 50 per cento riservato alle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9, comprese le aree in cui è comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre disposizioni, o nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia ai sensi dell'articolo 21;

b) per una quota fino al 12 per cento, è destinato alla costituzione delle aziende faunistico-venatorie ed a quelle agri-turistico-venatorie di cui all'articolo 13;

c) per una quota massima pari all'1 per cento, è destinato ai centri privati di produzione della selvaggina di cui all'articolo 14;

d) per una quota massima pari al 2 per cento, è destinato a zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile di cui all'articolo 33.

2. Sul rimanente territorio si esercita la gestione programmata della caccia secondo le modalità stabilite dal titolo IV.

3. La pianificazione faunistico-venatoria si articola nel piano regionale e nei piani provinciali.

4. Il piano faunistico-venatorio regionale e i piani faunistico- venatori provinciali hanno durata quinquennale e possono essere aggiornati nel periodo della loro validità.

5. Entro il 15 ottobre dell'anno precedente la scadenza del piano faunistico regionale, la giunta regionale trasmette al consiglio la proposta di piano faunistico-venatorio regionale.

6. Entro il 31 dicembre il consiglio regionale, sentiti la conferenza regionale delle autonomie e il comitato economico e sociale ai sensi dell'articolo 7 della L.R. 5 settembre 1992, n. 46, le associazioni venatorie e le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, approva il piano, che viene pubblicato nello stesso termine nel bollettino ufficiale della Regione.

7. Entro il 31 gennaio successivo le province, sulla base e in conformità ; al piano regionale, elaborano la prima stesura dei piani faunistico-venatori di rispettiva competenza, trasmettendoli, entro lo stesso termine, al presidente della giunta regionale.

8. Entro il 10 febbraio la giunta regionale trasmette i piani provinciali alla conferenza regionale delle autonomie ai sensi dell'articolo 15, comma 4, della L.R. 46/1992.

9. Entro il 31 marzo la giunta regionale, sulla base del parere della conferenza regionale delle autonomie, formula le proprie osservazioni sui piani provinciali.

10. Le province approvano i piani faunistici definitivi entro il 30 aprile, tenendo conto delle osservazioni formulate dalla giunta regionale.

11. Fino all'entrata in vigore del piano faunistico-venatorio regionale conserva efficacia la pianificazione preesistente, con la possibilità per le amministrazioni provinciali di restituire alla caccia le zone di ripopolamento e cattura in scadenza, fermo restando l'obbligo di istituirne delle altre di pari superficie.

Art. 4. Piano faunistico-venatorio regionale.

1. Il piano faunistico-venatorio regionale detta criteri e indirizzi per la stesura dei piani provinciali di cui all'articolo 5, anche in base ai criteri forniti dai competenti organi dello Stato ai sensi dell'articolo 10, comma 11, della legge 11 febbraio 1992, n. 157; il piano faunistico- venatorio regionale assicura il perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, comma 5.

2. Il piano faunistico-venatorio regionale disciplina:

a) il regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali;

b) le attività tese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di modalità omogenee di rilevazione e di censimento;

c) i criteri per la individuazione dei territori sui quali possono essere costituite aziende faunistico venatorie, aziende agri-turistico- venatorie e centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;

d) gli indirizzi e le modalità di coordinamento delle attività previste dalla presente legge con gli obiettivi ed i criteri previsti dalla normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali protette;

e) il piano finanziario regionale annuale per la realizzazione degli interventi faunistici-venatori;

f) il rapporto numerico minimo tra gli agenti di vigilanza dipendenti dalle province ed il territorio agro-silvo-pastorale.

3. Il piano faunistico-venatorio regionale è corredato da:

a) cartografie del territorio regionale in scala 1:100.000 e 1:10.000, indicanti le emergenze naturalistiche e le utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione faunistico-venatoria;

b) carta delle potenzialità e delle vocazioni faunistiche;

c) programma di protezione della fauna selvatica autoctona di cui sia accertata una diminuzione della popolazione sul territorio regionale;

d) programma di salvaguardia delle zone montane per l'incremento e il controllo della tipica fauna selvatica appenninica.

Art. 5. Piani faunistico-venatori provinciali.

1. I piani faunistico-venatori provinciali sono articolati per comprensori omogenei e definiscono:

a) le oasi di protezione;

b) le zone di ripopolamento e cattura;

c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;

d) i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;

e) la densità, la collocazione e la estensione massima complessiva delle aziende faunistico-venatorie ed agro-turistiche-venatorie in ogni comprensorio faunistico omogeneo;

f) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare cinofile;

g) i criteri per la determinazione del risarcimento a favore dei conduttori dei fondi rustici dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);

h) i criteri per la corresponsione degli incentivi a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);

i) le zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;

l) i criteri di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale della fauna selvatica;

m) i criteri di immissione della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 10, comma 7, della legge 157/1992;

n) le destinazioni delle zone di cui all'articolo 12, comma 5.

2. Le province si dotano di apposite strutture tecniche per la programmazione e la gestione della fauna selvatica e del relativo ambiente.

Art. 6. Modalità di approvazione dei piani faunistici-venatori provinciali.

1. Le province, sentite le comunità montane, approvano i piani faunistici venatori. Le province garantiscono la partecipazione delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie, delle associazioni di protezione ambientale alla formazione dei piani faunistici- venatori provinciali.

2. I piani faunistici-venatori hanno durata quinquennale, sono articolati per comprensori omogenei ed hanno i contenuti indicati dall'articolo 5 della presente legge e dagli indirizzi regionali di pianificazione faunistica venatoria.

3. I piani faunistici-venatori provinciali sono approvati nel rispetto delle procedure di cui all'articolo 3.

4. Il piano faunistico-venatorio provinciale approvato è pubblicizzato a cura della provincia per le finalità di cui al comma 3 dell'articolo 15 della legge statale e depositato nelle segreterie della provincia e dei comuni territorialmente interessati per la libera consultazione. Dell'approvazione è dato avviso nel bollettino ufficiale della Regione.

5. Qualora le province non approvino i piani faunistici venatori nel termine previsto, vi provvede, previa diffida, la giunta regionale in via sostitutiva.

6. Con le procedure di cui al presente articolo e nei termini ivi indicati, le province provvedono alle variazioni dei propri piani faunistico-venatori.

Art. 7. Commissione tecnica provinciale per il coordinamento della gestione faunistica.

1. In ogni provincia è costituita una commissione tecnica per il coordinamento della gestione faunistica con funzioni consultive.

2. La commissione di cui al comma 1 è convocata e presieduta dal presidente o suo delegato ed è composta da:

a) sette rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute ai sensi dell'articolo 34 della legge 157/1992;

b) un rappresentante dell'ente nazionale per la cinofilia italiana;

c) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;

d) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale;

e) un rappresentante per ciascuna delle comunità montane comprese nel territorio;

f) i presidenti designati dalle organizzazioni di gestione degli ambiti territoriali di caccia istituiti nella provincia.

3. Svolge funzioni di segretario il dirigente del servizio provinciale competente in materia di caccia o suo delegato.

4. Le associazioni di cui al comma 2, lettere a), c) e d) sono quelle maggiormente rappresentative a livello provinciale.

TITOLO II

Zone di protezione speciale della fauna

Art. 8. Oasi di protezione.

1. Le oasi di protezione sono destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica.

2. Esse sono costituite in territori idonei per ambienti naturali, ove non esistono consistenti colture specializzate, con preferenza all'interno dei parchi naturali.

3. Nell'ambito delle oasi di protezione sono vietati 1' esercizio venatorio, salvo quanto previsto dall'articolo 25.

4. Le oasi di protezione sono istituite dalle province e sono soppresse, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12, qualora non sussistano più, per modificazioni oggettive, certificate dall'istituto nazionale per la fauna selvatica sulla base di specifici censimenti delle specie di interesse faunistico, le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità.

5. Alla gestione delle oasi di protezione, con particolare riguardo ai censimenti annuali, al ripristino dell'ambiente per gli scopi di cui al presente articolo ed alle catture temporanee a scopo scientifico, provvedono le province, che possono avvalersi della collaborazione delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, stipulando con esse apposite convenzioni.

6. La provincia, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, può ; autorizzare nelle oasi di protezione catture a scopo di studio; può altresì autorizzare il personale di vigilanza, in collaborazione con le associazioni venatorie e le organizzazioni professionali agricole, sentito l'istituto stesso, alla cattura di esemplari viventi di determinate specie di fauna selvatica quando esse arrechino danni rilevanti alle colture agricole o forestali e, per l'eccessivo numero dei capi, turbino l'equilibrio biologico dell'ambiente.

7. La selvaggina catturata ai sensi del comma 6 viene destinata al ripopolamento dei territori depauperati.

8. Delle operazioni compiute si redige processo verbale che costituisce atto fornito di pubblica fede.

Art. 9. Zone di ripopolamento e cattura.

1. Le zone di ripopolamento e cattura sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio.

2. Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite dalle province tenuto conto delle vocazioni faunistiche del territorio, e sono soppresse qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità. Nell'atto di costituzione vengono stabiliti i risarcimenti previsti per i danni alle produzioni agricole, nonché gli incentivi per la salvaguardia e l'incremento della fauna selvatica ed il miglioramento ambientale. La istituzione delle zone di ripopolamento e cattura ha efficacia per cinque anni.

3. Le operazioni di cattura e di immissione di fauna selvatica sono disposte dalla provincia che si avvale, sotto la sua diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni venatorie.

4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche principalmente interessate. L'immissione di soggetti riproduttori avviene in relazione alla superficie della zona stessa.

5. In ogni zona di ripopolamento e cattura devono essere effettuati almeno due censimenti annuali, nel periodo febbraio-marzo per rilevare la consistenza dei riproduttori e nel periodo settembre-ottobre per la verifica del successo riproduttivo.

6. Nel territorio delle zone di ripopolamento le province realizzano attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie di fauna selvatica per le quali esse sono state costituite.

7. Le catture devono essere compiute in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica. Almeno il 40 per cento della fauna selvatica catturata deve essere liberato nei territori dei comuni ove insiste la zona di ripopolamento e cattura.

8. Nelle zone di ripopolamento e cattura possono essere autorizzate dalle province l'allenamento e l'addestramento dei cani e gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento della fauna selvatica, sempre che non si arrechi danno alle colture agricole e non si immetta fauna ad eccezione di quella preventivamente autorizzata.

9. Nel territorio delle zone di ripopolamento e cattura è vietata ogni forma di caccia, salvo quanto previsto dall'articolo 25.

10. Le province, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, formulano, in base alle previsioni del piano faunistico-venatorio provinciale, un programma decennale di destinazione del territorio per la costituzione delle zone di cui al presente articolo. Il programma può essere aggiornato nel periodo della sua validità.

11. Le province possono avvalersi delle associazioni venatorie ed agricole per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura, nonché per la vigilanza, attraverso le guardie giurate volontarie, coordinate dalle stesse province.

12. Alla scadenza prevista, il territorio della zona di ripopolamento è restituito alla caccia con le modalità fissate dalle amministrazioni provinciali, sentita la commissione tecnica di cui all'articolo 7. I cacciatori residenti nell'ambito territoriale in cui insiste la zona e i proprietari o conduttori dei fondi ubicati all'interno della zona che abbiano la disponibilità di almeno due ettari di terreno, anche se non residenti, purché titolari di licenza di caccia, hanno diritto di accedervi in via esclusiva.

Art. 10. Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.

1. I centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica sono istituiti e gestiti dalle province, di preferenza su terreni demaniali e su quelli ad agricoltura estensiva. Essi hanno per scopo la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, al fine della ricostituzione del patrimonio faunistico autoctono, da utilizzare esclusivamente per le azioni di ripopolamento o rinsanguamento del territorio provinciale e sono soppressi, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12, qualora non sussistano più le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità.

2. Nel territorio dei centri devono essere realizzate attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di produzione e di incremento delle specie di fauna selvatica per le quali gli stessi sono stati costituiti.

3. Le operazioni di cattura e di immissione di fauna selvatica sono disposte dalla provincia che si avvale, sotto la sua diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni venatorie.

4. In ogni centro di riproduzione della fauna selvatica devono essere effettuati almeno due censimenti annuali, nel periodo febbraio-marzo per rilevare la consistenza dei riproduttori e nel periodo settembre-ottobre per la verifica del successo riproduttivo.

5. Nei centri di cui al comma 1 è vietata ogni forma di caccia, salvo quanto previsto dall'articolo 25.

Art. 11. Zone di ricerca e di sperimentazione faunistica.

1. La Regione, nell'esercizio delle funzioni amministrative di programmazione, sentito il parere delle amministrazioni provinciali, delle comunità montane interessate, dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, delle associazioni venatorie riconosciute e delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, istituisce due zone di ricerca e sperimentazione faunistica in ogni provincia di dimensioni comprese tra 1.500 e 2.000 ettari, al fine di favorire studi sulla biologia della fauna selvatica, sul miglioramento delle tecniche di ambientamento e di incremento della fauna selvatica, in particolare di quella autoctona, e di favorire 1' impiego di tecniche agricole idonee per la salvaguardia della fauna e per il ripristino degli habitat.

2. Per la gestione delle zone è istituito un comitato di gestione composto da:

a) l'assessore regionale alla caccia o un suo delegato che ne assume la presidenza;

b) gli assessori provinciali alla caccia o loro delegati;

c) cinque rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale operanti nella regione;

d) tre rappresentanti delle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;

e) un rappresentante regionale dell'ente nazionale cinofilia italiana;

f) un rappresentante indicato dall'università ricadente nella provincia o comunque nella regione;

g) il direttore dell'istituto nazionale per la fauna selvatica o un suo delegato.

3. Nel rispetto delle indicazioni fornite dal comitato di cui al comma 2, per la gestione tecnico-amministrativa di ciascuna zona, le province possono istituire apposite commissioni di gestione nelle quali, qualora la zona stessa insista in territorio montano, deve essere assicurata la rappresentanza delle comunità montane.

4. L'istituzione delle zone di cui al comma 1, avviene con le procedure di cui all'articolo 12 e le province provvedono alle relative tabellazioni secondo le modalità determinate dalla giunta regionale.

5. Il provvedimento istituito indica il perimetro, l'estensione del territorio, la durata e stabilisce le forme con cui si promuove la collaborazione dei proprietari dei conduttori dei fondi, nonché le modalità straordinarie di tutela della selvaggina e delle attività agricole.

6. Ai fini della istituzione delle zone di cui al comma 1, la provincia, con la collaborazione delle associazioni venatorie riconosciute e delle organizzazioni agricole, provvede ad acquisire il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi compresi nella zona, stipulando specifiche convenzioni riguardanti il rimborso delle spese, comprese quelle di vigilanza, e le eventuali indennità connesse con gli obblighi derivanti dall'attività di ricerca e di sperimentazione.

7. Per tutto il periodo della sperimentazione le zone di cui al presente articolo sono sottoposte al regime previsto dall'articolo 9 per le zone di ripopolamento e cattura.

8. Al termine della sperimentazione il territorio delle zone di cui al comma 1 è restituito alla caccia nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12.

9. Nelle zone di cui al presente articolo si applicano le normative e gli incentivi previsti dal reg. 92/2078/CEE e successive modificazioni.

10. Nessun compenso è dovuto ai componenti del comitato di cui al comma 2.

Art. 12. Procedura di costituzione delle zone di protezione speciale.

1. Le province determinano entro il 31 gennaio di ciascun anno, con le modalità stabilite dalla giunta regionale, il perimetro delle zone da vincolare, ai sensi degli articoli 8, 9 e 10.

2. L'atto che determina il perimetro delle zone di protezione viene notificato ai proprietari o conduttori dei fondi mediante deposito presso la sede dei comuni territorialmente interessati, pubblicazione per estratto nel foglio degli annunzi legali della provincia e affissione di apposito manifesto nei comuni, frazioni o borgate interessati e comunicato ai proprietari.

3. Qualora, entro sessanta giorni dalla data della pubblicazione nel foglio degli annunzi legali, sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali ai sensi dell'articolo 10, comma 14, della legge 157/1992, da parte di proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere costituita, salvo quanto stabilito al comma 7.

4. Decorso il termine indicato al comma 3, ove non sia stata presentata opposizione, le province provvedono alla istituzione della zona di protezione.

5. Nelle zone che non siano state vincolate per l'opposizione manifestata, ai sensi del comma 3, dai proprietari o conduttori dei fondi, resta in ogni caso precluso l'esercizio dell'attività venatoria per un periodo non superiore alla validità del piano faunistico provinciale; la provincia può destinare tali zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione venatoria del territorio.

6. I piani faunistico-venatori provinciali determinano le zone di cui al comma 5, che rientrano nella percentuale del territorio protetto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a).

7. La giunta regionale determina le modalità di delimitazione del territorio delle zone di cui agli articoli 8, 9, 10 e 15.

8. Qualora ricorrano particolari necessità ambientali, le province possono costituire coattivamente oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura sui territori per i quali sia stata presentata opposizione da parte dei proprietari o conduttori dei fondi ai sensi del comma 3.

TITOLO III

Strutture di iniziativa privata

Art. 13. Aziende faunistico venatorie e aziende agri-turistico- venatorie.

1. Le province, su richiesta degli interessati e sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, previo consenso dei proprietari o conduttori dei fondi, nei limiti della quota massima di territorio agro- silvo-pastorale stabilita all'articolo 3, comma 1, lettera b), possono autorizzare:

a) la costituzione di aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche, con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica;

b) la costituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola;

c) la trasformazione delle aziende faunistico-venatorie disciplinate dal regolamento regionale 12 aprile 1984, n. 15, in aziende agri-turistico- venatorie.

2. In mancanza di consenso da parte dei proprietari e conduttori dei fondi, per motivate esigenze tecniche legate alla riproduzione ed all'irradiamento della fauna selvatica, le province possono includere coattivamente nel territorio delle aziende di cui al comma 1 porzioni di terreno per superfici non superiori al 10 per cento dell'estensione delle aziende stesse, stabilendo nel provvedimento la misura e le modalità di pagamento dell'indennità da corrispondere ai proprietari dei terreni inclusi, fermo restando la necessità del consenso dei proprietari per l'esecuzione di eventuali opere o interventi nei fondi di rispettiva pertinenza.

3. Coloro che richiedono la costituzione di aziende faunistico- venatorie debbono allegare alla domanda di autorizzazione un programma di conservazione e di ripristino ambientale.

4. Nelle aziende faunistico-venatorie la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio di cui all'articolo 30 ai titolari delle aziende e a coloro che siano dagli stessi autorizzati, secondo piani di assestamento e di abbattimento presentati annualmente dai titolari delle aziende ed approvati dalla provincia. In ogni caso nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica dalla data del 31 agosto a quella di chiusura della caccia alle relative specie.

5. Nelle aziende agri-turistico-venatorie sono possibili l'immissione e l'abbattimento, senza limitazione di capi, di fauna selvatica di allevamento per l'intera durata della stagione venatoria.

6. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:

a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;

b) coincidere di preferenza con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del reg. 88/1094/CEE del consiglio.

7. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 può essere praticato nelle forme di cui all'articolo 27, indipendentemente dalla scelta effettuata dal cacciatore.

8. Le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico- venatorie sono sottoposte a controllo da parte dell'amministrazione provinciale avvalendosi anche della commissione tecnica di cui all'articolo 7.

9. Il consiglio regionale determina con regolamento le modalità di costituzione e di funzionamento delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie di nuova costituzione.

10. Le aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie di nuova costituzione non possono essere confinanti, fra loro deve intercorrere la distanza di almeno 500 metri. Tale distanza deve essere rispettata anche nei confronti di altri istituti faunistici o faunistico- venatori già costituiti.

Art. 14. Centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.

1. Le province autorizzano la costituzione di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentita la cattura con qualsiasi mezzo di animali vivi allevati appartenenti a specie cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate.

2. L'autorizzazione dei centri privati è subordinata all'osservanza di apposito disciplinare contenente le prescrizioni per l'esercizio delle attività autorizzate.

3. La provincia ha diritto di prelazione sull'acquisto di fauna selvatica prodotta nei centri privati di cui al comma 1; a tal fine la provincia, entro il mese di novembre di ogni anno, comunica ai centri privati il proprio fabbisogno.

4. L'autorizzazione alla costituzione di un centro privato di riproduzione di fauna selvatica è revocata qualora il titolare dell'impresa agricola contravvenga alle norme di cui al presente articolo, nonché alle disposizioni impartite con il provvedimento di autorizzazione.

5. In particolare, la revoca è disposta qualora il titolare dell'impresa agricola:

a) non rispetti il diritto di prelazione della provincia;

b) eserciti nel centro privato l'attività venatoria o ne consenta a terzi l'esercizio.

6. La provincia, prima di procedere alla revoca dell'autorizzazione, assegna all'interessato un termine di trenta giorni per la presentazione di eventuali deduzioni.

TITOLO IV

Gestione programmata della caccia

Art. 15. Ambiti Territoriali di Caccia (ATC).

1. Il territorio agro-silvo-pastorale della regione che non è destinato alle finalità di cui ai titoli II e III, è suddiviso in ambiti territoriali di caccia, nei quali la caccia viene praticata in forma programmata.

2. La Regione, sentite le province, le comunità montane, le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale presenti sul territorio regionale e le associazioni venatorie riconosciute, ripartisce il territorio agro-silvo-pastorale ai fini della costituzione di ambiti territoriali di caccia, i quali devono essere delimitati, ove possibile, da confini naturali e comunque da confini ben determinati ed individuabili.

3. Il territorio agro-silvo-pastorale è ripartito in ambiti territoriali di caccia sub-provinciali; in ciascuna provincia non possono essere costituiti più di tre ambiti territoriali di caccia.

4. La prima perimetrazione di carattere sperimentale, può essere modificata, entro il 31 marzo 1997 su richiesta motivata dei relativi comitati di gestione; in seguito la perimetrazione è soggetta a revisione con la scadenza dei piani faunistici.

5. L'accesso all'ambito territoriale di caccia per l'esercizio venatorio alla lepre, al fagiano, alla starna, alla coturnice e alla pernice rossa spetta di diritto ai residenti nell'ambito stesso. Qualora vi fosse capienza in relazione all'indice di densità venatoria massima di cui al comma 7, l'accesso è consentito anche ai cacciatori residenti in altri ambiti, o che abbiano scelto altri ambiti, sulla base dei seguenti criteri di priorità :

a) proprietari o conduttori di fondi rustici aventi estensione non inferiore a cinque ettari;

b) residenti nella provincia;

c) residenti nei comuni marchigiani a più alta densità venatoria, individuati dalla Regione;

d) residenti nella regione;

e) residenti in altre regioni o nella Repubblica di San Marino.

6. In base alla convenzione di amicizia e di buon vicinato del 31 marzo 1939 con la Repubblica di San Marino, i cittadini di detta Repubblica sono ammessi all'esercizio dell'attività venatoria sul territorio regionale, previa iscrizione in un ambito di propria scelta, alle condizioni e nei limiti di cui al presente atto.

7. Ferme restando le indicazioni statali concernenti l'indice di densità venatoria, la giunta regionale determina annualmente, sulla base dei dati censuari, la densità venatoria massima nei territori a gestione programmata della caccia, costituita dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale regionale.

8. Ogni cacciatore residente nella regione Marche ha diritto di accesso gratuito, a domanda, da presentare all'amministrazione provinciale competente per territorio per la caccia a tutte le specie consentite, escluse lepre, fagiano, starna, pernice rossa e coturnice, in tutti gli ambiti territoriali di caccia istituiti nella regione previo il pagamento di una sola quota. La domanda è presentata contestualmente all'iscrizione dell'ambito territoriale di caccia tramite barramento della sigla della/e provincia/e in cui il cacciatore intende accedere ed è cura del comitato di gestione dell'ambito destinatario dell'iscrizione predisporre i debiti elenchi per trasmetterli alla/e provincia/e (1).

9. La provincia può autorizzare, con delibera motivata, i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia ad ammettere nei rispettivi territori di competenza, sulla base delle priorità fissate al comma 5, un numero di cacciatori superiore a quello stabilito purché sia stato accertato, mediante censimenti, un saldo positivo della popolazione delle specie individuate dallo stesso comma.

Art. 16. Iscrizione nell'ambito territoriale di caccia (7).

1. Il cacciatore ha titolo all'iscrizione agli ATC.

2. Per l'iscrizione nell'ATC di residenza, il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato di gestione sul modulo predisposto dalla Provincia. Per gli anni successivi, il rinnovo dell'iscrizione all'ATC avviene con il pagamento della quota prevista al comma 5, da effettuarsi entro il 31 maggio.

3. Per l'iscrizione ad un ATC diverso da quello di residenza, il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato di gestione dell'ATC prescelto entro il 15 giugno di ogni anno. Il comitato di gestione dell'ATC accoglie le domande con le priorità previste dall'articolo 15, comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine di presentazione, e ne trasmette copia alla Provincia di residenza entro il successivo 30 giugno.

4. Il mancato accoglimento della domanda di cui al comma 3 deve essere motivato dal comitato di gestione dell'ATC e comunicato all'interessato che, entro quindici giorni, può fare ricorso alla Provincia competente per territorio per violazione dei criteri previsti all'articolo 15. La Provincia deve dare risposta entro quarantacinque giorni. L'accoglimento del ricorso comporta di diritto l'iscrizione all'ATC. Nel caso che il diniego dell'iscrizione sia dovuto a indisponibilità di posti, il cacciatore ha diritto all'iscrizione all'ATC di residenza.

5. L'iscrizione ad ogni ambito territoriale di caccia, per quanto riguarda la caccia alle specie di fauna selvatica di cui all'articolo 15, comma 5, è subordinata al versamento annuale di lire 100.000. Per chi esercita la caccia da appostamento fisso, la quota è di lire 30.000, con l'obbligo di curare l'ambiente in maniera idonea nel raggio di m. 100 dall'appostamento o dall'impianto.

6. La Regione attiva scambi interregionali per realizzare un'equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tal fine determina, entro il 31 luglio di ciascun anno, il numero dei cacciatori non residenti ammissibili nelle Marche, regolamentandone l'accesso mediante specifici accordi con ciascuna Regione. Per l'esercizio venatorio alle sole specie migratrici, nel rispetto di quantitativi definiti di giornate e cacciatori, il contenuto di tali accordi potrà prevedere deroghe a quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 15.

Art. 17. Statuto e organi degli ambiti territoriali di caccia.

1. Sono organi di ciascun ambito territoriale:

a) l'assemblea dei rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale cui sono iscritti i cacciatori, dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello locale e dei rappresentanti delle organizzazioni protezionistiche maggiormente rappresentative a livello locale;

b) il presidente;

c) il comitato di gestione;

d) il collegio dei revisori dei conti.

2. Lo statuto di ciascun ambito e le sue modificazioni sono approvati dall'assemblea di cui al comma 1, lettera a).

3. Lo statuto disciplina:

a) le modalità di convocazione e di svolgimento dell'assemblea dei rappresentanti delle associazioni venatorie;

b) le modalità per la elezione del presidente, del comitato di gestione e del collegio dei revisori dei conti;

c) le modalità di funzionamento degli organi, le rispettive competenze e responsabilità, nonché le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti.

4. I rappresentanti delle associazioni venatorie nei comitati di gestione sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali.

Art. 18. Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.

1. In ogni ambito territoriale di caccia è costituito un comitato preposto alla gestione dell'ambito medesimo.

2. Il presidente della provincia, entro trenta giorni

dall'approvazione del piano faunistico-venatorio regionale di cui all'articolo 4, nomina, per ciascun ambito territoriale, un comitato così composto:

a) un rappresentante della provincia, esperto in materia faunistico- venatoria;

b) un rappresentante del comune con maggior superficie agro-silvo- pastorale compreso nell'ambito stesso e un rappresentante delle comunità montane;

c) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative;

d) tre rappresentanti delle organizzazioni venatorie riconosciute a livello nazionale;

e) due rappresentanti delle organizzazioni protezionistiche.

I rappresentanti di cui alle lettere c), d) ed e) sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al principio della rappresentatività nel territorio e sono scelti fra persone residenti nell'ambito territoriale di caccia.

3. Non possono essere designati alla carica di presidente o di membro del comitato coloro i quali abbiano commesso negli ultimi cinque anni infrazioni per cui sia stata disposta la sospensione della licenza di caccia.

4. Il comitato di gestione approva entro sessanta giorni dalla nomina il proprio statuto, sentiti i rappresentanti delle associazioni venatorie dei cacciatori, dei coltivatori e degli ambientalisti iscritti all'ambito.

5. Il comitato di gestione rimane in carica tre anni (8).

6. In caso di inerzia o di gestione non rispondente alle necessità, il comitato di gestione dell'ambito è sostituito dalla provincia; in caso di assenza non giustificata a tre sedute consecutive, il componente il comitato decade ed è sostituito su designazione degli enti o associazioni di cui al comma 2.

7. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge e dallo statuto, i comitati di cui al presente articolo sono regolati secondo le disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III del codice civile, in quanto applicabile.

Art. 19. Compiti dei comitati di gestione.

1. L'ATC ha compiti di gestione faunistica e di organizzazione dell'esercizio venatorio nel territorio di competenza. A tale fine entro 4 mesi dal loro insediamento i comitati di gestione, sulla base degli indirizzi della pianificazione provinciale, approvano un proprio programma nel quale devono essere previsti:

a) i piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e dei prelievi di fauna selvatica e di riqualificazione ambientale e faunistica;

b) la realizzazione di allevamenti di fauna stanziale, organizzati in forma di azienda agricola e muniti di adeguate strutture per la produzione, l'allevamento e l'adattamento in libertà della fauna selvatica utilizzabile per i programmi di immissione, prelievo e riqualificazione di cui alla lettera a);

c) le condizioni perché venga garantita una consistenza di base della fauna selvatica durante tutto l'anno solare.

2. La provincia controlla la conformità dei programmi annuali degli interventi degli ATC con il piano faunistico venatorio provinciale.

3. I comitati di gestione trasmettono detti programmi entro il 31 gennaio di ogni anno alla provincia che può richiederne la revisione in caso di difformità.

4. I comitati direttivi degli ATC per l'espletamento di funzioni di servizio, possono dotarsi con fondi propri di strutture tecniche amministrative e di collaboratori o di personale particolarmente qualificato nel campo della gestione della fauna.

5. La provincia esercita forme di raccordo tra gli ATC tramite la commissione tecnica provinciale per il coordinamento della gestione faunistica per determinare uniformità degli interventi gestionali della fauna selvatica.

6. I comitati di gestione promuovono ed organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica; programmano gli interventi per il miglioramento degli habitat; provvedono all'attribuzione degli incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:

a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;

b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale della fauna selvatica e degli uccelli, particolarmente nelle zone di sperimentazione di cui all'articolo 11, nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9 e nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del reg. 88/1094/CEE del consiglio e successive modificazioni;

c) il ripristino di zone umide e di fossati;

d) la differenziazione delle colture;

e) la coltivazione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;

f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;

g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti per l'ambientamento della fauna selvatica.

7. I comitati di gestione provvedono, altresì, al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria, nonché all'erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi, nelle misure stabilite dalla provincia ai sensi dell'articolo 34.

8. Il personale tecnico della provincia, nonché la commissione tecnica provinciale di cui all'articolo 7, verificano i risultati dei programmi presentati dai comitati di gestione e qualora i risultati conseguiti non siano rispondenti ai programmi presentati, ne chiedono ragione e propongono i provvedimenti del caso.

9. Entro il 31 marzo di ogni anno, i comitati presentano alla provincia il rendiconto tecnico e finanziario relativo all'utilizzo dei finanziamenti loro eventualmente assegnati a carico del bilancio provinciale o regionale.

Art. 20. Fondo regionale per i contributi a favore di proprietari o conduttori agricoli.

1. E' istituito il fondo regionale per la concessione di contributi previsti dall'articolo 15, comma 1, della legge 157/1992 ai proprietari o conduttori di terreni agricoli al quale affluisce una percentuale del gettito delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 35.

2. L'entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale della Regione.

3. La giunta regionale definisce le modalità per l'utilizzazione del fondo e, in particolare, determina i criteri per la concessione e la liquidazione dei contributi con riferimento, in via prioritaria, agli interventi di valorizzazione dell'ambiente e di conservazione delle specie di fauna selvatica ed avuto riguardo all'estensione dei fondi rustici e agli indirizzi colturali ivi praticati, nel rispetto anche di quanto previsto dall'articolo 19, comma 2.

4. La giunta regionale ripartisce annualmente il fondo di cui al comma 1 tra le province che si avvalgono, per l'erogazione, dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia interessati.

Art. 21. Fondi sottratti alla gestione programmata della caccia.

1. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio provinciale, richiesta motivata alla provincia, specificando anche l'eventuale durata del divieto stesso.

2. La provincia provvede entro i successivi sessanta giorni. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria, ed inoltre nei casi nei quali l'attività venatoria sia in contrasto con le esigenze di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali, tecniche biologiche, o al fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.

3. Il divieto di esercitare l'attività venatoria opera anche nei confronti del proprietario o conduttore del fondo. Tale divieto decade al venir meno delle ragioni per le quali era stato richiesto. La decadenza è dichiarata dalla provincia.

4. La giunta regionale determina le modalità per la delimitazione dei confini dei fondi nei quali è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ai sensi dei commi 1 e 2.

5. L esercizio venatorio è vietato e chiunque nei fondi rustici chiusi da muro, rete metallica o altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,20, nonché da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno m. 1,50 e la larghezza di almeno m. 3,00.

6. I fondi chiusi devono essere notificati, a cura del proprietario o del conduttore, alla giunta regionale e alla provincia, precisando l'estensione del fondo ed allegando planimetria catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei relativi confini. I proprietari o i conduttori dei fondi provvedono ad apporre a proprio carico adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.

7. La superficie dei fondi di cui ai commi 1 e 5 entra a far parte della quota del territorio agro-silvo-pastorale della regione destinata a protezione della fauna selvatica di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a).

8. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli oliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione del seme fino alla data del raccolto, vivai, terreni in imboschimento fino a cinque anni, colture orticole e floreali a pieno campo. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione, individuati dalla giunta regionale su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.

9. L'esercizio venatorio è inoltre vietato nei fondi ove si pratica l'allevamento o il pascolo del bestiame custodito allo stato brado o semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni in rete o steccati, fili metallici o plastificati, siepi o altre barriere naturali, con almeno un numero di capi per ettaro pari a dieci se trattasi di ovini e caprini o a cinque capi se trattasi di bovini ed equini.

TITOLO V

Forme di controllo e di utilizzo della fauna diverse dall'attività  venatoria

Art. 22. Cattura ed utilizzazione di fauna selvatica a scopo scientifico e per richiamo.

1. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente a scopo di studio e di ricerca scientifica gli istituti scientifici delle università e del consiglio nazionale delle ricerche, nonché i musei di storia naturale, a catturare ed utilizzare esemplari di mammiferi ed uccelli nonché a prelevare le uova, nidi e piccoli nati.

2. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero può inoltre, sentiti l'istituto nazionale per la fauna selvatica e la provincia interessata, rilasciare autorizzazioni a svolgere attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico a coloro che abbiano partecipato a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso istituto, e che abbiano superato il relativo esame finale.

3. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero, previo parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare le province che ne facciano richiesta a gestire impianti finalizzati all'attività di cattura per l'inanellamento e la cessione a fini di richiamo. La cessione ad uso di richiamo è consentita solo per gli esemplari appartenenti alle specie individuate dall'articolo 4, comma 4, della legge 157/1992 ed è gratuita. Gli esemplari eventualmente catturati appartenenti ad altre specie debbono essere inanellati ed immediatamente liberati.

4. La vendita di uccelli di richiamo provenienti da altre regioni o dall'estero è vietata se non si dimostra la lecita provenienza.

5. Nella gestione degli impianti di cui al comma 3 le province utilizzano personale qualificato e valutato idoneo dall'istituto nazionale per la fauna selvatica.

6. La giunta regionale ai fini del soccorso, detenzione, terapia e successiva liberazione della fauna selvatica in libertà, si avvale di un centro di recupero adeguatamente attrezzato con ambulatorio veterinario sotto la diretta responsabilità di un veterinario di comprovata esperienza in materia di fauna selvatica avicola e mammiferi selvatici.

7. Chi abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati deve darne notizia all'istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto istituto.

Art. 23. Allevamenti.

1. Gli allevamenti di fauna selvatica possono avere i seguenti scopi: di ripopolamento, alimentare, ornamentale e amatoriale ovvero di richiamo.

2. Le province autorizzano l'impianto e l'esercizio degli allevamenti di cui al comma 1.

3. Il titolare di un'impresa agricola può impiantare ed esercitare gli allevamenti di cui al comma 1 dandone semplice comunicazione alla provincia competente, fermo restando l'obbligo di conformarsi alle prescrizioni dettate dal regolamento di cui al comma 4.

4. Con apposito regolamento, da emanarsi entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge, vengono determinate le modalità per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 2 e quelle relative al rilascio delle autorizzazioni concernenti le attività cinotecniche nel rispetto delle norme di cui alla legge 23 agosto 1993, n. 349 e del decreto 28 gennaio 1994 del ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. In particolare per gli allevamenti a scopo di richiamo vengono disciplinate, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili nonché il loro uso in funzione di richiamo.

5. Le province, nell'ambito delle prescrizioni dettate con il regolamento di cui al comma 4 e ferme restando le competenze dell'ente nazionale per la cinofilia italiana, autorizzano l'impianto e l'esercizio degli allevamenti di cani da caccia.

6. Lepri, fagiani, stame e coturnici prodotte negli allevamenti di cui al comma 1 non possono essere utilizzati per le immissioni nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9 e nelle zone sperimentali di cui all'articolo 11, salvo autorizzazione della giunta regionale, previo parere favorevole dell'istituto nazionale per la fauna selvatica.

Art. 24. Attività di tassidermia e imbalsamazione.

1. L'amministrazione provinciale rilascia l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di tassidermia ed imbalsamazione previo parere della commissione tecnico-venatoria di cui all'articolo 7 e previo accertamento della buona conoscenza della fauna e delle tecniche della tassidermia e della imbalsamazione.

2. E' consentita l'imbalsamazione esclusivamente di esemplari appartenenti:

a) alla fauna selvatica indigena oggetto di caccia, purché catturata nel rispetto di tutte le norme venatorie vigenti;

b) alla fauna esotica, purché l'abbattimento e l'importazione o comunque l'impossessamento siano avvenuti in conformità alla legislazione vigente in materia e non si tratti di specie protette in base ad accordi internazionali;

c) alla fauna domestica.

3. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve annotare giornalmente in apposito registro, fornito dall'amministrazione provinciale, tutti i dati relativi agli animali consegnatigli o che comunque vengano in suo possesso anche temporaneo, con particolare riferimento alla specie e provenienza di ogni esemplare. Devono essere inoltre indicate le generalità del cliente che ha consegnato l'animale o le circostanze nelle quali l'imbalsamatore ne è venuto altrimenti in possesso.

4. All'atto della presentazione della istanza di autorizzazione, l'interessato è tenuto ad indicare tutti gli animali, vivi, morti o già preparati, a qualsiasi titolo posseduti.

5. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve apporre su tutti gli animali preparati o comunque consegnati al cliente o posti in circolazione un'etichetta inamovibile con l'indicazione del proprio nome, del numero di autorizzazione, della data di preparazione e del numero di riferimento del registro di cui al comma 3.

6. I proprietari o possessori di animali imbalsamati che non rientrino nell'elenco delle specie cacciabili, devono richiedere alla amministrazione provinciale competente, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, la apposizione di un contrassegno inamovibile. L'amministrazione provinciale provvede, dietro rimborso delle spese, con personale qualificato entro il termine massimo di un anno.

Art. 25. Controllo della fauna selvatica.

1. La giunta regionale, sentiti i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia, può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica, fra quelle comprese nell'elenco di cui all'articolo 18 della legge 157/1992, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari e gravissime condizioni ambientali, stagionali o climatiche, per malattie o altre calamità.

2. Le province, ai fini della migliore gestione del patrimonio zootecnico, di tutela del suolo, di tutela sanitaria, di selezione biologica, di tutela del patrimonio storico-artistico, di tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica in sovrannumero anche nelle zone in cui è vietata la caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato mediante cattura, ovvero, qualora l'istituto nazionale per la fauna selvatica verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di abbattimento.

3. I piani di cui al comma 2 sono attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio; possono inoltre avvalersi, ove necessario. delle guardie volontarie di cui all'articolo 37, purché in possesso della licenza di caccia, nonché di operatori, muniti di licenza, all'uopo espressamente autorizzati dalla provincia, selezionati attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica, direttamente coordinati dal personale di vigilanza della provincia.

4. Le province, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, possono autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro strutture provinciali, piani di abbattimento, attuati attraverso il personale di cui al precedente comma 3, delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche.

Art. 26. Controllo sanitario della fauna.

1. La selvaggina, comunque liberata, deve essere preventivamente assoggettata, a cura di chi effettua il ripopolamento, ai controlli veterinari che certificano che gli animali sono esenti da malattie contagiose o non siano portatori di germi patogeni.

2. Chiunque rinvenga capi di selvaggina morti o in stato fisico anormale, è tenuto a consegnarli al competente ufficio caccia della provincia per i necessari accertamenti che può avvalersi delle sezioni locali degli istituti zooprofilattici o istituti universitari.

3. In caso di epizoozia, la provincia, sentito il servizio veterinario della unità sanitaria interessata, dispone gli interventi tecnici necessari alla salvaguardia del patrimonio faunistico.

TITOLO VI

Esercizio dell'attività venatoria

Art. 27. Esercizio venatorio.

1. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante impiego dei mezzi di cui all'articolo 13 della legge 157/1992, nonché il vagare o il soffermarsi con gli stessi mezzi o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla o catturarla.

2. Ogni altro modo di abbattimento diverso da quelli di cui al comma 1 è vietato, a meno che avvenga per caso fortuito o forza maggiore.

3. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, ogni titolare di licenza di caccia deve optare, in via esclusiva, per una delle seguenti forme di caccia:

a) vagante in zona alpi; coloro che optano per tale forma non sono ammessi all'esercizio venatorio nella regione, salvo quanto stabilito dall'articolo 13, comma 7;

b) da appostamento fisso;

c) altre forme consentite dalla legge.

4. L'opzione per la forma di caccia deve essere comunicata alla provincia di residenza al conseguimento della abilitazione all'esercizio venatorio e quando viene ripresa l'attività venatoria sospesa; entro il 30 giugno, di ogni anno, i cacciatori che intendono variare l'opzione già presentata devono darne comunicazione alla provincia di residenza.

5. La scelta della forma di caccia di cui alle lettere b) e c) del comma 3 consente di esercitare l'attività venatoria anche da appostamenti per la caccia agli ungulati e ai colombacci e da appostamenti fissi senza richiami vivi appartenenti alle specie previste dalla legge 157/1992.

6. La caccia agli ungulati può essere svolta, oltre che nella forma della braccata, anche in quella di selezione, regolamentata dalle amministrazioni provinciali.

7. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni e che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge, comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32 della legge 157/92.

8. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio appartiene a colui che l'abbatte, ovvero a colui che l'abbia ferita o scovata, se non abbia abbandonato l'inseguimento.

9. Non costituisce esercizio venatorio la cattura con qualsiasi mezzo di fauna selvatica viva nei centri privati di produzione allo stato naturale di cui all'articolo 14.

10. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito di licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con i massimali determinati ai sensi dell'articolo 12 della legge 157/1992.

Art. 28. Abilitazione all'esercizio venatorio.

1. L'esercizio venatorio in qualsiasi forma, compresa quella con l'arco e con il falco, è consentito solo a chi abbia conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di pubblici esami davanti ad una commissione nominata dalla provincia.

2. L'abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia e per la concessione della stessa in caso di revoca.

3. La provincia stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:

a) legislazione venatoria;

b) elementi di zoologia e biologia della fauna selvatica, con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;

c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione; d) elementi di ecologia e principi di salvaguardia della natura e della produzione agricola;

e) norme di pronto soccorso.

4. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie oggetto di esame. La commissione valuta la preparazione del candidato con un giudizio di idoneità o inidoneità; in caso di idoneità, il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.

5. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei non possono sostenere nuovamente la prova d'esame prima che siano trascorsi due mesi.

6. Le prove d'esame di cui al comma 3 consistono in una prova scritta, mediante test a risposta multipla, e una prova orale, in conformità alle disposizioni emanate al riguardo dalla giunta regionale e secondo un programma approvato dalla giunta medesima.

7. Ogni candidato è tenuto a versare alla provincia, quale rimborso spese di esame per l'abilitazione venatoria, un importo, fissato dalla provincia stessa, non superiore a lire 50.000 e comprensivo degli ausili didattici, nonché del rilascio in carta legale del certificato di abilitazione.

8. Le province organizzano corsi di preparazione per il conseguimento dell'abilitazione venatoria e informano sui contenuti della presente legge, anche in collaborazione con le associazioni venatorie riconosciute.

9. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante uso dell'arco e del falco.

10. La commissione di cui al comma 1 dura in carica cinque anni ed è composta:

a) da un funzionario provinciale esperto in problemi faunistico venatori designato dal presidente della provincia, che ne assume la presidenza;

b) da cinque membri, nominati dal presidente della provincia, esperti nelle materie indicate al comma 3, dei quali almeno uno laureato in scienze biologiche o in scienze naturali ed esperto in vertebrati omeotermi;

c) da quattro rappresentanti indicati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello provinciale;

d) da tre rappresentanti indicati dalle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;

e) da due rappresentanti indicati dalle associazioni naturalistiche maggiormente rappresentative a livello regionale;

f) da un dipendente della provincia con funzioni di segretario.

11. La commissione di cui al comma 1 è validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti.

12. Alla domanda per sostenere la prova d'esame, da presentarsi alla provincia nel cui territorio il candidato risiede, deve essere allegato certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio, rilasciato in conformità alle disposizioni vigenti, nonché il certificato di residenza.

13. Non possono essere membri della commissione di cui al comma 1 i consiglieri provinciali in carica nella stessa provincia.

Art. 29. Tesserino di caccia.

1. I titolari di licenza di caccia che esercitano l'attività venatoria sul territorio regionale devono essere in possesso di apposito tesserino.

2. Il tesserino viene rilasciato dal comune di residenza e deve indicare:

a) le generalità del titolare;

b) la forma di caccia praticata in via esclusiva, scelta fra quelle previste dall'articolo 27, comma 3;

c) l'ambito territoriale di caccia prescelto;

d) le specifiche norme stabilite con il calendario venatorio regionale.

3. Ai fini dell'esercizio della caccia da parte di residenti in altre regioni, le indicazioni di cui al comma 2 devono risultare dal tesserino rilasciato dalla regione di residenza.

4. Il tesserino, su modello stabilito dalla giunta regionale in conformità a quanto previsto dal calendario venatorio è predisposto dal servizio regionale sport, caccia, pesca e tempo libero ed è valido per una sola stagione venatoria.

5. Il tesserino è personale; non può essere rilasciato più di un tesserino intestato alla stessa persona.

6. In caso di deterioramento involontario o di smarrimento del tesserino, il comune di residenza ne rilascia un duplicato, previa esibizione di copia della denuncia di smarrimento presentata agli organi di polizia o del vecchio tesserino deteriorato, che deve essere ritirato.

7. Ai fini del rilascio del tesserino ai cittadini della Repubblica di San Marino ivi residenti che scelgono di esercitare la caccia nel territorio della regione, la giunta regionale provvede a trasmettere all'organo della Repubblica stessa competente in materia di caccia un numero di tesserini pari a quello dei richiedenti.

8. I comuni comunicano alla giunta regionale e alla provincia competente, entro il 15 febbraio di ogni anno, il numero dei tesserini rilasciati nella precedente annata venatoria.

Art. 30. Calendario venatorio regionale.

1. Entro il 15 giugno di ogni anno la giunta regionale, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, in relazione alla situazione ambientale delle diverse realtà territoriali ed in conformità alle prescrizioni del piano faunistico-venatorio regionale, stabilisce il calendario venatorio ed il regolamento relativi all'intera annata venatoria.

2. Entro il termine indicato al comma 1, il calendario venatorio regionale è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione.

3. Le specie di selvaggina cacciabili sono le seguenti:

a) dall'1 settembre alla data di chiusura, fissata annualmente con il calendario venatorio nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1 dell'articolo 18 della legge 157/92: tortora, (streptopelia turtur), quaglia, allodola, colino della Virginia, starna, pernice rossa, lepre comune, coniglio selvatico, storno, gallinella d' acqua, porciglione, codone, mazzaiola, mestolone, beccaccino, frullino combattente, taccola, corvo, cornacchia nera, pittima reale, cornacchia grigia, ghiandaia, gazza, fagiano;

b) dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: passero, passera mattugia, passera oltremontana, merlo;

c) dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, germano reale, folaga, alzavola. canapiglia, fischione, moriglione, moretta, colombaccio, volpe, beccaccia, pavoncella (6);

d) dall'1 ottobre al 30 novembre: capriolo, cervo, daino, coturnice;

e) dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (9)(10).

4. L'esercizio venatorio ha inizio e termine secondo gli orari di seguito indicati:

settembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/19.30

dal 16 al 30 - ore 6.00/19.15

(vige l'ora legale)

ottobre: dal 01 al 15 - ore 5.00/18.00

dal 16 al 31 - ore 5.15/17.30

novembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/17.15

dal 16 al 30 - ore 5.50/17.00

dicembre: dal 01 al 15 - ore 6.00/16.40

dal 16 al 31 - ore 6.00/16.45

gennaio: dal 01 al 15 - ore 6.00/17.15

dal 16 al 31 - ore 5.50/17.45

La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.

5. Le specie di cui al comma 3 sono cacciabili:

a) dal 01 settembre al 30 settembre - tre giorni fissi: mercoledì, sabato e domenica;

b) dal 01 ottobre al 31 gennaio - tre giorni a scelta del cacciatore, esclusi martedì e venerdì;

c) dal 01 ottobre al 30 novembre - la caccia da appostamento alla selvaggina migratoria è consentita per altri due giorni a settimana, con esclusione comunque del martedì e venerdì.

6. Per ogni giornata di caccia è consentito a ciascun titolare di licenza di abbattere i seguenti capi di selvaggina:

a) selvaggina stanziale:

a1) lepre e coturnice - n. 1 capo;

a2) fagiano, starna e pernice rossa - n. 2 capi, non cumulabili con lepre e coturnice;

a3) cinghiale - n. 1 capo;

b) selvaggina migratoria:

b1) quaglie e tortore - n. 10 capi complessivi;

b2) tordi, merli e cesene - n. 25 capi complessivi;

b3) trampolieri e palmipedi - n. 10 capi complessivi;

b4) colombacci - n. 10 capi complessivi;

b5) beccacce - n. 5 capi.

Il numero massimo di capi abbattibili appartenenti alle specie citate non può superare complessivamente i 30 capi. Per le altre specie non elencate, il numero massimo consentito è complessivamente di 50 capi.

7. La giunta regionale, per motivi attinenti alla salute e alla sicurezza pubblica, alla sicurezza aerea, alla necessità di prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque o di protezione della flora e della fauna, ovvero per consentire attività di ricerca o di insegnamento o per consentire il ripopolamento o la reintroduzione di specie o l'allevamento connesso a tali operazioni, può autorizzare, con provvedimento motivato, il prelievo venatorio in regime di deroga ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della direttiva 79/409/CEE, delle seguenti specie: passero, passera mattugia, passera oltremontana, storno, corvo, cornacchia grigia e taccola.

8. La giunta regionale può altresì consentire in regime di deroga, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE, previo parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica per le specie di cui all'allegato 11, il prelievo venatorio, in condizioni rigidamente controllate, di piccole quantità di esemplari, tra cui le specie sotto indicate e nei limiti seguenti:

a) passero, passera mattugia, passera oltremontana: dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 30 e annualmente pari a 300;

b) stono: dal 1 settembre al 16 dicembre, con un numero di capi prelevabile giornalmente a 30 e annualmente pari a 300;

c) cornacchia grigia, corvo, taccola: dal 1 settembre al 16 gennaio, con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 50 e annualmente pari a 500.

9. Sono autorizzati ad effettuare il prelievo previsto dal comma 7 e con le modalità di cui al comma 8 coloro che esercitano la caccia da appostamento e che abbiano provveduto a richiedere l'apposito tesserino che consente di indicare i capi prelevati.

10. L'allenamento dei cani da caccia, prima dell'apertura dell'esercizio venatorio, è consentito per tre settimane prima della data di inizio della stagione di caccia per cinque giorni a settimana, esclusi martedì e venerdì dalle ore 5.30 alle ore 20.30. L'allenamento è consentito sulle stoppie, sui calanchi e sui terreni incolti, nei boschi, lungo i corsi d'acqua, sui prati naturali ed anche su quelli artificiali, a condizione che non si arrechi danno alle colture. E' comunque vietato a meno di m. 500 dal confine delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agrituristico-venatorie.

11. Ogni cacciatore può allenare ed utilizzare per l'esercizio venatorio contemporaneamente non più di due cani, siano essi da cerca o da ferma, o non più di sei cani segugi.

12. Per la caccia alla volpe e al cinghiale svolta in battuta e nei luoghi interessati dalla presenza di tali specie non si applicano le limitazioni di cui al comma 11.

13. Nel caso in cui divengano operanti nuove norme di legge, nuove convenzioni internazionali o nuove direttive comunitarie, la giunta regionale adegua il calendario venatorio, ove già pubblicato, entro trenta giorni dalla entrata in vigore delle nuove disposizioni.

Art. 31. Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo.

1. Sono fissi gli appostamenti di caccia costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione venatoria. L'appostamento cessa di essere fisso quando non vi venga esercitata la caccia da parte degli aventi diritto.

2. Gli appostamenti fissi non possono essere ricavati da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, o collocati nel raggio di m. 100 dagli stessi e di m. 150 se si spara in direzione dei medesimi.

3. Sono considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni ancorate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi d'acqua naturali o artificiali e quelle ubicate al largo dei laghi e dei fiumi, purché saldamente ancorate al fondale, destinate all'esercizio venatorio agli acquatici, verso le quali è consentito l'accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale, utilizzabile anche per il recupero, in atteggiamento di caccia, della selvaggina abbattuta o ferita.

4. Gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica collocati in terraferma devono avere una stabile e definita occupazione di sito, con copertura d'acqua permanente durante tutto l'anno del suolo, salvo casi di forza maggiore, pena la revoca dell'autorizzazione.

5. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia ed ha validità annuale salvo revoca. La domanda per il rilascio della prima autorizzazione deve essere corredata da planimetria in scala 1:10.000 indicante l'ubicazione dell'appostamento e dal consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato, in quanto l'appostamento comporti preparazione del sito con modificazione ed occupazione stabile del terreno.

6. Non sono considerati fissi, agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati, ai colombacci e quelli di cui all'articolo 14, comma 12, legge 157/1992, senza richiami vivi o che usano richiami non appartenenti alle specie della fauna selvatica.

7. Non è consentito impiantare appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a m. 200 dai confini delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, delle zone di ricerca e sperimentazione faunistica, nonché dei parchi, riserve naturali e centri pubblici di produzione della selvaggina.

8. Non sono consentiti nuovi appostamenti fissi a distanza inferiore a m. 300 da altro appostamento fisso preesistente e, per i colombacci, a m. 300 dal capanno principale. Sono in ogni caso fatte salve, anche con riferimento alle disposizioni del comma 7, le diverse distanze relative agli appostamenti fissi preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, come pure quelle minori distanze che si determineranno con la costituzione degli ambiti protetti.

9. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'articolo 27, è consentito al titolare e alle persone dallo stesso autorizzate solo il recupero, in attitudine di caccia ed anche con uso del cane, della selvaggina ferita, entro un raggio di m. 200 dall'appostamento o dall'impianto, ove trattasi di appostamento per colombacci o acquatici.

10. Durante l'esercizio venatorio da appostamento è vietata, salvo consenso del titolare, la caccia in forma vagante a una distanza inferiore a m. 200 dall'appostamento stesso o m. 300 dall'impianto, se trattasi di appostamento a colombacci o acquatici.

11. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e richiami propri delle specie appartenenti alla fauna selvatica cacciabile è consentito unicamente a coloro che, autorizzati dal titolare, abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia.

Oltre al titolare, possono cacciare nell'appostamento fisso le persone che abbiano scelto tale tipo di caccia, in numero non superiore a tre, con il consenso del titolare o in assenza del medesimo. Tale limite non si applica agli appostamenti di cui al comma 19, come pure agli appostamenti senza richiami vivi o che usano richiami non appartenenti alle specie della fauna selvatica cacciabile.

12. Le autorizzazioni sono rilasciate prioritariamente ai titolari dell'appostamento fisso già autorizzati per la stagione venatoria 1989/1990, o a coloro cui tali autorizzazioni sono state trasferite negli anni successivi. Le ulteriori autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni, ai portatori di handicap fisici, ai proprietari e conduttori di fondi che lo richiedano, ai familiari in linea diretta dei titolari degli appostamenti fissi che siano deceduti o abbiano smesso l'attività, a coloro che hanno optato per tale forma di caccia ed a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.

13. Le province autorizzano il titolare di appostamento fisso, che per caso fortuito o per forza maggiore sia costretto a trovare altro sito, ad impiantare l'appostamento in una zona diversa, con il diritto di ripristinarlo nel luogo precedentemente autorizzato al venir meno dell'impedimento.

14. Il cacciatore che opta per la forma di caccia vagante non può essere titolare di un appostamento fisso con l'uso di richiami vivi appartenenti alle specie cacciabili.

15. Il titolare dell'appostamento fisso di caccia autorizzato, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede al mantenimento e al miglioramento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna e della flora, almeno nel raggio di m. 100 dall'impianto.

16. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino eccessive modificazioni del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento. E' considerato appostamento temporaneo anche il sostare dietro a riparo naturale, anche se a distanza inferiore a quella indicata nel comma 18.

17. Gli appostamenti temporanei non possono essere situati a distanza inferiore a m. 100 da altro appostamento temporaneo, a m. 200 da un appostamento fisso, a m. 300 dall'impianto, se trattasi di appostamento per colombacci o acquatici, salvo consenso del titolare, e dalle zone previste dal comma 7.

18. L'appostamento fisso per colombacci può essere costituito da un capanno principale e da capanni sussidiari posti nel raggio di m. 200. La distanza di rispetto, pari a m. 200, entro la quale non può svolgersi la caccia vagante o da appostamento temporaneo, va misurata dai capanni sussidiari.

19. Il funzionamento degli appostamenti fissi per colombacci è limitato al periodo 1 ottobre - 15 novembre; il relativo periodo di tabellazione coincide con quello consentito per la caccia. L'attività dell'appostamento può continuare successivamente a tale data esclusivamente da un solo capanno e può essere esercitata solo da coloro che abbiano optato per la caccia da appostamento fisso con richiami vivi.

20. Gli appostamenti fissi devono essere segnalati, a cura del titolare, mediante tabelle esenti da tasse visibili l'una dall'altra e poste al limite della distanza di rispetto.

Art. 32. Detenzione ed uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.

1. Oltre ai richiami di cattura, sono consentiti la detenzione e l'uso per l'esercizio dell'attività venatoria di richiami di allevamento appartenenti alle specie cacciabili.

2. Il consiglio regionale, su proposta della giunta regionale e sentito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, disciplina con regolamento, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, muniti di anellini inamovibili rilasciati dalle province anche avvalendosi di associazioni, enti ed istituti ornitologici legalmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento.

3. Il regolamento di cui al comma 2 disciplina il possesso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'articolo 22, comma 3, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso ai sensi dell'articolo 31, comma 1, di detenere nell'esercizio dell'attività venatoria un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Ai cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo è consentito detenere durante l'esercizio venatorio richiami vivi di cattura nel numero massimo complessivo di dieci unità. Qualora l'attività venatoria sia esercitata da più soggetti nello stesso appostamento, il numero massimo dei richiami vivi è raddoppiato. Per lo storno è consentito usare il numero massimo di dieci richiami per ogni cacciatore.

4. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dal comma 3, sono tenuti a farne denuncia alla provincia competente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, al fine di legittimare la detenzione ed il possesso.

5. E' vietato l'uso di richiami vivi di cattura e feriti che non siano identificati mediante anello inamovibile fornito dalla provincia, numerato secondo le norme regionali, apposto sul tarso di ogni singolo esemplare.

6. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire soltanto in caso di fuga accidentale o dietro consegna alla provincia del richiamo vivo o morto, munito di anellino.

Art. 33. Zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile.

1. Le province, anche concordemente tra di esse, istituiscono le zone destinate all'allenamento e addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile, e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie riconosciute, alle associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati.

2. Tali zone sono distinte in zone A, B, C e D.

3. Le zone A hanno carattere temporaneo e funzionano solo per la durata degli allenamenti, delle prove e delle gare di interesse provinciale, regionale, nazionale o internazionale, con divieto di abbattimento; dette zone, limitatamente alle bandite demaniali, possono avere carattere permanente se definite di particolare interesse cinotecnico.

4. Le attività di cui al comma 3 su fauna selvatica allo stato naturale sono autorizzate dalle province, d'intesa con l'ente nazionale cinofilia italiana, e possono essere consentite nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento, nonché nei parchi regionali e bandite demaniali, sentito il parere dell'INFS, previe intese con gli enti gestori, fermo restando il divieto di abbattimento.

5. Le zone B, di estensione fino a tremila ettari, hanno carattere permanente salvo revoca e possono essere utilizzate per tutte le altre gare o prove e per l'addestramento e l'allenamento dei cani per tutto l'anno, con divieto di abbattimento. In tali zone è vietata la caccia.

6. Le zone C, di estensione da tre a cinquanta ettari, hanno carattere permanente e sono istituite per l'addestramento e l'allenamento dei cani, anche con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili; il periodo di funzionamento è fissato dalla provincia.

7. Su richiesta del titolare possono essere istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani di tipo C nelle aziende agri- turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende faunistico-venatorie.

8. Le zone di tipo D o tane artificiali riguardano esclusivamente l'addestramento, l'allenamento e le prove, su fauna allevata, per cani da tana; tali zone, di estensione non superiore ad un ettaro, devono essere recintate.

9. Possono essere altresì istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani da seguito con la presenza di cinghiale, di estensione non superiore ai 100 ettari, purché recintate.

10. Le amministrazioni provinciali possono autorizzare gare cinofile su selvaggina liberata in territorio non vincolato e previo consenso dei proprietari o del conduttore del fondo su cui si svolge la gara.

Art. 34. Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria.

1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati o a pascoli dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'esercizio dell'attività venatoria, è costituito un fondo regionale destinato alla prevenzione e ai risarcimenti.

2. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalla provincia o dai comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.

3. Con il fondo di cui al comma 1, le province, risarciscono i danni provocati dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle zone di sperimentazione e nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica.

4. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di riproduzione di fauna selvatica, nelle aziende faunistico-venatorie, nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone per l'addestramento dei cani e per le gare cinofile fa carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli ambiti territoriali di caccia è disposto dai comitati di gestione, d'intesa con le province.

5. Ai fini della gestione del fondo è costituito e preposto un comitato in ciascuna provincia, composto da:

a) l'assessore provinciale delegato alla materia;

b) tre rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;

c) tre rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello provinciale.

6. Il proprietario o conduttore del fondo è tenuto a denunciare immediatamente i danni alla provincia o al comitato di gestione dell'ambito territoriale di caccia, qualora costituito. Questi procedono tempestivamente, in relazione al tipo di coltura, alle necessarie verifiche anche mediante sopralluoghi ed ispezioni e provvedono alla liquidazione nei novanta giorni successivi.

Art. 35. Tasse di concessione regionale.

1. Sono soggetti a tassa di concessione regionale, all'atto del rilascio o del rinnovo:

a) l'autorizzazione all'esercizio di appostamento fisso;

b) l'autorizzazione all'esercizio delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agrituristico-venatorie;

c) l'autorizzazione all'esercizio di centri privati di riproduzione della fauna selvatica;

d) l'abilitazione venatoria.

2. Le tasse di cui al comma 1, lettere a), b) e c) sono dovute nella misura fissata rispettivamente dalle voci n. 15, n. 16.1 e n. 16.2 della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni.

3. La tassa di cui al comma 1, lettera d), relativa alla voce n. 17, lettere a), b) e c) della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni, è fissata nella misura del cinquanta per cento della tassa erariale di cui al n. 26, sottonumero I, della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e successive modificazioni.

4. La tassa di cui al comma 1, lettera a), qualora l'appostamento sia utilizzato per la caccia al colombaccio ed ai palmipedi e trampolieri e sia costituito da uno o più capanni sussidiari in aggiunta al capanno principale, è dovuta per ciascuno dei capanni autorizzati.

5. La tassa per il rinnovo della abilitazione venatoria non è dovuta qualora il cacciatore non eserciti l'attività venatoria durante l'anno di riferimento, ovvero la eserciti esclusivamente all'estero.

6. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia, la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata inoltre al cacciatore che, rinunciando all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia, rinunci anche all'attività venatoria.

7. Per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio a fini faunistici presentati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello regionale e dalle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale che contemplino, tra l'altro, nell'ambito della programmazione regionale, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica e di riproduttori nel periodo autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, è utilizzata la percentuale del gettito derivante dalla tassa di cui al comma 1, lettera d), stabilita all'articolo 41, comma 2, lettera a).

Art. 36. Vigilanza venatoria.

1. La vigilanza sull'applicazione della normativa vigente in materia faunistico-venatoria è affidata:

a) agli agenti venatori dipendenti dalle province, che devono espletare tale servizio con almeno un agente dipendente ogni tremila ettari di territorio utile alla caccia o protetto a fini venatori;

b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dai competenti organi statali alle quali sia attribuita la qualifica di guardia giurata ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773.

2. La vigilanza di cui al comma 1 è affidata, altresì, agli ufficiali, sottoufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773; è affidata altresì alle guardie ecologiche volontarie riconosciute ai sensi della L.R. 19 luglio 1992, n. 29.

3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.

4. Agli agenti venatori pubblici con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Per le guardie venatorie volontarie tale divieto è limitato al tempo in cui vengono esercitate le funzioni.

5. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e ambientaliste.

Art. 37. Guardie venatorie volontarie ed ecologiche.

1. La qualifica di guardia venatoria volontaria può essere concessa a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle province, previo superamento di un apposito esame.

2. La commissione d'esame per il rilascio dell'attestato di cui al comma 1 è nominata dalla provincia ed è composta da:

a) un funzionario della provincia con funzioni di presidente;

b) un funzionario della Regione;

c) un esperto scelto tra i docenti del corso di preparazione e aggiornamento di cui all'articolo 38;

d) due rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute operanti nella provincia;

e) due rappresentanti delle associazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;

f) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello provinciale;

g) un rappresentante dell'ente nazionale cinofilia italiana.

3. La commissione di cui al comma 2 è validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti.

4. Ai componenti la commissione non è dovuta alcuna indennità.

5. La giunta regionale stabilisce le materie oggetto di esame e determina le modalità di ammissione all'esame stesso, nonché la procedura del suo svolgimento.

6. I cittadini in possesso della qualifica di guardia venatoria volontaria, a norma del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, alla data di entrata in vigore della legge 157/1992, non sono soggetti all'esame di idoneità di cui al comma 1 ed acquisiscono anche la qualifica di guardia ecologica, ai sensi e per gli effetti di cui alla L.R. 29/1992.

7. Le province svolgono ogni due anni corsi di aggiornamento per guardie venatorie volontarie. Ai corsi sono tenuti a partecipare, per almeno i due terzi delle lezioni, le guardie venatorie volontarie già abilitate; a quelli svolti dalle province sono tenuti a partecipare gli agenti venatori dipendenti dalla provincia stessa.

Art. 38. Corsi di preparazione per aspiranti guardie venatorie volontarie.

1. Le province organizzano corsi di preparazione delle aspiranti guardie venatorie volontarie. Per l'organizzazione dei corsi le province possono avvalersi delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale di cui all'articolo 36, comma 1, sull'attività delle quali esercitano la vigilanza.

Art. 39. Divieti e limitazioni.

1. E' vietato:

a) cacciare nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;

b) cacciare nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali, conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali;

c) cacciare nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione della fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica, individuate con atto della giunta regionale, sentito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica;

d) cacciare ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile della autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;

e) cacciare nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali salvo quelli in stato di evidente abbandono; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;

f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;

g) trasportare, all'interno di centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche ed inserite nella custodia. L'attraversamento delle zone di divieto di cui alla lettera e) è consentito con armi da fuoco scariche;

h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;

i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili;

l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione;

m) cacciare quando il territorio è coperto in tutto o per la maggior parte di neve. E' comunque consentita la caccia a palmipedi e trampolieri negli specchi d'acqua artificiali, laghi, stagni e acquitrini, purché non siano in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio, entro un massimo di mt. 50 dalle relative rive o argini;

n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;

o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'articolo 22, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione della fauna selvatica, nelle oasi di protezione, nelle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla provincia competente;

p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 32, comma 1, salvo quanto previsto dall'articolo 31, comma 6;

q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici salvo quanto previsto dall'articolo 31, comma 6;

r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati, ovvero legati per le ali, e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, esclusa la civetta meccanica, con o senza amplificazione del suono;

s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca quando il possessore le circondi con tabelle esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;

t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;

u) usare munizione spezzata per la caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette vive; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda, fare impiego di balestre;

v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;

z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;

aa) esercitare in qualunque forma il tiro a volo su uccelli, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 33;

bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus), salvo quelli provenienti dall'estero muniti della relativa certificazione;

cc) commerciare esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non provenienti da allevamenti, salvo quelli provenienti dall'estero muniti della relativa certificazione e quelli già posseduti e denunciati dalle province fino al loro esaurimento;

dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte a specifici ambiti territoriali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 635 del Codice penale;

ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge, e della fauna selvatica lecitamente abbattuta;

ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio;

gg) cacciare in tutti i valichi montani indicati nei calendari venatori ed interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna individuate dalla Regione, su segnalazione dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, per una distanza di mille metri dagli stessi;

hh) ricorrere a forme di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici;

ii) utilizzare per l'esercizio venatorio armi e mezzi non rientranti fra quelli ammessi dall'articolo 13 della legge 157/1992;

ll) cacciare in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione previsti dall'articolo 15, comma 7, della legge 157/1992, nonché in quelli individuati ai sensi dell'articolo 21, comma 4;

mm) cacciare nei fondi chiusi da muro, rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,20 o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno m. 1,50 e la larghezza di almeno m. 3,00;

nn) cacciare nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado e semibrado, secondo quanto stabilito all'articolo 21, comma 9;

N.B. (Art. 21 comma 9. L'esercizio venatorio è inoltre vietato nei fondi ove si pratica l'allevamento o il pascolo del bestiame custodito allo stato brado o semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni in rete o steccati, fili metallici o plastificati, siepi o altre barriere naturali, con almeno un numero di capi per ettaro pari a dieci se trattasi di ovini e caprini o a cinque capi se trattasi di bovini ed equini).

oo) immettere o liberare fauna selvatica nelle aziende faunistico- venatorie dalla data del 31 agosto a quella di chiusura della caccia alle specie da immettere;

pp) immettere o liberare fauna selvatica nel territorio regionale fatto salvo quanto previsto dagli articoli 14 e 23 della presente legge;

qq) effettuare la posta alla beccaccia e la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino;

rr) usare, durante l'esercizio venatorio, un numero di cani superiore a quello previsto dall'articolo 30, comma 11;

ss) usare petardi o attrezzi similari per scovare fauna selvatica;

tt) recare disturbo alla fauna selvatica al fine di provocarne la fuoriuscita per scopi venatori da ambiti in cui è vietata la caccia;

uu) usare fonti luminose per la ricerca della fauna selvatica durante le ore notturne, fatte salve eventuali autorizzazioni rilasciate dalla provincia competente per territorio;

vv) addestrare o condurre cani liberi al di fuori delle zone e dei tempi consentiti dalla presente legge, fatta eccezione per cani da pastore al seguito del bestiame;

zz) abbandonare bossoli di cartucce durante l'esercizio venatorio.

Art. 40. Sanzioni.

1. Ferme restando le sanzioni previste dall'articolo 31 della legge 157/1992, per la violazione della normativa statale e regionale in materia faunistico-venatoria, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per tabellazione abusiva, uso improprio della tabellazione dei terreni, rimozione o danneggiamento delle tabelle;

b) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera f);

c) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera g);

d) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera h);

e) da lire 500.000 a lire 3.000.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera i);

f) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera l);

g) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1 lettere m) ed n);

h) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera o);

i) da lire 500.000 a lire 3.000.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera u); in caso di recidiva, oltre al raddoppio della sanzione ai sensi del comma 4, è prevista altresì la sospensione del tesserino di cui all'articolo 29 per un periodo da uno a tre anni;

l) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettere v) e z);

m) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera cc);

n) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera ee);

o) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera gg);

p) da lire 300.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1 lettera ii);

q) da lire 300.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera mm);

r) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera nn);

s) da lire 100.000 a lire 600.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera rr) e lettera vv);

t) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera ss);

u) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera tt);

v) l'esercizio della tassidermia o imbalsamazione senza l'autorizzazione di cui all'articolo 24 è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 500.000 per ogni capo rinvenuto;

z) la violazione di ogni altro obbligo previsto dall'articolo 24 o dalle prescrizioni contenute nella relativa autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 15.000 a lire 150.000 per ogni esemplare cui la violazione si riferisce.

2. Per le violazioni di cui all'articolo 24, a norma dell'articolo 30, comma 2, legge 157/1992, si applicano le medesime sanzioni comminate per l'abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto.

3. Per le violazioni non espressamente previste si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200.000 a lire 1.200.000.

4. In caso di recidiva le sanzioni di cui al comma 1 sono raddoppiate.

5. Nelle ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 32 della legge 157/1992, è prevista la sospensione o la revoca della licenza di fucile per uso di caccia, è disposta altresì, per un periodo di pari durata, la sospensione del tesserino.

6. Le funzioni inerenti all'irrogazione delle sanzioni amministrative sono esercitate dalle province, che riscuotono i relativi proventi.

7. Per quanto non previsto dalla presente legge e dalla legge 157/1992 si osservano le procedure contemplate nella L.R. 5 luglio 1983, n. 16.

TITOLO VII

Disposizioni finanziarie

Art. 41. Ripartizione dei proventi.

1. Sono stanziate, per le finalità indicate al comma 2, somme pari almeno alla totalità dei proventi derivanti dalle tasse regionali di concessione in materia di caccia.

2. Le somme di cui al comma 1 sono ripartite come appresso:

a) venticinque per cento alla Regione per i compiti di cui alla presente legge;

b) sessantacinque per cento alle province per l'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge, compreso il rimborso spese ai comuni per il rilascio dei tesserini di cui all'articolo 29;

c) dieci per cento alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, operanti nella regione.

Art. 42. Autorizzazioni di spesa.

1. I proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria affluiscono al capitolo del bilancio regionale 1001003, già istituito nello stato di previsione delle entrate, al titolo I, categoria I, così modificato "proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria" e, per gli anni successivi, al capitolo corrispondente.

2. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si fa fronte con le entrate di cui al comma precedente.

3. La legge di bilancio determina annualmente l'entità delle seguenti spese a carattere continuativo previste nella presente legge:

a) spese per interventi regionali in campo faunistico e venatorio, per attività tecniche di ricerca in materia di caccia previste dalla presente legge e per iniziative di formazione, promozione e rappresentanza della Regione di cui all'articolo 2, comma 2;

b) spese per l'erogazione alle province di somme occorrenti all'esercizio delle funzioni attribuite di cui all'articolo 2, comma 1;

c) concessione di contributi alle associazioni venatorie per organizzazione di interventi in materia di gestione faunistica e per la realizzazione di convegni e seminari in materia di caccia di cui all'articolo 35, comma 5.

TITOLO VIII

Disposizioni transitorie e finali

Art. 43. Rapporto sull'attività di vigilanza.

1. Le province, entro il 31 marzo di ogni anno, trasmettono alla Regione, ai fini di cui all'articolo 33 della legge 157/1992, una relazione sullo stato dei servizi preposti alla vigilanza, contenente il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito, nonché un prospetto riepilogativo delle sanzioni applicate.

Art. 44. Rinvio ed abrogazione.

1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i titolari delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 11 e 34 della L.R. 8/1983 sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui agli articoli 14 e 23.

2. Trascorso tale termine, autorizzazione a suo tempo rilasciata decade di diritto.

3. Fino all'entrata in vigore del regolamento concernente l'istituzione e la disciplina delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico venatorie di cui all'articolo 13, continuano ad operare le disposizioni contenute nel regolamento regionale 12 aprile 1984, n. 15.

4. Per quanto non previsto dalla presente legge si osservano le norme della legge 157/1992, le disposizioni di esecuzione delle convenzioni internazionali e le norme comunitarie vigenti.

5. Quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 15, dal comma 5 dell'articolo 16 ha effetto con l'inizio della stagione venatoria 1996/1997; quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 27 ha effetto con l'inizio della stagione venatoria 1995/1996.

6. La L.R. 8/1983, e successive modificazioni, è abrogata.

Art. 45. Dichiarazione d'urgenza.

1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione.

_____________________

(1) Comma già modificato dall'art. 22 della L.R. 11 maggio 1999, n. 7 e così ulteriormente modificato dall'art. 22 della L.R. 23 marzo 2000, n. 21.

(2) Comma aggiunto dall'art. 45 della L.R. 5 maggio 1997, n. 28.

(3) Comma aggiunto dall'art. 40 della L.R. 5 maggio 1998, n. 12.

(4) Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R. 11 maggio 1999, n. 7.

(5) Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R. 23 marzo 2000, n. 21.

(6) Lettera così sostituita dall'art. 1 della L.R. 5 gennaio 1995, n. 8.

(7) Articolo così sostituito dall'art. 35 della L.R. 7 maggio 2001, n. 11.

(8) Comma così modificato dall'art. 35 della L.R. 7 maggio 2001, n. 11.

(9) Comma così modificato dall'art. 35 della L.R. 7 maggio 2001, n. 11.

(10) Vedi Errata Corrige pubblicata sul B.U. 11 maggio 2001, n. 13 - supplemento.

 

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