funzione di polizia giudiziaria alle guardie volontarie

in materia venatoria della provincia di PESARO  URBINO

PROCURA GENERALE

presso la Corte di Appello di Ancona

 

A S.E.                  Il PROCURATORE GENERALE

OGGETTO: Parere sull'attribuibilità della qualifica e delle funzioni di polizia giudiziaria alle guardie ecologiche volontarie zoofile della Provincia di Pesaro e Urbino. Riferimento a prot. n. 205 del 30 gennaio 2007 

È stata nuovamente sollevata la questione circa l'attribuibilità della qualifica e delle funzioni di ufficiale o agente di polizia giudiziaria alle guardie zoofile volontarie, munite di decreto di riconoscimento a guardia particolare giurata, rilasciato dalla Prefettura.

Come è noto, con nota del 14 maggio 2004, questa Procura Generale si è pronunziata negativamente sulla medesima questione riguardante le guardie ecologiche volontarie (il quesito era stato posto in termini generali) per il decisivo rilievo che, trattandosi di materia riservata dalla Costituzione (art. 117, comma secondo, lettere H) e L)) alla competenza statale, solo una disposizione ad hoc in materia di giurisdizione e di norme processuali, come quella (fondamentale) contenuta nell'art. 57 c.p.p., può attribuire ad un soggetto, pure investito dei poteri di vigilanza e di controllo, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria e le correlative funzioni. In difetto di una norma siffatta, le guardie volontarie (anche quelle munite della qualifica di guardia giurata e, come tali, pubblici ufficiali) non sono agenti di polizia giudiziaria.

Nella nuova richiesta di parere, traendo spunto dalla mancata convalida del sequestro di un richiamo elettromeccanico di uccelli migratori, si fa specifico riferimento alle guardie ecologiche volontarie del Servizio Caccia e Pesca e vengono evidenziate (ed allegate) alcune diverse interpretazioni che tendono a riconoscere in capo alle guardie particolari giurate le qualifiche di pubblici ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria al momento del loro intervento per reprimere un reato.

La premessa, comune a tali orientamenti, consiste nel ritenere che, a prescindere dall'investitura formale o nominale, la qualifica di agente di polizia giudiziaria spetti ai soggetti che, in virtù di disposizioni normative vigenti, svolgono in tutto o in parte compiti riconducibili all'art. 55 c.p.p. In altri termini, l'attribuzione della qualifica sarebbe conseguenza diretta non già di una formale investitura del codice di rito o di leggi speciali, bensì delle funzioni che il personale è chiamato a svolgere, allo specifico fine di esercitare i compiti di vigilanza e di controllo loro generalmente affidati in ambito regionale o provinciale.

Tali orientamenti si pongono in contrasto con insuperabili principi di rango costituzionale.

In primo luogo, come si è detto, le Regioni e gli altri enti territoriali sono privi di competenza in materia per espressa previsione costituzionale (il richiamato art. 117, comma secondo lettere H) e L)) e far dipendere la qualifica di agente di polizia giudiziaria dai compiti in concreto affidati alle guardie volontarie dagli Enti territoriali equivale, nella sostanza, ad eludere il principio della riserva di legge statale.

Inoltre, interferendo i compiti affidati alle guardie volontarie sui diritti fondamentali delle persone tutelati dalla Costituzione (articoli 13 e ss.), non sono praticabili interpretazioni né analogiche né estensive operando, proprio in considerazione della possibilità di incidere su tali diritti, una (altrettanto) rigorosa riserva di legge.

È da escludere, pertanto, che le guardie ecologiche volontarie, qualunque sia il settore di loro competenza, possano esercitare i poteri autoritativi attribuiti dall'art. 55 c.p.p. agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria, rispetto ai quali (come già sottolineato nella nota del 14 maggio 2004) le stesse hanno solo funzioni sollecitatorie e di collaborazione subordinata (o servente).

Va ricordato che la Corte Costituzionale:

con la sentenza n. 88 del 1987, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 6 della legge della Provincia Autonoma di Trento in data 26 luglio 1973 n. 18 (Norme per la disciplina della raccolta dei funghi), nella parte in cui si attribuiva alle guardie ecologiche volontarie il potere di intimare l'apertura di mezzi di trasporto, che costituiscono luoghi di privata dimora;

 con la sentenza n. 313 del 2003, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 1, commi 2 e 3; 2, comma 5 (nel testo sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b), della legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002), e 4, comma 3, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale), nella parte in cui la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, a norma dell'art. 57 del codice di procedura penale, era riconosciuta al personale del Corpo forestale regionale per lo svolgimento dei compiti di vigilanza e controllo previsti dall'art. 2.

D'altra parte, l'art. 57, comma terzo, del nuovo codice di procedura penale, riconoscendo la qualifica di polizia giudiziaria anche alle persone cui le leggi ed i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art. 55, evidenzia la necessità di tener conto delle leggi statali disciplinanti le specifiche materie, alle quali occorre fare riferimento.

In siffatto contesto normativo, deve ritenersi che, anche per le guardie ecologiche volontarie zoofile, il problema debba essere risolto proprio partendo dalle leggi che espressamente attribuiscono la qualifica di polizia giudiziaria solo ad alcuni soggetti, mentre ad altri riconoscono il più lato potere di vigilanza e di segnalazione di infrazioni.

Le leggi da prendere in considerazione sono: la legge 11 febbraio 1992, n. 157, detta anche legge-quadro sulla caccia, e la legge 20 luglio 2004, n. 189, recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.”.

La legge-quadro sulla caccia (n. 157/1992), all'art. 27), contempla e distingue:

alla lettera a) del primo comma, gli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni, cui è riconosciuta espressamente la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza;

alla lettera b), le guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali e presenti nel Comitato tecnico faunistico - venatorio, e quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del T.U. di P.S.

La netta distinzione tra le previsione delle lettere a) e b) del primo comma in ordine al riconoscimento della qualifica di agente di polizia giudiziaria porta a ritenere che ai corpi previsti nella lettera b) non possa essere riconosciuta la predetta qualifica.

Il secondo comma prevede l'esercizio delle funzioni di vigilanza venatoria anche in capo a ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale di Stato, alle guardie addette ai parchi nazionali, agli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria (tout court), alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, ed alle guardie private riconosciute dal T.U. di P.S., oltre che alle guardie zoofile ed ecologiche riconosciute dalle leggi regionali.

Sicuramente tutti i soggetti di cui all'art. 27 della legge possono venire a conoscenza di determinate fattispecie di reato, ed in particolare delle contravvenzioni previste e sanzionate dall'art. 30, ma solo per alcuni di tali soggetti viene espressamente riconosciuta la qualifica di agente di polizia giudiziaria, mentre ad altri spetta la qualifica di pubblici ufficiali incaricati di compiti di polizia amministrativa.

Tale interpretazione trova ulteriore conforto nel quinto comma dell'art. 28, che disciplina i compiti degli organi di vigilanza non esercitanti funzioni di polizia giudiziaria, specificando che: “Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.”.

Quindi, per quanto riguarda le associazioni volontarie di protezione ambientale o venatoria di cui all'art. 27 c. 1 lett. b), nemmeno in relazione all'esercizio delle funzioni di vigilanza in materia di caccia, può riconoscersi la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, mentre non esiste alcuna specifica previsione di legge che attribuisca a tali corpi la medesima qualifica nella prevenzione e repressione dei reati ambientali disciplinati dalle L. 319/76 e D.Lvo 22/97.

Ogni tentativo, poi, di fondare l'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria che faccia riferimento al T.U. di P.S. deve ritenersi improprio, in quanto tale normativa disciplina e considera le guardie particolari giurate esclusivamente come investite della tutela della proprietà di enti privati o pubblici (art. 133), con inibizione all'esercizio di funzioni pubbliche (art. 134, quarto comma) e con potere di stendere i verbali in funzione solo accertativa (fino a prova contraria, art. 255) e non  certificativa (fino a querela di falso, art. 476 c.p.).

La tesi, qui sostenuta, che nega la qualifica di agenti di polizia giudiziaria in capo alle guardie giurate zoofile - qualifica che, comunque, non le abiliterebbe al sequestro dei mezzi per l'esercizio della caccia, che è attività riservata agli ufficiali di polizia giudiziaria - è stata a lungo seguita, e con costanti pronunciamenti, dalla Suprema Corte di Cassazione.

In particolare, nella sentenza n. 613 del 27 febbraio 1995 si afferma che “l'Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.) a seguito del d.P.R. 31 marzo 1979, perduta la personalità giuridica di diritto pubblico, continua ad esistere come persona giuridica di diritto privato, sicché i suoi agenti si presentano come Guardie Giurate volontarie di un'Associazione protezionistica nazionale riconosciuta e ad essi la legge sulla caccia - che ha carattere di specialità rispetto alle norme contenute nel vigente codice di rito penale - conferisce espressamente i poteri di vigilanza e di accertamento indicati nei commi primo e quinto dell'art. 28 legge n. 157 del 1992, ma non anche quello di procedere al sequestro penale previsto dal comma secondo dello stesso articolo, riservato agli agenti ed ufficiali di P.G., qualifica che essi non hanno.”.

Analogamente, nella sentenza n. 1519 del 27 marzo 1996 si afferma che: “Le guardie zoofile dell'Ente Nazionale Protezione animali, che ha la natura di persona giuridica di diritto privato, non possono in nessun caso assumere la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria e non possono procedere al sequestro delle armi quando rilevano un'infrazione alla legge sulla caccia in applicazione dei poteri di vigilanza e di accertamento indicati dall'art. 28 comma primo e quinto della legge 11 novembre 1992 n. 157 che la legge conferisce loro.”.

In contrasto con il precedente (consolidato) orientamento, nella sentenza n. 6454 del 2 febbraio 2006 si afferma l'opposto principio della spettanza della qualifica, sostenendosi che“… la L. 11 febbraio 1992 n. 157 attribuisce espressamente alle stesse i compiti di vigilanza venatoria sulla applicazione della medesima legge, in essi ricomprendendosi il potere ispettivo, quello di controllo della fauna abbattuta o catturata ed il potere di accertamento dei reati, cui è necessariamente collegato il dovere di acquisire gli elementi probatori e di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze …”).

Nella motivazione della sentenza si legge che “il ricorso (proposto dal Procuratore della Repubblica di Salerno avverso ordinanza del Tribunale del riesame, con la quale era stato annullato il decreto di convalida del sequestro delle armi e delle munizioni effettuato da guardie volontarie zoofile in relazione all'art. 30, lettera h) della legge n. 157 del 1992) è “… fondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte secondo cui le guardie volontarie delle associazioni di protezione dell'ambiente riconosciute dal Ministero dell'Ambiente (come il WWF) hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria "perché la L. 11 febbraio 1992, n. 157, espressamente attribuisce ad esse un compito di vigilanza venatoria <<sulla applicazione della presente legge>>, compreso l'art. 30 relativo alle sanzioni penali (vedi art. 27, lett. D) …”.

Tale interpretazione, che in realtà rappresenta un revirement rispetto al precedente orientamento, non può essere in alcun modo condivisa perché parte dall'erroneo presupposto che i compiti affidati alle guardie volontarie venatorie, e in particolare quello di accertare le contravvenzioni previste e sanzionate dall'art. 30 della legge n. 175/1992 e di assicurarne le prove, possano essere svolti solo da un ufficiale o da un agente di polizia giudiziaria, mentre (come si è detto) l'art. 27 della stessa legge riconosce alle guardie zoofile le predette funzioni di vigilanza in quanto pubblici ufficiali investiti di competenze di polizia amministrativa.

D'altra parte, laddove la legge ha ritenuto di attribuire competenze di polizia giudiziaria in materia faunistico ambientale lo ha fatto espressamente. Lo si desume, in particolare, dall'esame della legge 20 luglio 2004, n. 189, recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”. Il secondo comma dell'art. 6 di detta legge dispone, infatti, con molta chiarezza, che: “La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute”.

L'affidamento è, tuttavia, contrassegnato da limitazioni che restringono considerevolmente, al punto da renderla scarsamente rilevante, l'attività di polizia giudiziaria che detti soggetti possono svolgere.

Anzitutto, gli agenti delle associazioni, in possesso del solo decreto di nomina rilasciato dalla Provincia, non possono svolgere attività di vigilanza in materia zoofila, senza aver prima richiesto ed ottenuto il decreto prefettizio di nomina, che li abiliti a svolgere i suddetti compiti di vigilanza.

Inoltre, l'attività di polizia giudiziaria di tali guardie giurate è limitata alle sole fattispecie penali che riguardino gli animali d'affezione, vale a dire esclusivamente i cani e i gatti.

L'estensione, proposta da alcuni, agli “animali da compagnia” comporterebbe una applicazione analogica o estensiva della norma penale, che viola il disposto dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale (norma per la quale le leggi penali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerate).

Di conseguenza, il preciso riferimento agli “animali di affezione”, contenuto nell'art. 6 legge 189 del 2004, non può che rimandare all'unico testo normativo statale che definisce tali animali, vale a dire alla legge n. 281 del 14 Agosto 1991 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” che appunto prevede solo i cani e gatti quali “animali da affezione” (cfr. art. 2).

Sono, del pari, da ritenere non fondate le interpretazioni che attribuiscono all'inciso “con riguardo agli animali di affezione” il significato di “con particolare attenzione, con particolare rispetto”, per sostenere che le guardie giurate abbiano competenza di polizia giudiziaria con riferimento a tutti gli animali, anche se con particolare attenzione a quelli di affezione. Il tenore letterale della norma è ben chiaro e vale a precludere tale ipotesi di interpretazione estensiva, da ritenersi vietata in materia penale (come più volte detto).

In definitiva, l'art. 6, comma secondo della legge 189 del 2004 contiene la limitazione dei poteri delle guardie giurate delle associazioni sotto due profili:

- un primo profilo attiene al fatto che tali guardie possono esercitare i poteri di accertamento dei reati, raccolta delle prove e quant'altro, solo con riferimento agli animali da affezione;

- un secondo profilo attiene alla nozione di animali da affezione, da intendersi limitata ai soli cani e gatti.

Ne consegue l'esclusione, dall'ambito di operatività delle guardie giurate delle associazioni protezioniste e zoofile riconosciute, dell'attività in favore di tutti gli altri animali (che sono - ovviamente - la maggioranza delle specie), compresi quelli che rientrano nel più ampio concetto di “animali da compagnia”.

Di tali animali da compagnia si rinvengono, infatti, diverse definizioni, come quella contenuta nel regolamento CEE n. 998 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, ovvero come quella, contenuta nell'Accordo Stato-Regioni, sul benessere degli animali da compagnia e pet-therapy del 6 febbraio 2003.

In particolare, ai sensi dell'art. 1 dell'Accordo predetto, il concetto di animale da compagnia è certamente più ampio di quello di animale d'affezione. Ai sensi del comma 2 - lettere a) e b) di tale articolo 1, è "animale da compagnia ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità” (lettera a), con l'ulteriore precisazione che “gli animali selvatici non sono considerati animali da compagnia” (lettera b).

Ad ulteriore conforto dell'interpretazione letterale che limita i poteri di polizia giudiziaria delle guardie giurate ai soli animali da affezione (cani e gatti), si possono ricordare i lavori parlamentari. Invero, gli emendamenti intesi ad ampliare tali poteri sono stati bocciati. La qual cosa fa ulteriormente propendere per una interpretazione restrittiva della disposizione in questione, l'unica peraltro che consente di delimitare, in modo inequivoco, i limiti effettivi posti dalla legge in esame ai poteri di vigilanza delle guardie volontarie giurate.

Interpretazioni più estensive, non supportate tuttavia da precisi riferimenti contenuti in leggi statali, esporrebbero detti soggetti ad ipotesi di usurpazione di funzioni, penalmente sanzionate dall'art. 347 del codice penale, che punisce, con la reclusione fino a due anni, “… chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego …”.

Potrà, peraltro, accadere che le guardie giurate delle associazioni, legittimate a svolgere attività di polizia giudiziaria solo per “animali da affezione”, siano chiamate a collaborare, quali ausiliari ex art. 139 T.U. di P.S., da parte degli agenti e ufficiali di pubblica di sicurezza o di polizia giudiziaria, per l'accertamento dei reati che coinvolgano animali diversi. In tal caso, le guardie giurate delle associazioni saranno tenute, per preciso obbligo di legge, ad ottemperare a tutte le richieste alle stesse rivolte.

Una previsione legislativa che consente una autonoma attività per tali guardie giurate, sia pure di contenuto limitato, ma comunque per la tutela di animali diversi dagli animali da affezione (cani e gatti), può - tuttavia - rinvenirsi nell'art. 331 del codice di procedura penale “Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio “.

La norma prevede che qualora i pubblici ufficiali (357 c.p.) e gli incaricati di un pubblico servizio (358 c.p.) (categorie nelle quali in ogni caso rientrano le guardie giurate delle associazioni), nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, acquisiscano notizia di un reato perseguibile di ufficio, debbono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito; la denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al Pubblico Ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria (107 att. e 221 coord. c.p.p.).

In tale ipotesi, la guardia giurata dell'associazione protezionista o zoofila che prenda notizia di un fatto penalmente rilevante e perseguibile d'ufficio è obbligata ex art. 331 c.p.p. a presentare denuncia alla Procura della Repubblica ovvero ad un ufficiale di polizia giudiziaria.

Quanto al contenuto della denuncia esso, così come indicato dall´articolo 332 del codice di procedura penale, è costituito dalla esposizione degli elementi essenziali del fatto nonché, quando è possibile, dalle generalità, dal domicilio e da quanto altro possa portare alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti

Per tale ragione si può ritenere che un minimo nucleo di elementi di prova del reato che coinvolga animali diversi dagli animali d'affezione possa costituire oggetto di denuncia anche da parte delle guardie giurate delle associazioni zoofile e protezioniste riconosciute.

Per completezza va ricordato che tutti i reati di cui alla legge 189 del 2004 sono perseguibili d'ufficio, restando a perseguibile a querela solo l'ipotesi, ormai residuale, dell'art. 638, primo comma, c.p. (uccisione o danneggiamento di animali altrui).

Può affermarsi, conclusivamente, che le guardie volontarie (compreso quelle delle associazioni deputate alla vigilanza venatoria previste dalla legge statale sulla caccia), in regola con il decreto prefettizio, con riferimento allo specifico settore concernente la tutela degli animali d'affezione (cani e gatti), possono svolgere attività di vigilanza zoofila e hanno, riconosciuta la qualifica di ufficiali o di agenti polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57, comma terzo, c.p.p.

Riassumendo, al quesito posto dal coordinatore  delle guardie ecologiche della Provincia di Pesaro e Urbino, pare corretto rispondere che alle guardie volontarie zoofile spetta la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria con competenza speciale o settoriale limitatamente ai compiti effettivamente loro affidati dalla legge  n. 189 del legge 20 luglio 2004, recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”, mentre la predetta qualifica non spetta per le funzioni di vigilanza attribuite dalla n. 157 della legge 11 febbraio 1992, c.d. legge-quadro sulla caccia.

La diversità delle conclusioni raggiunte evidenzia come il quesito non possa essere risolto in base al conferimento di compiti di vigilanza in materie nelle quali sono previste fattispecie di reato. È assolutamente necessario tener conto delle leggi statali disciplinanti dette materie. Quando la legge ha ritenuto di attribuire compiti di polizia giudiziaria in materia faunistico-ambientale lo ha fatto espressamente. L'interpretazione formalista è anche rispettosa delle garanzie del cittadino, considerato che si tratta di potestà di particolare cogenza, il cui esercizio può incidere, in modo diretto ed irreversibile, su beni primari come la libertà di movimento, di autodeterminazione e quella di riservatezza. È, in ogni caso, da escludere che tali poteri possano essere conferiti in base a normative regionali o locali, vertendosi in materia di esclusiva competenza statale.

Ancona, lì 27 febbraio 2007

Il Sostituto Procuratore Generale

dott. Manfredi Palumbo