L'ILLECITO AMMINISTRATIVO

ED IL PROCEDIMENTO SANZIONATORIO

AMMINISTRATIVO

DISCIPLINATO DALLA LEGGE 689/1981

 

ILLECITO E PROCEDIMENTO SANZIONATORIO

 

Cosa è un PROCEDIMENTO? Esso è costituito da una serie di atti ed atTività tutti finalizzati alla emissione di un PROVVEDIMENTO FINALE.

Quando parliamo di procedimento sanzionatorio amministrativo trattiamo di un insieme di atti concatenati il cui obiettivo finale è quello dell’applicazione di una SANZIONE di carattere amministrativo.

 

Nozione di illecito

 

 

 

Classificazione dell’illecito

 

Illecito civile

   

Illecito penale

 

 

 

 

Illecito amministrativo

 

 

 

 

 

Classificare l’illecito

 

 

 

 

 

 

Depenalizzazione

 

 

 

L. 689/81

 

 

 

 

 

D.L.vo 507/99

 

Cosa è un illecito? L’illecito è la violazione di una regola posta dall’ordinamento giuridico per la tutela di un interesse. Nel caso di commissione di un illecito viene prevista una sanzione, che costituisce la conseguenza, il castigo, la punizione per la violazione commessa

 

L’illecito può essere: civile, penale, amministrativo.

La differenza sta esclusivamente nel tipo di sanzione prevista dalla norma di legge.

 

L’illecito civile tutela interessi patrimoniali di natura privata.

Le sanzioni sono il “risarcimento del danno” o la “restituzione”.

 

L’illecito penale si definisce reato ed è posto a tutela di interessi pubblici.

Le sanzioni si chiamano pene.

La pena viene applicata dal giudice con sentenza di condanna.

 

L’illecito amministrativo è posto a tutela di interessi pubblici.

Le sanzioni si chiamano sanzioni amministrative (pecuniarie e accessorie).

La sanzione amministrativa viene applicata dall’autorità amministrativa con atti o provvedimenti amministrativi.


 

 

Nello svolgimento della funzione repressiva, compito principale dell’operatore di polizia è classificare l’illecito per individuare correttamente la procedura da porre in essere.

La classificazione viene fatta trovando la norma giuridica che vieta la condotta posta in essere e andando verificare il tipo di la sanzione che la legge prevede per la violazione commessa.

 

 

La distinzione tra illeciti penali e illeciti amministrativi crea due settori distinti, ma non separati.

Infatti il legislatore ha previsto diverse volte la trasformazione di un illecito da reato a illecito amministrativo.

La trasformazione dell’illecito da penale ad amministrativo, cioè la trasformazione dei reati in violazioni amministrative costituisce quella che tecnicamente viene chiamata depenalizzazione.

 

 

La legge n. 689/81 ha introdotto un sistema organico di depenalizzazione e ha posto norme generali in materia di procedimento sanzionatorio amministrativo. Costituisce il riferimento normativo principale per l’applicazione delle sanzioni amministrative. E’ la legge corrispondente al codice penale nella parte dove prevede i principi che disciplinano il reato ed al codice di procedura penale che disciplina il procedimento per l’applicazione delle pene previste dalle leggi penali

 

Il D.L.vo 507/99 ha apportato alcune modifiche alla L. n. 689/81 prevedendo l’istituto della reiterazione, l’aggiornamento del limite minimo delle sanzioni pecuniarie e l’attribuzione al giudice di pace della competenza generale in materia di opposizione all’ordinanza ingiunzione.

 

 

 

PRINCIPI GENERALI

(Artt. 1-12  L. n. 689/81)

 

 

Il capo I della L. 689 contiene principi, istituti e regole procedurali che si applicano ad ogni ipotesi normativa che prevede una sanzione pecuniaria amministrativa, salvo che non sia disposto altrimenti (art. 12 L. 689/81).

I principi generali della responsabilità amministrava sono mutuati dal diritto penale, al quale si ispirano quasi tutti, ad eccezione del principio di solidarietà.

 

 

PRINCIPIO DI LEGALITA’

(Art. 1 L. 689/81)

 

 

 

 

Significato

 

 

Corollari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Divieto di analogia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPACITA’

DI INTENDERE

E DI VOLERE

(Art. 2 L. 689/81)

 

 

Capacità di intendere

 

Capacità di volere

 

 

 

 

Chi ha la capacità di intendere e di volere?

 

 

Chi è incapace di intendere e volere?

 

 

 

 

 

 

 

 

Le cause che escludono la capacità di intendere e volere del maggiorenne

 

 

 

 

Incapacità non colpevole

 

 

 

 

La presunzione assoluta di incapacità

di intendere e volere

del minorenne

 

La sorveglianza del minorenne

e la culpa in vigilando

 

 

 

ELEMENTO SOGGETTIVO

(Art. 3 L. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

Responsabilità personale

 

 

 

Coscienza e volontà

 

 

 

 

 

 

 

 

Dolo e colpa

 

 

 

 

 

 

 

 

CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITA’

(Art. 4 L. n. 689/81)

 

 

 

 

 

IL CONCORSO DI PERSONE

(Art. 5 L. n. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pluralità di autori e pluralità di violazioni

 

 

 

 

 

LA SOLIDARIETA’

(Art. 6 L. 689/81)

 

 

 

Diritto di regresso

 

 

 

Gli obbligati in solido

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

NON TRASMISSIBILITA’ DELLA

OBBLIGAZIONE

(Art. 7 L. 689/81)

 

 

 

 

   

 

 

CONCORSO DI VIOLAZIONI

(Art. 8 L. 689

 

Concorso

formale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concorso materiale

 

 

 

 

 

 

 

Regola generale

 

 

 

 

 

 

 

 

LA REITERAZIONE

(Art. 8 bis L. 689/81)

 

Presupposti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRINCIPIO DI SPECIALITA’

(Art. 9 L. 689/81)

 

Concorso apparente di norme

 

 

 

 

 

 

 

 

Norma speciale e norma generale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANZIONE AMMINISTRATIVA PECUNIARIA

(Art. 10 L. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

Lire ed Euro

 

 

 

 

 

 

 

I CRITERI PER L’APPLICAZIONE DELLE SANZIONI PECUNIARIE

(Art. 11 L. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Obbligo di motivazione

“ 1.  Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione”

“ 2. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”

 

 

Una fattispecie costituisce illecito amministrativo solo se una legge in vigore prevede una sanzione amministrativa per quel caso.

 

 

Costituiscono corollari del principio di legalità::

 

1)     Riserva di legge, ovvero necessità di una espressa previsione di legge.

 

2)     Anteriorità della norma rispetto alla condotta punibile, ovvero legge entrata in vigore prima della commessa violazione.

 

3)     Irretroattività e non ultrattività della norma punitiva, ovvero la norma non può essere applicata né a violazioni compiute prima della sua entrata in vigore, né a violazioni compiute dopo la sua abrogazione.

 

Nel diritto amministrativo non si applica il principio del favor rei tipico del diritto penale (art. 2 c.p.).  Pertanto se una legge posteriore al fatto illecito prevede una sanzione più favorevole al trasgressore, trova comunque applicazione la legge anteriore.

Al principio di legalità è collegato il divieto di analogia.

Nell’illecito amministrativo, come in quello penale, vige il divieto di interpretazione analogica della norma di legge (art. 1/2 L. 689/81)

La sanzione può essere applicata esclusivamente al caso indicato e non a casi simili non contemplati.

 

 

 

Solo chi  è capace di intendere e di volere può essere chiamato a rispondere di un illecito amministrativo.

 

 

 

 

La capacità di intendere è la capacità di percepire, capire e valutare correttamente la realtà.

 

La capacità di volere è la capacità di auto-determinarsi, di poter scegliere le proprie azioni.

 

 

 

Nel sistema sanzionatorio dell’illecito amministrativo la capacità di intendere e di volere è attribuita esclusivamente ai maggiori di anni 18.

 

 

Non ha la capacità di intendere o di volere:

 

-         il minore di anni 18

-         il maggiorenne che si trovi in una condizione particolare e cioè il maggiorenne infermo di mente, il sordomuto, colui che si trova sotto l’influenza di sostanze alcoliche o stupefacenti.

 

 

 

Infermità mentale, sordomutismo, ubriachezza accidentale ovvero incolpevole, e l’influenza anch’essa accidentale di sostanze stupefacenti sono le cause di esclusione della capacità di intendere e di volere mutuate dal diritto penale per espressa previsione dell’art. 2 /1 della L. 689.

 

 

Per il maggiore di anni 18 vale la presunzione assoluta di capacità di intendere e di volere, salvo che non sia provato uno stato di incapacità incolpevole, cioè l’esistenza di una incapacità non preordinata a commettere l’illecito.

 

Ad esempio il maggiorenne che si trova in uno stato di ebbrezza involontario, perché ha subito uno scherzo dagli amici, non può essere soggetto a sanzione amministrativa, ma se lo stato di ebbrezza è volontario o addirittura preordinato a commettere l’illecito allora è assoggettato a sanzione.

 

 

 

 

Per il minore di anni 18 vale la presunzione assoluta di incapacità. La conseguenza è che la responsabilità dell’azione del minore ricade su chi è tenuto alla sorveglianza, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto (culpa in vigilando).

 

 

 

Chi è tenuto alla sorveglianza del minore ?

I genitori o coloro che assumono tale obbligo per contratto (ad es. gli insegnanti a scuola).

La responsabilità di queste persone è una responsabilità diretta e non solidale. E’ una responsabilità per fatto proprio a titolo di culpa in vigilando, a titolo di colpa per non aver impedito al minore incapace di commettere l’illecito.

 

Conseguenza operativa: in caso di violazione compiuta da un minorenne il verbale di accertamento della violazione non può essere redatto a carico del minorenne quale trasgressore e semplicemente notificato al genitore, ma deve essere redatto direttamente a carico del genitore, o chi per lui, per aver consentito al minore di porre in essere un certo comportamento vietato dalla legge. (Corte di Cass. I sez. civ. sentenza n. 4286/2002)

 

 

“1. Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa, ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”

 

Anche in questo caso è evidente il parallelismo con il diritto penale, in particolare con l’art. 42 del c.p.

 

Dalla lettura dell’articolo si ricavano tre principi.

 

 

1) Ciascuno è responsabile della propria azione od omissione: La responsabilità amministrativa è personale.

 

 

2) L’illecito deve essere commesso con coscienza e volontà: cioe’ l’atto deve essere riferibile psichicamente al soggetto autore della violazione, il comportamento deve essere moralmente e psicologicamente “suo”.

 

La coscienza e la volontà possono essere escluse nel caso di:

- incoscienza involontaria,

-  forza maggiore

- costringimento fisico

 

 

 

3) L’azione od omissione può essere dolosa o colposa.

Dolo e colpa sono gli stessi concetti del diritto penale (art. 43 c.p.).

 

N.B. Nell’illecito amministrativo si richiede semplicemente la colpa come requisito minimo.

 

Un’indagine sull’atteggiamento psicologico della persona normalmente non assume rilievo salvo che per individuare uno stato di buona fede o di errore incolpevole sul fatto.

 

Le cause di esclusione della responsabilità sono le seguenti:

 

- Adempimento di un dovere (art. 51 c.p.)

- Esercizio di una facoltà legittima (art. 51 c.p.)

- Stato di necessità (art. 54 c.p.)

- Legittima difesa (art. 52 c.p.)

 

Le definizioni di questi concetti si trovano agli articoli 51 e ss del codice penale.

 

Quando più persone concorrono nella stessa violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione prevista dalla legge, salvo che non sia diversamente stabilito.

 

Chi risponde a titolo di concorso ha dato un contributo causale alla violazione, e questo contributo potrebbe essere anche solo di natura psichica.

 

Esempio: un fuoco acceso da due persone insieme in un tempo o in un luogo non consentito (art. 59 del TULPS). In questo caso abbiamo una sola violazione posta in essere da due soggetti: uno ha ammucchiato le stoppie da ardere, l’altro ha acceso il fuoco. Ciascuno soggiace alla sanzione.

 

Da non confondere il concorso di persone nella stessa violazione con il caso della pluralità di autori e pluralità di trasgressioni.

 

Esempio: se più cacciatori congiuntamente eseguono una battuta di caccia in un periodo dell’anno non consentito, avremo una pluralità di illeciti. Per cui ogni cacciatore sarà responsabile della propria azione e ciascuno assumerà la veste di trasgressore e non di coautore di una violazione.

 

La responsabilità solidale è una responsabilità oggettiva che mira ad evitare che l’illecito rimanga impunito.

Infatti l’obbligato in solido è colui che è chiamato a pagare una sanzione pecuniaria amministrativa in alternativa al trasgressore, si ha così una maggiore garanzia del credito vantato dalla pubblica amministrazione.

Colui che  paga la sanzione a titolo di solidarietà ha diritto di regresso nei confronti del trasgressore.

 

Per diritto di regresso si intende il diritto dell’obbligato in solido a recuperare dall’autore della violazione l’intera somma pagata some sanzione pecuniaria.

I soggetti obbligati in solido sono:

 

a)     Coloro che sono legati alla cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione: proprietario, usufruttuario, titolare di un diritto personale di godimento sulla cosa.

Costoro possono liberarsi da questo tipo di responsabilità provando che il trasgressore ha utilizzato la cosa contro la loro volontà.

 

b)     Persone giuridicamente preposte alla direzione, vigilanza, potestà o tutela del trasgressore: violazione commessa da persona capace di intendere e di volere, ma sottoposta all’altrui autorità, direzione o vigilanza.

Costoro possono sottrarsi alla responsabilità solidale provando di non aver potuto impedire il fatto.

Da non confondere questo tipo di responsabilità che è solidale, con la responsabilità diretta collegata alla culpa in vigilando di cui all’art. 2.

 

c)      Il datore di lavoro - persona giuridica, ente o imprenditore -  da cui dipende il trasgressore qualora la violazione sia commessa dal dipendente o dal rappresentante nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze.

La violazione deve essere collegata al rapporto di lavoro e posta in essere dal trasgressore nell’esercizio delle proprie funzioni lavorative o di rappresentanza del datore di lavoro.

A differenza delle altre categorie, non è ammessa alcuna prova per evitare o superare la responsabilità solidale.

 

 

 


L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.

 

Se il trasgressore muore non si può pretendere il pagamento della sanzione dall’erede.

 

In termini pratici questa disposizione genera la necessità di procedere all’archiviazione degli atti in qualsiasi fase sia giunto il procedimento di accertamento della violazione o della riscossione della sanzione inflitta.

 

 

Si ha quando vengono violate più disposizioni di legge che prevedono sanzioni amministrative.

 

Il concorso di violazioni si distingue in concorso formale e concorso materiale.

 

 

Il concorso formale si ha quando con una sola azione od omissione vengono violate diverse disposizioni di legge che prevedono sanzioni o viene violata più volte la stessa disposizione.

 

Nel primo caso abbiamo il concorso formale eterogeneo. Nel secondo caso abbiamo il concorso formale omogeneo.

 

Pensiamo al conducente di un veicolo che pone in essere un sorpasso non consentito in violazione dei limiti di velocità. Questo è un caso di concorso formale eterogeneo.

 

Nel caso di concorso formale di violazioni si applica il principio del cumulo giuridico delle sanzioni e cioè si prende a riferimento la sanzione della violazione più grave la quale può essere aumentata fino al triplo.

 

N.B. Provvede ad applicare il cumulo giuridico delle sanzioni l’ufficio competente ad irrogare la sanzione e non colui che redige il verbale.

Infatti il cumulo giuridico può e deve essere applicato solo con ordinanza ingiunzione di pagamento, mai con il verbale.

 

 

 

Il concorso materiale si ha quando con una pluralità di azioni od omissioni vengono violate diverse disposizioni di legge che prevedono sanzioni.

Ad esempio tale è l’abbattimento di due piante protette senza autorizzazione.

 

Nel caso di concorso materiale si applica il principio del cumulo materiale delle sanzioni e cioè le sanzioni si sommano. Nell’esempio fatto sopra per ogni pianta abbattuta viene applicata la relativa sanzione.

 

 

Ricapitolando abbiamo la seguente situazione:

 

-         Unica azione od omissione – concorso formale di violazioni – cumulo giuridico delle sanzioni

 

-         Pluralità di azioni od omissioni – concorso materiale di violazioni – cumulo materiale delle sanzioni.

 

L’art. 8 bis della L.  689/81 è stato introdotto dal D. Lgs. n. 507/99.

La reiterazione non è la semplice ripetizione di comportamenti illeciti da parte dello stesso soggetto, ma è qualcosa di più complesso.

 

Si ha reiterazione quando nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione, accertata con provvedimento esecutivo, il soggetto commette un’altra violazione della stessa indole.

 

Per poter parlare tecnicamente di reiterazione occorre l’esistenza di tre presupposti:

 

-         un provvedimento esecutivo;

-         l’arco temporale massimo di cinque anni;

-         violazioni della medesima indole.

 

La reiterazione pertanto dipende innanzitutto dall’esistenza di un provvedimento esecutivo.

Il provvedimento esecutivo è l’ordinanza ingiunzione.

 

Affinché si possa parlare di reiterazione occorre che non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta della sanzione

 

Quando la violazione è stata accertata con provvedimento esecutivo la reiterazione viene ad esistenza se nei successivi cinque anni dal fatto lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole.

 

Per violazione della stessa indole si intende:

 

a) violazione della medesima disposizione già violata in precedenza (reiterazione specifica).

 

b) violazione di disposizioni diverse purché per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentino una sostanziale omogeneità rispetto alla precedente.

 

Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con un unico provvedimento esecutivo.

 

 

 

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrava, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

 

L’art. 9 disciplina quello che è chiamato il concorso apparente di norme.

 

Il concorso apparente di norme si ha quando una fattispecie rientra sia in una norma che la vieta e la reprime con una sanzione penale, sia in una norma che la vieta e la reprime con una sanzione amministrativa. In questo caso le due norme concorrono in modo apparente e non in modo reale in quanto trova applicazione solo la norma speciale.

Altrettanto succede per il concorso tra due norme che prevedono sanzioni amministrative.

 

Due sono i concetti da ricordare: il concetto di norma speciale e il concetto di norma generale.

 

La norma generale ha un ambito di applicazione più ampio della norma speciale.

 

La norma speciale è ricompresa in quella generale, tanto che la fattispecie potrebbe essere disciplinata dalla norma generale, se quella speciale mancasse.

 

Esempio: art. 180 c. 8 CdS e art. 650 c.p. Il primo costituisce norma speciale, il secondo norma generale.

Ne consegue che in caso di violazione dell’obbligo di esibire la patente di guida o altro documento o di fornire informazioni si applica la sola sanzione pecuniaria prevista dal codice della strada e non si dà corso alla violazione di cui all’art. 650 del c.p.

Sicuramente la mancanza della sanzione prevista dall’art. 180 avrebbe portato a ricomprendere la fattispecie nella norma più generale dell’art. 650 e a considerare la violazione dell’obbligo un reato.

 


Ci sono anche casi in cui il legislatore esclude a priori il concorso apparente di norme. Ciò accade quando troviamo espressioni del tipo “fuori dai casi indicati dall’art….”, “qualora il fatto non costituisca più grave reato” ecc.

 

La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma di denaro quantificata entro dei limiti minimi e massimi.

Questi limiti si chiamano limiti edittali.

 

L’articolo 10 stabilisce:

 

-         gli importi minimi e massimi dei limiti edittali della sanzione pecuniaria (rispettivamente € 6,00 e € 10.329,00)

 

-         il rapporto tra il minimo edittale e il massimo edittale (il massimo non può essere superiore al decuplo del minimo).

 

L’art. 10 è una norma con valore precettivo nei confronti di altre fonti normative, in particolare nei confronti delle leggi regionali.

L’agente accertatore che si trova ad dover indicare nel verbale  una sanzione espressa ancora in Lire deve prima trasformare i limiti edittali in Euro ( € 1 = £ 1936,27), poi deve applicare la regola del troncamento, ovvero semplicemente togliere i decimali - le cifre dopo la virgola – ai limiti edittali così ottenuti.

 

Bisogna chiarire che essi assumono rilevanza esclusivamente in sede di ordinanza ingiunzione o in caso di contenzioso e non sono diretti all’operatore che redige il verbale.

 

Quando l’operatore di polizia redige un verbale di accertamento o di contestazione, non gli è riconosciuta alcuna valutazione discrezionale in merito alla quantificazione della sanzione pecuniaria amministrativa.

Al contrario chi deve decidere della sorte di un verbale di accertamento per il quale è stato presentato ricorso o che non è stato pagato, qualora questa autorità ritenesse fondato l’accertamento, allora si trova a dover quantificare la sanzione da applicare tra i limiti edittali previsti dalla legge.

Il principio è quello della personalizzazione della sanzione, che avviene valutando situazioni oggettive e soggettive. L’art. 11 ne elenca quattro:

 

-         la gravità della violazione;

 

-         l’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione;

 

-         la personalità del trasgressore;

 

-         le condizioni economiche del trasgressore.

 

 

Nel momento in cui l’autorità competente quantifica la sanzione secondo i suddetti criteri e indica una sanzione di importo superiore al minimo edittale, ha l’obbligo di motivare la sua scelta, deve dire il perché applica una sanzione superiore al minimo.

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi  previsto dalla L. 241/90 si estende anche all’entità della sanzione applicata.

 

 

 


IL PROCEDIMENTO PER L’APPLICAZIONE

DELLE SANZIONI PECUNIARIE

 

 

Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative è disciplinato nel capo I, sezione II  della L. 689/81 agli artt. 13  e ss. 

Il relativo decreto di attuazione D.P.R. 29 luglio 1982 n. 571 contiene l’elenco degli uffici competenti a ricevere il rapporto di cui all’art. 17 della legge e la disciplina del sequestro indicato nell’art. 13/2 della L. 689/81.

 

Il procedimento per l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa prevede diverse fasi che sono:

 

·        L’accertamento del fatto illecito

·        La formalizzazione dell’accertamento mediante apposito verbale

·        La possibilità che l’accertamento venga sottoposto a verifica mediante ricorso all’autorità amministrativa e all’autorità giudiziaria.

·        La riscossione coattiva in caso di mancato pagamento della sanzione.

 

Si tratterà anche della rateizzazione, della connessione obiettiva con un reato delle violazioni a ordinanze e regolamenti locali.

 

Il seguente schema riassume a livello visivo le diverse fasi.

 

 

 

 


L’ACCERTAMENTO DEL FATTO ILLECITO

(Art. 13 L. 689/81)

 

 

Competenza

 

 

 

 

 

Percezione diretta o ricostruzione del fatto

 

 

 

 

 

 

Ricostruire un fatto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poteri dell’organo di controllo

 

 

 

Assunzione di informazioni

 

 

 

 

 

 

 

 

Ispezione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il caso dell’ispezione di un veicolo

 

 

 

 

 

Rilievi segnaletici

descrittivi, fotografici

 

 

 

Esecuzione di ogni altra operazione tecnica

 

 

 

 

 

 

 

La perquisizione

 

 

 

 

 

Perquisire e ispezionare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Accertamenti mediante

analisi di campioni

(art. 15 L. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione

dell’attività

 

 

 

 

 

 

 

IL VERBALE DI ACCERTAMENTO

DI INFRAZIONE

 

 

Definizione

 

 

 

 

Contenuto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CONTESTAZIONE

 

 

 

L. 689/81 Art. 14/ 1

 

 

 

 

 

LA NOTIFICAZIONE

 

 

 

 

 

 

 

La notificazione del verbale ex L. 689/81

 

 

Termini perentori

 

 

 

Conseguenze

 

 

 

 

Computo dei termini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi notifica il verbale di accertamento

 

 

 

 

 

 

 

Con quali modalità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione di notifica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA

 

 

 

 

 

Art. 16 L. 689/81

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccezioni al pagamento in misura ridotta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’accertamento del fatto illecito è di competenza di due categorie di soggetti:

 

 

 

 

  1. organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni la cui violazione comporta l’applicazione della sanzione = organi di vigilanza indicati dalle singole leggi speciali.

 

  1. ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (art. 57 c.p.p.).

 

 

L’accertamento del fatto illecito può avvenire tramite percezione diretta o ricostruzione successiva.

 

Quando il fatto accade in presenza dell’organo accertatore si ha percezione diretta.

 

Quando il fatto accade in assenza dell’organo accertatore necessita di ricostruzione.

 

La ricostruzione di un accadimento, qualsiasi esso sia, appartenente a qualsiasi materia di rilevanza amministrativa e può avvenire mediante il compimento di una serie di atti indicati all’art. 13:

 

-         assumere informazioni,

-         ispezionare cose e luoghi diversi dalla privata dimora,

-         eseguire rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici,

-         procedere ad ogni altra operazione tecnica,

-         perquisire luoghi diversi dalla privata dimora.

 

A questi si aggiunga l’accertamento mediante analisi di campioni, descritto all’art. 15 della L. 689781.

 

Possono poi esserci ulteriori poteri di accertamento previsti e riconosciuti da specifiche disposizioni di legge.

 

Questi sono tutti atti strumentali il cui obiettivo finale è quello di fornire elementi probatori in grado di fondare legittimamente l’accertamento di un illecito.

 

 

A parte l’accertamento mediante analisi di campioni, i poteri conferiti agli organi di controllo in materia di accertamento di un illecito amministrativo sono generalmente più ampi di quelli conferiti ali organi di p.g. per l’accertamento di un reato.

 

 

L’assunzione di informazioni da persone che sono o possono essere a conoscenza di fatti rilevanti per l’accertamento dell’illecito non trova una particolare disciplina nella legge.

 

Il dichiarante può essere anche il presunto trasgressore. Non sono previste particolari forme di garanzia, come diversamente accade nella procedura penale.

 

 

Per ispezione di cose e luoghi diversi dalla privata dimora si intende il compimento di un atto la cui finalità è quella della ricerca delle tracce materiali dell’illecito.

 

L’ispezione è un’attività di osservazione attenta e meticolosa. E’ finalizzata a far prendere conoscenza del modo di essere delle cose o dei luoghi.

 

Non deve mai tradursi in una ricerca di oggetti, altrimenti si parlerebbe di perquisizione.

 

Ne rimane esclusa la privata dimora, ovvero il luogo in cui si esplica la sfera intima e privata di un soggetto.

Da ricordare il reato di violazione di domicilio di cui all’art. 614 del c.p. riferito proprio al luogo di privata dimora.

 

 

L’art. 192 comma 3 del C.d.S. stabilisce che le ispezioni del veicolo possono essere fatte solo al fine di verificare l’osservanza delle norme relative alle caratteristiche e all’equipaggiamento del veicolo medesimo.

 

Ciò significa che al di fuori di questi limiti all’organo accertatore non è consentito esigere l’apertura di un veicolo per esaminarne l’interno e le cose che vi si trovano, perché il veicolo è considerato come un’estensione dell’abitazione, come un luogo privato dal quale l’interessato può escludere gli estranei.

 

E’ consentito ispezionare il veicolo nel suo aspetto esteriore, per valutarne la conformità alle norme, per valutare lo stato di efficienza delle parti, per osservare eventuali danni riportati a seguito di un sinistro.

E’ consentito ispezionare il veicolo nel suo funzionamento: ad es. la rumorosità, i dispositivi di illuminazione, i gas di scarico.

 

 

I rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici consistono nella realizzazione di misurazioni, planimetrie, fotografie.

Esempio: rilievi fatti in materia infortunistica che corredano il rapporto.

 

 

“L’esecuzione di ogni altra operazione tecnica” è semplicemente una norma di chiusura per indicare che l’organo accertatore può direttamente o indirettamente porre in essere tutte quelle attività che richiedono strumenti o nozioni proprie di un arte o di una disciplina. Non ci sono particolari limitazioni.

 

Il tutto avrà un riscontro oggettivo, ci sarà una documentazione agli atti che fornirà elementi di prova.

 

 

 

La perquisizione in luoghi diversi dalla privata dimora è l’atto di ricerca di cose pertinenti l’illecito.

La perquisizione è riservata a coloro che hanno  la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria, con un solo limite: occorre la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

 

La perquisizione può essere utilizzata solo quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova e deve essere autorizzata.

 

Perquisizione:

-          consiste nella ricerca di cose pertinenti l’illecito

-          necessita l’autorizzazione del giudice

-          può essere svolta dalla polizia giudiziaria

 

Ispezione:

-          consiste nella osservazione delle tracce materiali dell’illecito

-          non necessita alcuna formalità ed autorizzazione

-          può essere svolta da qualsisia organo di vigilanza.

 

Limite comune: non possono riguardare luoghi di privata dimora.

 

 

Poiché l’accertamento di talune violazioni necessita di un’analisi tecnica di laboratorio, l’art. 15 della L. 689/81 fornisce le regole dell’accertamento fatto mediante analisi di campioni.

 

La norma prevede che il responsabile del laboratorio deve comunicare l’esito delle analisi all’interessato mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

In questo modo si consente all’interessato di richiedere la revisione delle analisi entro 15 giorni dalla comunicazione, con la presenza di un consulente tecnico di propria fiducia.

La revisione delle analisi verrà compiuta in presenza del consulente tecnico di parte, alla data comunicata al richiedente almeno dieci giorni prima.

I risultati della revisione vengono comunicati all’interessato con raccomandata con avviso di ricevimento. 

La comunicazione del risultato, in caso di sussistenza dell’illecito, equivale alla contestazione.

 

L’attività di accertamento deve essere documentata.

 

La forma di documentazione tipica è il verbale.

Parliamo allora di verbale di sommarie informazioni, verbale di ispezione, verbale di perquisizione.

 

Questi sono atti sottoscritti dal verbalizzante e dal soggetto presente,  nei quali risultano gli elementi tipici di qualsiasi verbale (data, luogo, ora, nominativo del verbalizzante), le generalità del soggetto presente e la descrizione dell’attività svolta.

 

La legge n. 689/81 non fornisce la definizione di “verbale” ma la natura di questo atto è desunta facilmente dall’ordinamento giuridico, con l’aiuto del diritto civile e del diritto amministrativo.

 

Il verbale è:

  • un atto amministrativo, che rientra nella categoria degli “atti di accertamento”;
  • un atto pubblico, cioè un atto fornito di pubblica fede per quanto l’organo accertatore attestata essere avvenuto in sua presenza o essergli stato dichiarato.

 

In base all’art. 2700 c.c. il verbale fa piena prova fino a querela di falso sia della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, sia delle dichiarazioni delle parti, sia degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

 

La Legge 689/81 non indica quali sono gli elementi del contenuto di un verbale di accertamento.

 

Generalmente il verbale ha un contenuto di questo tipo:

 

-         indicazione della data, luogo ed ora dell’accertamento e indicazione della data, luogo ed ora dell’avvenuta violazione se diversa dalla  precedente;

-         indicazione del nominativo dell’organo accertatore, delle generalità e della residenza del trasgressore e dell’obbligato in solido;

-         descrizione del fatto con  l’indicazione della norma violata;

-         eventuali dichiarazioni rese dal trasgressore se c’è stata contestazione immediata;

-          indicazione della sanzione principale, della sanzione accessoria, dell’entità della sanzione in misura ridotta;

-         indicazioni circa le modalità per effettuare il pagamento, l’autorità competente a ricevere il rapporto e a cui far pervenire scritti difensivi;

-         la sottoscrizione dell’organo accertatore. La sottoscrizione degli interessati (trasgressore e/o obbligato in solido) può esserci se c’è stata contestazione immediata.

 

La contestazione consiste nella diretta comunicazione dell’addebito al trasgressore, comunicazione non solo orale, ma contestualmente formalizzata in un atto scritto, quale il verbale di accertata violazione e nella offerta dello stesso al trasgressore.

 

La comunicazione orale dell’addebito con contestuale verbalizzazione, quando possibile, deve essere fatta immediatamente sia nei confronti del trasgressore che dell’obbligato in solido. In tal senso dispone l’art. 14/1. L. 689/81

 

Se non è avvenuta la contestazione immediata il verbale deve essere notificato agli interessati, ovvero al trasgressore e all’obbligato in solido.

 

Per notificazione si intende non la mera comunicazione di un atto, ma una comunicazione formale, avente certe caratteristiche e con una ricezione certa da parte del destinatario.

 

La notificazione garantisce una conoscenza “legale” dell’atto, una conoscenza giuridicamente valida.

 

La  notifica deve avvenire nel rispetto dei termini e delle modalità indicati dalla legge

 

Qualora non sia avvenuta la contestazione immediata, in base alla L. 689/81 (art. 14/2) il verbale di accertamento di infrazione deve essere notificato a trasgressore e obbligato in solido entro 90 giorni dall’accertamento.

Il termine è di 360 giorni se gli interessati risiedono all’estero.

 

In entrambi i casi i termini sono perentori, pertanto inderogabili e non prorogabili.

 

 

Il mancato rispetto di questi termini ha come conseguenza l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione nei confronti del soggetto per il quale la notificazione non è avvenuta o è avvenuta in ritardo.

L’estinzione opera di diritto.  

 

Il conteggio per i termini di notificazione dei verbali va effettuato dalla data di accertamento e nel rispetto dell’art 155 del c.p.c. Ovvero, essendo un computo a giorni, si esclude dal computo il giorno iniziale e se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.

 

Sulla data di partenza del conteggio dei giorni per la notificazione del verbale non può invece influire l’inerzia della P.A. nella ricerca delle generalità dei destinatari.

 

La notificazione deve essere fatta da certi soggetti e rispettare certe modalità.

 

I soggetti che possono procedere alla notificazione del verbale di accertamento sono:

 

-         il funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione;

-         il messo comunale.

 

La notificazione avviene con le modalità previste dal codice di procedura civile, agli artt. 137 ss oppure a mezzo posta con le modalità di cui alla L. n. 890 del 20/11/1982, le cd notifiche in busta verde.

 

Le modalità per procedere alla notificazione sono state parzialmente modificate dal codice in materia di protezione dei dati personali, approvato con D. Lgs. n. 196 del 30/06/2003 in vigore dal 01/01/2004,  modiche effettuate per esigenze di tutela della privacy.

 

La logica sottesa alle modifiche apportate a tutte le norme concernenti la notificazione degli atti  è quella di perseguire lo scopo di tutelare la privacy mediante accorgimenti in grado di evitare che la consegna di un atto a un soggetto abilitato diverso dal destinatario determini la conoscenza dell’atto da parte del ricevente.

 

Da qui la necessità che la notifica a mano fatta a un soggetto diverso dal destinatario venga effettuata in busta chiusa e sigillata, e che quella a mezzo posta venga effettuata con buste che non rechino segni o indicazioni dalle quali possa desumersi il contenuto dell’atto.

 

Alla notificazione di un atto deve sempre corrispondere una relata o relazione di notifica.

 

La relazione di notifica è una formula inserita in calce all’atto o sul retro, sia sull’originale che sulla copia, sottoscritta dal pubblico ufficiale che la esegue e dal destinatario dell’atto, attestante:

 

-         in quale data l’atto è stato consegnato;

-         a chi l’atto è stato consegnato;

-         la modalità eseguita per la consegna.

 

Modalità di consegna:

 

-         in mani proprie del destinatario;

-         in mani di un terzo legittimato a cui l’atto viene consegnato in busta chiusa e sigillata. (maggiore di anni 14 e non palesemente incapace, tra i soggetti indicati all’art. 139 c.p.c.)

 

Se la notificazione avviene a mezzo posta, la relazione di notifica attesta che l’atto è stato spedito in una certa data mediante lettera raccomandata da un certo ufficio postale e notificato alla data risultante dall’avviso di ricevimento.

A tal fine vengono utilizzate specifiche buste e avvisi di ricevimento, così come richiesto dalla L. n. 890/82.

 

 

Tra gli elementi essenziali di un verbale di accertamento c’è l’indicazione della sanzione pecuniaria.

L’organo accertatore deve scrivere nel verbale qual è l’entità della sanzione pecuniaria amministrativa che si chiede di pagare al trasgressore o all’obbligato in solido.

 

In questo contesto emerge il concetto di pagamento in misura ridotta o di sanzione in misura ridotta.

 

Il pagamento in misura ridotta è disciplinato dall’art. 16 della L. 689/81.

 

Il comma 1 recita “ E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata, o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

 

L’attuale formulazione di questo articolo pone la regola che l’organo accertatore deve applicare per calcolare l’entità della sanzione che il trasgressore o l’obbligato in solido può pagare estinguendo l’obbligazione.

 

E’ semplicemente un calcolo matematico.

 

·        Se la violazione è punita con una sanzione per la quale sono indicati sia il minimo che il massimo edittale (ovvero è prevista una sanzione che va da una cifra x a una cifra y), il verbalizzante deve:

 

-         moltiplicare il minimo per due (prima operazione)

-         dividere il massimo per tre (seconda operazione)

-         raffrontare i due risultati

-         applicare l’importo inferiore

 

·        Se la violazione è punita invece con una sanzione per la quale è indicato solo il massimo edittale (ovvero è prevista una sanzione fino a una cifra y), il verbalizzante deve:

 

-         dividere la cifra indicata come massimo edittale per tre (calcolo di un terzo)

-         applicare come sanzione l’importo derivante dall’operazione di divisione.

 

Il risultato finale di queste operazioni coincide con la sanzione in misura ridotta.

 

Il pagamento in misura ridotta della sanzione è ammesso nel rispetto del termine di 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione del verbale di accertamento.

Se avviene il pagamento in misura ridotta il procedimento termina e ciò accade sia se a pagare è il trasgressore, sia se a pagare è l’obbligato in solido.

 

Per consentire il pagamento in misura ridotta il verbale deve specificare non solo l’entità della somma da pagare, ma anche le modalità per effettuare il pagamento e quale è l’ente a cui va effettuato il pagamento.

 

Attenzione: nel caso concreto può esserci una disposizione di legge che esclude la possibilità del pagamento in misura ridotta.

Se il pagamento in misura ridotta non è consentito il verbalizzante ne dà atto e il procedimento prosegue direttamente con il rapporto all’autorità amministrativa competente.

 

 

 

 

IL DESTINATARIO DEI PROVENTI DELLE SANZIONI PECUNIARIE

 

Modalità di pagamento.

Regola generale

 

Modalità di pagamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’INERZIA DELL’

INTERESSATO

 

 

 

 

 

 

 

IL RAPPORTO

(Art. 17 L. n. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Competenza per territorio

Competenza per materia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Competenza e proventi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLI SCRITTI DIFENSIVI

(Art. 18  L.  689/81)

 

 

 

 

Controdeduzioni

 

 

 

Audizione personale

 

 

 

 

Termine

 

 

L’ORDINANZA

 

 

 

 

Definizione

 

 

Competenza

 

 

 

 

Ordinanza

di archiviazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ordinanza ingiunzione di pagamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contenuto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COMPETENZA PER IL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE

(Art. 22 bis L. 689/81)

 

La competenza del Giudice di Pace

 

La competenza del Tribunale

 

Per materia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per valore della causa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per sanzioni non pecuniarie

 

 

 

 

In altri casi

 

 

 

 

 

 

 

L’OPPOSIZIONE ALL’ORDINANZA INGIUNZIONE

 

 

 

Termine

 

 

Decorrenza

 

 

Modalità

 

 

 

Conseguenze sull’esecuzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE

(Art. 23 L. 689/81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deposito degli atti

 

 

 

Rappresentanza

 

 

 

Le regole del giudizio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sentenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’APPELLO

 

 

 

 

 

 

 

RICORSO PER CASSAZIONE

 

 

L’ESECUZIONE FORZATA

(Art. 27 L. n. 689/81 e art. 206 CdS)

 

Presupposto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Procedura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli interessi

 

 

 

 

 

L’autorità competente

 

 

LA PRESCRIZIONE

(Art. 28 L. 689/81)

LA RATEIZZAZIONE

(Art. 26 L. n. 689/81)

 

Autorità competente

 

 

Presupposto

Modalità

 

LA CONNESSIONE OBIETTIVA CON UN REATO

(Art. 24 L. n. 689/81 e art. 221 CdS)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Effetti

 

 

 

 

 

 

 

 

Restituzione degli atti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE VIOLAZIONI ALLE ORDINANZE E AI REGOLAMENTI LOCALI

(Art. 7 bis D. Lgs. N. 267/2000)

Il procedimento

 

 

I casi

 

La sanzione

Il verbale di accertamento deve indicare non solo la somma da pagare a titolo di sanzione pecuniaria, ma anche le modalità di pagamento. Occorre dire al destinatario del verbale anche come e a chi pagare.

 

Normalmente esiste una corrispondenza tra l’autorità competente a ricevere il rapporto e l’ente a cui vanno i proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie.

 

Tutto il sistema sanzionatorio della L. 689 è caratterizzato dal pagamento di una sanzione che avviene mediante versamento in c.c.p o in banca o con sistemi alternativi, fino all’eventualità di una riscossione allo sportello dell’ufficio dell’organo accertatore.

In ogni caso è escluso il pagamento della sanzione direttamente ed immediatamente nelle mani dell’organo accertatore – il cd pagamento brevi manu.

 

Qualora non avvenga il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria ci deve essere un atto di impulso, il cosiddetto rapporto, che viene inviato all’autorità amministrativa competente a cura dell’organo accertatore per consentire la prosecuzione del procedimento ed arrivare alla produzione di un atto che potrà diventare titolo esecutivo.

 

 

L’art. 17 della L. n. 689 pone l’obbligo del rapporto a carico del funzionario o dell’agente che ha accertato la violazione qualora, trascorsi i 60 giorni utili, non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta.

 

 

Il rapporto consiste in una nota informativa inviata all’autorità amministrativa competente circa l’avvenuto accertamento di un illecito amministrativo.

 

Non sono richieste forme specifiche per questo atto, salvo un contenuto minimo idoneo alla realizzazione dello scopo.

Con il rapporto si trasmette copia del verbale completo delle eventuali relazioni di notifica.

 

 

A chi dobbiamo inviare il rapporto? Qual è l’autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto?

 

Competenza per territorio: autorità amministrativa del luogo in cui è stata commessa la violazione.

 

Per le violazioni dei regolamenti comunali e provinciali il rapporto è presentato rispettivamente al Sindaco o al Presidente della Giunta Provinciale.

 

Nelle materie di competenza delle Regioni e comunque nei casi in cui le funzioni amministrative sono delegate alla Regione, il rapporto è presentato all’ufficio regionale competente, salvo che la Regione non abbia delegato l’esercizio delle funzioni di vigilanza ai Comuni.

Se esiste una Legge Regionale di questo tipo, il rapporto va presentato al Sindaco.

 

Il Decreto di attuazione dell’art. 17 L. 689/81  -  D.P.R. n. 571 del 1982 - indica gli uffici periferici dei singoli ministeri competenti a ricevere il rapporto nelle materie di competenza dello Stato.

In mancanza di indicazioni precise circa l’ufficio periferico dello Stato il rapporto va sempre al Prefetto.

 

Indicazioni in merito all’autorità competente a ricevere il rapporto le possiamo trovare anche nella specifica legge che andiamo ad applicare al caso concreto.

 

Negli anni ’90 ci sono stati diversi Decreti Ministeriali volti ad individuare ulteriori uffici competenti a ricevere il rapporto a seguito del processo di depenalizzazione di quel decennio.

 

 

N.B.: Esiste una corrispondenza tra l’autorità amministrava competente a ricevere il rapporto e l’ente a cui vanno i proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni.

 

Esempi:

- per le violazioni ai regolamenti comunali il rapporto va presentato al Sindaco (o meglio al dirigente) e i proventi vanno al Comune;

- per le violazioni ai regolamenti provinciali il rapporto va al Presidente della Provincia (o meglio al dirigente) e i proventi vanno alla Provincia.

- per le violazioni alle LL. RR., in caso di delega ai Comuni il rapporto va presentato al Sindaco e i proventi vanno ugualmente al Comune. Viceversa, in assenza di delega, il rapporto va presentato all’ufficio regionale competente e i proventi vanno alla Regione;

 

Il soggetto che si vede contestata una violazione o che si vede notificato un verbale di accertamento di infrazione ha la possibilità di far valere le proprie ragioni e mettere in discussione l’accertamento effettuato a suo carico.

 

L’art. 18 della L. n. 689 stabilisce che entro il termine di 30 giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

 

Se gli interessati – trasgressore e/o obbligato in solido – presentano scritti difensivi, si apre un’ulteriore fase del procedimento, volta ad accertare:

-         la legittimità del verbale,

-         l’assenza di cause di esclusione della responsabilità,

-         la corretta interpretazione dei fatti,

in relazione agli argomenti esposti negli scritti difensivi.

 

 

L’organo accertatore deve predisporre delle controdeduzioni in merito a quanto sostenuto negli scritti difensivi dagli interessati.

 

 

Gli interessati possono chiedere di essere sentiti personalmente dall’autorità amministrativa competente.

Se c’è simile richiesta l’autorità amministrativa ha l’obbligo di procedere all’audizione personale. Comunica al richiedente il giorno in cui avverrà la sua audizione e verbalizza le sue dichiarazioni.

 

Il termine di 30 giorni per la presentazione di scritti difensivi è imposto all’interessato a pena di decadenza.

 

La presentazione di scritti difensivi all’autorità amministrativa competente in base all’art. 17 della L. n. 689 produce un contenzioso che termina con un atto chiamato ordinanza.

 

L’ordinanza è un provvedimento amministrativo, ovvero un atto avente rilevanza esterna con il quale la Pubblica Amministrazione manifesta la propria volontà nei confronti di soggetti determinati e in grado di modificare unilateralmente la sfera giuridica degli stessi.

 

Come tale è un provvedimento tipico e nominato, dotato di tutte le caratteristiche degli altri provvedimenti amministrativi.

 

Da un punto di vista di competenza, l’ordinanza è un provvedimento del dirigente.

Da un punto di vista di contenuto l’ordinanza può essere di archiviazione o ingiuntiva.


 

L’ordinanza di archiviazione è il provvedimento con il quale l’autorità amministrativa competente a decidere sulla sorte di un verbale ne dispone l’archiviazione determinando la fine della procedura sanzionatoria amministrativa.

Ciò avviene quando tale autorità ritiene infondato l’accertamento dell’organo di vigilanza  o  “irregolare” l’atto.

 

 

L’ordinanza di archiviazione deve essere motivata e deriva da una valutazione avente ad oggetto sia la legittimità che il merito del verbale.

 

Esempi di archiviazione: verbale viziato da violazione di legge o eccesso di potere; termini di notificazione non rispettati; avvenuta prescrizione; morte dell’obbligato ….

 

L’ordinanza di archiviazione viene comunicata integralmente all’ufficio che ha trasmesso il rapporto (art. 18/2 L. 689/81).

 


 

L’ordinanza ingiunzione di pagamento è il provvedimento con il quale l’autorità amministrativa competente ordina al trasgressore e/o obbligato in solido di pagare una somma di denaro, a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa per la violazione accertata, entro 30 giorni dalla notificazione dell’ordine.

Ciò avviene quando tale autorità ritiene l’accertamento fondato e il procedimento formalmente corretto.

 

L’ordinanza ingiunzione costituisce titolo esecutivo, pertanto in caso di mancato pagamento consente di riscuotere coattivamente l’importo ingiunto, ovvero la sanzione più le spese.

 

 

L’ordinanza ingiunzione contiene gli elementi tipici del provvedimento amministrativo e gli elementi specifici del procedimento sanzionatorio.

 

Contenuto generale di una ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzione pecuniaria amministrativa:

 

-         indicazione dell’autorità dalla quale proviene l’atto;

-         il preambolo, costituito da una serie di indicazioni quali: il riferimento al verbale, alla norma giuridica violata, al rapporto, l’attestazione dell’avvenuta notifica o della regolarità della contestazione, l’attestazione dell’avvenuta audizione dell’interessato qualora ne abbia fatto richiesta;

-         indicazione dei motivi per cui si è ritenuto legittimo l’accertamento;

-         indicazione dei criteri utilizzati per determinare il quantum della sanzione;

-         indicazione della somma che costituisce la sanzione e delle spese di cui si chiede il rimborso;

-         generalità dei destinatari – trasgressore/obbligato in solido – tenuti al pagamento;

-         indicazione delle modalità di pagamento;

-         indicazione del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere in sede giurisdizionale;

-         luogo di emissione, data, firma della persona fisica che impersona l’organo cui compete la decisione.

 

Anche l’ordinanza ingiunzione deve essere motivata, pena l’illegittimità dell’atto.

La motivazione, per quanto succinta o sintetica, deve essere chiara e completa. Deve  indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in relazione alle risultanze dell’istruttoria. (art. 3 L. 241/90)

 

Altro elemento importante dell’ordinanza ingiunzione di pagamento è l’indicazione dei termini e del giudice competente a ricevere il ricorso in opposizione (art. 3 L. 241/90) = indicazione del regime giuridico dell’atto.

La mancanza di questo elemento preclude il decorso del termine per presentare ricorso.

 

La competenza per il cosiddetto giudizio di opposizione la troviamo indicata all’art. 22 bis della L. n. 689/81, inserito dal D. L.vo n. 507/99.

 

 

Regola generale: competenza del Giudice di Pace

 

 

Eccezione: competenza del Tribunale inteso in composizione monocratica

 

1^ eccezione – esclusioni per materia.

 

L’opposizione si propone davanti al Tribunale quando la violazione concerne le seguenti materie:

-         tutela del lavoro, igiene sui luoghi di lavoro, prevenzione degli infortuni sul lavoro;

-         previdenza e assistenza obbligatorie;

-         urbanistica ed edilizia;

-         tutela dell’ambiente dall’inquinamento, flora, fauna e aree protette;

-         igiene degli alimenti e delle bevande;

-         società e intermediari finanziari;

-         materia tributaria e valutaria.

 

Di volta in volta occorre verificare se l’argomento trattato rientra o meno in una delle materie di questo elenco.

 

2^ eccezione  - esclusioni dettate dal valore della causa.

 

L’opposizione si propone davanti al Tribunale quando in rapporto alla violazione è comminata una sanzione di importo superiore nel massimo edittale a trenta milioni di lire  - ovvero € 15.493,00 – oppure, per le sanzioni comminate in modo proporzionale senza limite massimo, qualora l’importo della sanzione inflitta sia superiore al medesimo limite di trenta milioni di lire.

 

Questo è pari esattamente al limite della competenza civile del giudice di pace, nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 7 del c.p.c.

 

3^ eccezione  - esclusioni per sanzioni non pecuniarie.

 

L’opposizione si propone sempre davanti al Tribunale qualora sia stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola  o congiunta a quest’ultima.

 

4^ eccezione  - esclusioni specificamente previste dalla legge

 

L’ultimo comma dell’art. 22 bis fa salve le competenze stabilite da diverse disposizioni di legge.

 

Norma di chiusura e di coordinamento con la quale il legislatore ha voluto garantire l’applicazione di principi difformi nei limiti in cui siano espressamente stabiliti da diverse disposizioni di legge.

 

L’opposizione ad una ordinanza ingiunzione di pagamento si propone al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione entro 30 giorni dalla notificazione (60 giorni se l’interessato risiede all’estero).

(Art. 22 comma 1 della L. n. 689)

 

Il termine di 30 giorni (60 per residenti all’estero) è perentorio ed è stabilito a pena di inammissibilità dell’opposizione.

 

La decorrenza del termine per la presentazione dell’opposizione all’autorità giudiziaria è collegata alla notificazione dell’ordinanza ingiunzione.

 

Le modalità per la presentazione del ricorso, che è l’atto tramite il quale si esercita l’opposizione, sono indicate dall’art. 22 della L. n. 689/81.

 

L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza inoppugnabile ( art. 22/7 L. n. 689/81).

 

Ciò significa che l’apertura di un procedimento di opposizione in sede giudiziaria non fa venir meno la normale esecutività dell’ordinanza ingiunzione. La sospensione dell’esecutività dell’ordinanza deve essere richiesta espressamente dall’interessato e il giudice la concede in presenza di gravi motivi.

 

Il giudizio di opposizione si svolge con le modalità previste dall’art. 23 della L. 689/81.

 

E’ un giudizio che risponde a una logica di semplificazione e di celerità.

 

L’interessato può proporre ricorso senza essere obbligato a farsi assistere da un legale.

 

Quando viene presentato ricorso il giudice fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione e ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione.

 

L’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato deve:

 

1) adempiere l’ordine di deposito degli atti.  Tutti gli atti relativi all’accertamento devono essere depositati in cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza di comparizione.

 

2) scegliere se stare in giudizio con l’assistenza di un legale o se avvalersi di funzionari appositamente delegati (art. 23/4 L.689/81).

 

Il giudizio di opposizione segue le regole particolari dettate dall’art. 23 e le regole generali del c.p.c. (rapporto norma speciale – norma generale).

 

La specialità del giudizio di opposizione, emerge dai seguenti elementi:

 

- tutti gli atti sono esenti da tasse o imposte,

- non ci sono particolari formalità,

- è il giudice che regola lo svolgersi del procedimento,

- il giudice ha ampi poteri istruttori, potendo disporre anche d’ufficio i mezzi di prova che ritiene necessari,

- può sentire personalmente l’opponente che ne faccia richiesta,

- può disporre l’audizione dei verbalizzanti, la citazione di testimoni, prescindendo dalle richieste delle parti.

 

La specialità emerge anche dalla seguente norma:

nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’art. 113/2 del c.p.c. (art. 23/12 L. 689/81).

 

Questa norma pone il principio per il quale il giudice di pace nei giudizi di opposizione non può giudicare secondo equità, ma deve giudicare e pronunciare sentenza secondo diritto.

 

La sentenza con cui si chiude il giudizio di opposizione può avere un diverso contenuto:

 

- di rigetto integrale dell’opposizione, con l’effetto di convalidare il provvedimento opposto;

 

- di integrale accoglimento dell’opposizione qualora non sia provata sufficientemente la responsabilità dell’opponente, con l’effetto di annullare il provvedimento opposto;

 

- di parziale accoglimento dell’opposizione, annullando parzialmente il provvedimento opposto o modificandolo anche con riferimento all’entità della sanzione. Quest’ultima infatti può essere ridefinita dal giudice in base alla valutazione dei criteri di cui all’art. 11 della L. 689/81, mantenendosi all’interno dei limiti edittali.

 


 Con la modifica apportata all’art. 23 della L. n. 689/81 dal D. Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006, la sentenza con cui termina il giudizio di opposizione è diventata appellabile.

La sentenza del giudice di primo grado può essere valutata nel merito da un giudice di secondo grado.

 

Il giudizio di secondo grado, nel caso di sentenza emessa dal Giudice di Pace è di competenza del Tribunale e richiede l’assistenza di un legale sia per il cittadino che per l’Amministrazione.

 

Il ricorso per Cassazione è il terzo grado di giudizio, proponibile esclusivamente per motivi di legittimità dopo e contro la sentenza d’appello.

 

Terminato il procedimento amministrativo con il quale si applica una sanzione pecuniaria, il mancato pagamento della sanzione fa aprire la fase della riscossione coattiva.

 

 

Il presupposto per l’attivazione di questa fase è l’esistenza di un titolo esecutivo.

 

Il titolo esecutivo è costituito dall’ordinanza ingiunzione, dopo che sono trascorsi trenta giorni dalla sua notificazione.

 

Nel caso in cui venga fatta opposizione all’autorità giudiziaria competente secondo le regole stabilite dall’art. 22 della L. n. 689, non c’è sospensione automatica dell’esecuzione del provvedimento.

In questi casi, salvo che il giudice non disponga altrimenti ordinando la sospensione, il provvedimento opposto diventa comunque titolo esecutivo trascorsi i termini utili per il pagamento.

 

La riscossione coattiva avviene attraverso la procedura di cui al D.P.R. n. 602 del 1973 successivamente modificato ed integrato, contenente le norme per l’esazione delle imposte dirette, con alcuni aggiustamenti.

 

La fase dell’esecuzione coattiva passa attraverso una serie di tappe scandite da scadenze temporali predefinite, per arrivare alla notifica di cartelle esattoriali da parte del Servizio Riscossione Tributi, che può utilizzare strumenti quali il pignoramento dei beni o il fermo del veicolo nel caso in cui non ottenesse il pagamento della cartella notificata.

 

Il titolo esecutivo consente all’amministrazione di ottenere coattivamente non solo l’importo della sanzione, ma anche gli interessi calcolati sullo stesso importo più le spese.

 

Al ritardo del pagamento di una sanzione consegue  l’obbligo del pagamento degli interessi, calcolati nella misura del 10 % sull’importo dovuto per la sanzione, per ogni semestre di ritardo, a decorrere da quello in cui la sanzione è diventata esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore.

 

L’attivazione della fase della riscossione coattiva spetta all’autorità amministrativa che ha emesso l’ordinanza ingiunzione ex art. 18 L. 689/81.

 

Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni di carattere amministrativo si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.

 

Questo significa che ogni qual volta si verifica una interruzione il termine di cinque anni comincia a decorrere daccapo.

 

Cause di interruzione del termine di prescrizione possono essere le seguenti:

 

-         la notifica dell’atto di accertamento,

-         la notifica dell’ordinanza ingiunzione,

-         l’opposizione,

-         il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio di opposizione.

 

 

La legge prevede e disciplina l’istituto della rateizzazione della sanzione.

Occorre innanzitutto una richiesta dell’interessato.

 

La richiesta va presentata all’autorità amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria = autorità amministrativa che emette l’ordinanza ingiunzione di pagamento.

Nel caso di connessione obiettiva con un reato, la richiesta va presentata al giudice penale.

 

La richiesta deve provenire da un soggetto obbligato al pagamento della sanzione che si trovi in condizioni economiche disagiate.

 

La rateizzazione viene concessa con un provvedimento che stabilisce l’importo e il numero delle rate nelle quali il credito viene suddiviso.

 

L’importo e il numero delle rate non sono discrezionali. L’art. 26 ci indica che la sanzione può essere suddivisa in rate mensili da tre a trenta e che ciascuna rata non può essere inferiore a € 15,49 (trentamila lire).

 

L’obbligato ha il potere di estinguere in ogni momento il debito mediante un unico pagamento.

 

Al contrario se l’obbligato fa scadere anche una sola rata senza effettuare il pagamento, perde il beneficio della rateizzazione ed è tenuto al pagamento dell’ammontare residuo in un'unica soluzione.

 

La connessione obiettiva con un reato si verifica quando una violazione prevista come illecito amministrativo costituisce l’antecedente logico necessario all’accertamento di un reato.

 

In genere questo accade quando c’è almeno una parziale coincidenza tra i comportamenti ritenuti illeciti nel diritto penale e quelli ritenuti illeciti nel diritto amministrativo.

 

Esempio: reato di lesioni colpose conseguente a violazioni di norme del codice della strada, come un’eccessiva velocità o una mancata precedenza, dalle quali derivi un sinistro stradale con feriti.

 

La parziale coincidenza tra il comportamento ritenuto illecito nel diritto penale e quello ritenuto illecito nel diritto amministravo, non deve essere occasionale.

 

Esempio: non c’è connessione obiettiva tra il reato di lesioni colpose a seguito di sinistro stradale e l’illecito amministrativo del conducente del veicolo coinvolto che risulta momentaneamente sprovvisto di patente di guida.

 

La connessione obiettiva con un reato determina la conseguenza dello spostamento della competenza a decidere sulla violazione amministrativa dall’autorità amministrativa all’autorità giudiziaria, ovvero al giudice penale competente per il reato, al quale devono essere trasmessi gli atti.

 

Lo spostamento della competenza opera purché non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria amministrativa perché il pagamento estingue l’illecito amministrativo.


 

Se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità la connessione si interrompe e viene meno lo spostamento della competenza a favore dell’autorità giudiziaria, pertanto quest’ultima restituisce gli atti all’autorità amministrativa affinché proceda per quanto di competenza.

 

 

La legge riconosce agli enti locali la possibilità di esercitare una potestà sanzionatoria, ovvero di produrre norme sostenute dalla minaccia di una sanzione di carattere amministrativo.

Questo è il principio espresso nell’art. 7 bis del D. Lgs. n. 267/2000.

 

 

Applicare una sanzione pecuniaria amministrativa per una violazione ai regolamenti o alle ordinanze degli enti locali significa semplicemente seguire il procedimento indicato dalla L. 689/81 e i suoi principi generali.

 

Le sanzioni pecuniarie amministrative possono riguardare la violazione di  regolamenti locali (regolamento di polizia urbana, regolamento di polizia rurale, regolamento di igiene, regolamento per il commercio su area pubblica, regolamento concernente la pubblicità, ecc.) e di ordinanze ordinarie ma non di ordinanze contingibili ed urgenti.

La violazione di queste ultime determina l’applicazione dell’art. 650 c.p., è pertanto reato e non illecito amministrativo.

 

Qual è la sanzione da applicare?

Salvo che non ci sia una diversa disposizione di legge, si applica la sanzione pecuniaria amministrativa da € 25 a € 500 (ovvero € 50 in misura ridotta)

 

L’ente locale ha la facoltà di graduare le sanzioni in sede normativa, cioè il regolamento o l’ordinanza possono indicare una sanzione specifica per ciascuna violazione, basta che sia ricompresa nei limiti di 25 e 500 euro.

 

 

LE SANZIONI ACCESSORIE NELLA LEGGE N. 689/81

 

 

Quali sono e con quale atto vengono applicate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La confisca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sequestro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nomina del custode

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il verbale di sequestro e nomina del custode

 

 

 

 

 

 

La restituzione delle cose sequestrate

Le sanzioni amministrative accessorie sono disciplinate dall’art.  20 della L.  689/81.

 

Esse possono consistere in ritiro o sospensione di licenze, autorizzazioni, concessioni, l’obbligo di sospendere una determinata attività o di cessarla, l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi ecc.

 

Può essere prevista anche la confisca, ovvero la perdita della proprietà di cose che sono collegate con il fatto illecito perché ne costituiscono il mezzo, il prodotto o l’oggetto.

 

Tali sanzioni, qualora previste dalle singole disposizioni di legge, vengono applicate con ordinanza.

 

La confisca è facoltativa per le cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione.

 

La confisca è obbligatoria nei seguenti casi:

 

-         per le cose che costituiscono il prodotto della violazione, sempre che appartengano a persone cui è ingiunto il pagamento della sanzione;

 

-         per le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce violazione amministrativa, a meno che non appartengano a persone estranee alla violazione e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 

Quando la legge prevede la confisca all’atto dell’accertamento si procede mediante sequestro.

 

Il sequestro è una misura cautelare. Si trova disciplinato alle seguenti norme: art. 13/2, art. 17/6 e art. 19 della L. 689/81, D.P.R. n. 571/82.

 

Anche il sequestro si distingue in facoltativo e obbligatorio.

 

Il sequestro facoltativo serve a sottrarre dalla disponibilità del privato cose che possono essere oggetto di confisca.

Il sequestro è obbligatorio per le cose che devono essere oggetto di confisca.

 

 

Il sequestro è un atto tramite il quale si toglie la disponibilità (materiale e giuridica) di una cosa perché viene sottoposta a vincolo e messa a disposizione dell’autorità procedente.

 

 

Quando si procede a sequestro e le cose non possono essere conservate negli uffici dell’organo accertatore occorre la nomina di un custode, cui fanno capo obblighi inerenti alla conservazione della cosa.

 

Il custode deve assumersi l’obbligo di:

 

-         conservare il bene sequestrato nello stato d’uso accertato al momento della consegna;

-         renderlo disponibile ad ogni richiesta dell’autorità competente;

-         non rimuoverlo dal luogo in cui viene custodito.

 

Gli artt. 334 – 335 c.p. prevedono reati conseguenti alla violazione degli obblighi del custode. Puniscono il comportamento del custode che sopprime, distrugge, deteriora la cosa sequestrata, oppure ne cagiona la distruzione o la dispersione, o semplicemente ne agevola la sottrazione.

 

Il custode deve essere sempre avvertito circa gli obblighi di custodia e del fatto che la loro violazione costituisce un reato.

 

Quando si procede a sequestro occorre redigere il verbale di sequestro con nomina del custode e affidamento della cosa sequestrata.

 

Al contenuto base di qualsiasi verbale – data, ora, luogo, soggetti procedenti, motivi ecc – si aggiungono quali elementi propri al verbale di sequestro:

 

-         la descrizione dello stato delle cose sequestrate,

-          la descrizione dei sigilli,

-          il luogo di custodia,

-          la nomina del custode con tutti gli avvertimenti inerenti gli obblighi di custodia

-         l’indicazione circa la possibilità di presentare ricorso all’autorità amministrativa competente.

 

 

Il verbale di sequestro deve essere immediatamente trasmesso all’autorità amministrativa competente (art. 17/6 L.689/81) ad irrogare la sanzione, in quanto contro il sequestro è possibile immediatamente proporre opposizione e l’autorità competente deve avere quindi subito la disponibilità del verbale.

 

 

A seguito di opposizione l’autorità competente deve decidere entro 10 giorni, altrimenti l’opposizione si intende accolta (silenzio-accoglimento) (art. 19 L. 689/81) e le cose sequestrate vanno restituite (perenzione del sequestro).

 

 La restituzione delle cose sequestrate è inoltre obbligatoria nel caso in cui:

 

a)     segua un’ordinanza archiviazione;

b)     segua un’ordinanza ingiunzione con la quale non venga disposta la confisca;

c)      nel caso in cui l’opposizione al sequestro è stata rigettata e non venga disposta la confisca entro due mesi dal rapporto o entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro.