TECNICHE DI MANIPOLAZIONE NEL RECUPERO DELLA FAUNA
SELVATICA
Dott. Riccardo Famà
Medico
Veterinario
Ø
Il recupero
dell’animale selvatico in difficoltà, cioè:
§
il
prelievo del soggetto nell’ambiente naturale,
§
il
confinamento dello stesso in idoneo contenitore,
§
il
successivo trasporto al Centro di cura,
rappresenta la fase iniziale di tutte quelle attività
volte a fornire soccorso alla fauna selvatica in condizioni di inabilità.
Ø
Il primo
importante punto da prendere in considerazione, è quello di stabilire il concetto
di fauna selvatica in difficoltà o in condizioni di inabilità.
Ø
Tutte le
specie animali selvatiche che vivono in libertà nell’ambiente naturale, sono
in grado di condurre vita autonoma ed autosufficiente, e quindi svolgono
normalmente tutte quelle funzioni biologiche che gli sono proprie, quali il
muoversi, il procurarsi il cibo, il riprodursi eccetera.
Ø
Qualsiasi
condizione o situazione che comprometta o alteri in misura variabile ed in
maniera reversibile o permanente questa capacità, mette l’animale selvatico
appunto in condizioni di difficoltà o di inabilità.
Ø
E’ un
concetto abbastanza ampio ma preciso, che occorre conoscere, e che risulta
fondamentale valutare soprattutto nella fase iniziale del recupero degli animali
selvatici in difficoltà.
Ø
Può
capitare infatti di trovarsi in situazioni di apparente difficoltà o
inabilità da parte di un selvatico, oppure in condizioni transitorie di
questo tipo che si risolvono spontaneamente senza bisogno di intervento
da parte del soccorritore, o quando addirittura l’intervento di quest’ultimo
potrebbe risultare deleterio.
Ø
Esempi
tipici a questo riguardo possono essere i ritrovamenti di soggetti in
giovanissima età (nidiacei o cuccioli) i quali spesso pur essendo in
condizioni di potenziale pericolo, sono comunque sotto il controllo dei
genitori, e pertanto è sconsigliato il loro prelievo.
Ø
Un altro
aspetto che mi preme sottolineare è quello relativo al recupero anche di
animali selvatici ritrovati morti.
Ø
Il
recupero di questi soggetti, anche se devia dalle finalità specifiche di un
Servizio per il recupero la cura e la riabilitazione della fauna selvatica in
difficoltà, è comunque molto importante per tutte quelle attività che
possiamo definire accessorie a questi tipo di Servizio, permettendo di ricavare
da questi selvatici morti svariati dati.
Ø
Le basi normative inerenti il recupero, la
cura e la riabilitazione della fauna selvatica in condizioni di difficoltà,
fanno capo essenzialmente alla legge nazionale 11 febbraio 1992
n° 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per
il prelievo venatorio”.
Gli
articoli di riferimento della legge 157/92 sono:
Ø
L’art.
4 comma 5: prevede l’obbligo di
segnalazione all’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) o al Comune
di competenza, del ritrovamento di avifauna selvatica inanellata.
Ø
L’art.
4 comma 6: prevede che le regioni
emanino norme relative al soccorso, alla detenzione temporanea ed alla
successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà.
Ø
L’art.
9 comma 1: stabilisce che le
funzioni amministrative in materia di protezione della fauna selvatica spettano
alle amministrazioni provinciali.
Ø
Infine
l’art. 21 comma 1 punto o: tra
gli altri divieti prevede anche quello di prendere uova, nidi e piccoli nati di
specie animali appartenenti alla fauna selvatica, ad eccezione dei casi in cui
ci sia un reale pericolo di morte o distruzione dei medesimi, oppure per scopi
scientifici, dandone comunicazione alla competente Amministrazione Provinciale
entro le 24 ore successive
La legge nazionale 11 febbraio 1992 n° 157 prevede inoltre l’emanazione da parte delle regioni di specifiche leggi regionali, che vanno a regolamentare in ambito locale la materia inerente la protezione della fauna selvatica e l’attività venatoria.
Nella regione Marche la normativa in questione è
regolata dalla legge regionale 5 gennaio 1995 n° 7 “Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e
disciplina dell’attività venatoria”.
Per ciò che concerne il recupero, la cura e la
riabilitazione della fauna selvatica in difficoltà, la succitata legge
regionale n° 7/95 ne fa menzione ai seguenti articoli:
Ø L’art. 22 comma 6: prevede espressamente l’attività di un centro di recupero, adeguatamente attrezzato con ambulatorio veterinario e sotto la diretta responsabilità di un veterinario di comprovata esperienza in materia di fauna selvatica (avicoli e mammiferi), per il soccorso, la terapia, la detenzione temporanea e la successiva liberazione della fauna selvatica in difficoltà.
Ø
L’art.
22 comma 7: prevede l’obbligo di
segnalazione, all’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) o al Comune
di competenza, del rinvenimento di specie di uccelli selvatici inanellati,
similmente a quanto previsto dal comma 5 dell’art. 4 della legge nazionale
157/92.
Ø
L’art.
26 comma 2: nell’ambito del controllo sanitario della fauna, prevede
l’obbligo per chi ritrova animali selvatici morti o in stato fisico anormale,
di consegnarli al competente ufficio caccia della Provincia.
Ø
Infine
l’art. 39 comma 1 punto o: analogamente
a quanto riportato dal punto o del comma 1 dell’art. 21 della legge 157/92,
sancisce il divieto di cattura e detenzione di uova, nidi e piccoli nati di
mammiferi e uccelli, salvo la presenza di potenziale pericolo di morte o
distruzione, e comunque dandone comunicazione entro le 24 ore alla competente
Amministrazione Provinciale.
Altro aspetto importante sempre in ambito normativo,
è l’inquadramento dello status legale delle specie animali recuperate.
La sopraccitata legge 157/92 e le relative leggi
regionali che disciplinano la tutela della fauna selvatica, classificano le
specie animali selvatiche in tre categorie a seconda del grado di protezione
assegnato:
Ø
specie
protette
Ø
specie
particolarmente protette
Ø
specie
cacciabili.
Tutte le specie selvatiche raggruppate nelle tre
categorie sopra riportate, sono le beneficiarie delle attività di recupero cura
e riabilitazione previste per la fauna selvatica in difficoltà.
Fanno ovviamente eccezione le specie cacciabili, nei
tempi e con le modalità consentite, nel corso della attività di prelievo
venatorio.
Teoricamente
un recupero ottimale di fauna selvatica in condizioni di difficoltà dovrebbe
prevedere una fase di segnalazione, in cui l’animale inabile viene
individuato, seguita dalla fase vera e propria di recupero consistente
nell’intervento di un operatore qualificato che preleva il soggetto e lo
trasporta per la consegna ad un Centro di recupero.
Nella realtà quotidiana
questo avviene in ben pochi casi; i recuperi di animali selvatici inabili
vengono effettuati praticamente da numerosi soggetti.
Si va dagli operatori di enti ed istituzioni
pubbliche (Polizia provinciale, municipale e di Stato, Corpo Forestale dello
Stato, Vigili del fuoco, Enti Parco, Servizi Veterinari delle ASL), agli
operatori di Associazioni private (Guardie Zoofile dell’ENPA, WWF, LIPU ecc.),
nonché da numerosissimi privati cittadini che occasionalmente si trovano a
recuperare un animale selvatico in difficoltà.
Principali fattori di interazione fra il
selvatico in difficoltà ed il suo soccorritore.
Ø
Corretta valutazione della presenza e del grado di inabilità
dell’animale selvatico: rappresenta
l’evento fondamentale del recupero, soprattutto nel caso di una erronea o
sovrastimata condizione di difficoltà.
Ø
Capacità ed esperienza del soccorritore: utilizzo di tecniche e metodiche di recupero
appropriate, e comunque tali da evitare ulteriori danni all’animale da
recuperare e danni al soccorritore.
Ø
Impatto emotivo provocato dall’animale in difficoltà sul potenziale
ritrovatore:
non trascurabile fattore di interazione; si differenzia a seconda del
gruppo zoologico o della specie animale considerata, ed è ovviamente ampiamente
differente a seconda della sensibilità del potenziale soccorritore.
Ø
Conoscenza o meno della presenza di un Centro di recupero o
dell’attività di un Servizio analogo: a
cui fare riferimento per consegnare l’animale;
non pochi casi in cui il soccorritore (prevalentemente di tipo occasionale) ne ignori l’esistenza; per contro comunque bisogna constatare che la presenza di questi Centri o di Servizi che svolgono questo tipo di attività, non è così diffusa sul territorio nazionale.
Gli obiettivi del recupero propriamente detto, cioè
il prelievo dell’animale selvatico in difficoltà nell’ambiente naturale in
cui si trova, sono principalmente:
1.
Rapidità di intervento: si
deve fare in modo che il tempo intercorso fra il ritrovamento dell’animale in
difficoltà, il suo prelievo, il trasporto e la consegna al personale operativo,
sia il più breve possibile.
Questo principalmente per:
·
Ridurre
al minimo lo stress e la sofferenza causati all’animale;
·
Visitare
e sottoporre l’animale alle terapie necessarie prima possibile;
·
Evitare
l’aggravarsi e/o la cronicizzazione delle lesioni eventualmente presenti
sull’animale, rendendo a volte irreversibili o incurabili lesioni
precedentemente reversibili o curabili;
·
Evitare
una ulteriore debilitazione organica e delle condizioni cliniche e generali del
soggetto;
·
Considerando
tutti i punti precedenti, evitare quindi in ultima analisi di compromettere il
recupero funzionale completo dell’animale recuperato.
2. Evitare di provocare ulteriori danni o aggravare le lesioni presenti: mediante errate tecniche di cattura, immobilizzazione, manipolazione, contenzione e trasporto.
3.
Protezione del soccorritore:
- da possibili danni o lesioni cagionabili da parte
dell’animale selvatico;
-
dalle conseguenze di comportamenti azzardati o rischiosi da parte del soccorritore stesso.
1.
CATTURA E IMMOBILIZZAZIONE DELL’ANIMALE
Ø
La
cattura e l’immobilizzazione del soggetto rappresentano la fase iniziale del
recupero dell’animale selvatico in difficoltà.
Ø
Nel corso
di queste azioni bisogna tenere in considerazione, oltre ovviamente agli
obiettivi principali precedentemente elencati, quanto di seguito riportato:
·
Specie
animale con cui si ha a che fare, con tutte le relative caratteristiche
biologiche e comportamentali; differenti tecniche di manipolazione impiegabili
nei diversi gruppi zoologici;
·
Grado di
difficoltà o di inabilità presenti sull’animale da recuperare;
·
Ambiente
in cui è presente l’animale;
·
Capacità
ed esperienza del soccorritore;
·
Eventuali
attrezzature e strumentari disponibili.
2.
MANIPOLAZIONE E CONTENZIONE DELL’ANIMALE
Ø
Una volta
catturato ed immobilizzato il soggetto da recuperare, lo stesso va manipolato il
meno possibile e deve essere contenuto in maniera tale da, come precedentemente
riportato, evitare danni ulteriori all’animale e lesioni eventuali al
soccorritore.
Ø
Anche per
questa fase occorre considerare quanto sopra indicato al punto precedente.
3.
CONFINAMENTO DELL’ANIMALE
Ø
Questa procedura è finalizzata alla sistemazione dell’animale
catturato all’interno di un idoneo contenitore, per il successivo trasporto e
la consegna al personale operativo.
Oltre a quanto considerato al precedente punto 1, è opportuno accennare
qualcosa relativamente alle caratteristiche dei contenitori.
Requisiti
importanti di un contenitore idoneo:
·
Dimensioni sufficienti a
contenere l’animale, preferendo comunque dimensioni tali da non consentirne
ampi movimenti;
·
Resistenza sufficiente e
proporzionata al peso ed alla forza dell’animale, e comunque tale da impedirne
i possibili tentativi di fuga;
·
Superficie interna (e
possibilmente anche esterna) priva di elementi in grado di causare lesioni
all’animale contenuto;
·
Pavimentazione interna
che consenta possibilmente all’animale di non scivolare;
·
Presenza di fori per
l’aerazione in numero e di dimensioni adeguate;
·
Sistemi di chiusura
adeguati alla specie animale, e comunque in grado di impedirne la fuoriuscita.
Diversa è ovviamente la condizione di un Centro di recupero della fauna selvatica, nel quale la presenza di contenitori idonei per il confinamento ed il trasporto delle diverse specie selvatiche deve essere assicurata e deve rientrare nella dotazione essenziale delle attrezzature e dello strumentario.
4.
TRASPORTO DELL’ANIMALE RECUPERATO
Ø
Il trasporto e la consegna dell’animale selvatico recuperato al
personale operativo, deve come già detto avvenire nel più breve tempo
possibile.
Durante
la fase di trasporto occorre tenere in considerazione quanto segue:
·
Assicurare per quanto possibile condizioni di tranquillità
all’animale trasportato, evitando rumori inutili ed evitabili, evitando di
aprire il contenitore o guardando l’animale stesso;
·
Evitare per quanto possibile movimenti del contenitore;
·
Assicurare idonee condizioni di aerazione all’animale
trasportato;
·
Evitare di esporre l’animale a temperature
estreme (alte o basse) ed evitare sbalzi termici repentini;
·
Nel caso di trasporto con un autoveicolo
cercare per quanto possibile di tenere una guida priva di scatti e di manovre
brusche;
·
In caso di trasporto con autoveicoli,
assicurarsi delle condizioni di protezione del conducente e dei passeggeri in
caso di fuga dell’animale dal contenitore;
·
Sempre nel caso di trasporto con autoveicoli
evitare l’afflusso di gas di scarico nel vano di carico, ed evitare il
parcheggio sotto il sole nella stagione estiva per periodi di tempo prolungati.
Un accenno in questo capitolo va fatto alle caratteristiche che dovrebbe avere un autoveicolo per il trasporto degli animali selvatici, in dotazione ad un Centro di recupero della fauna selvatica o ad un Servizio che svolge questa attività.
Caratteristiche essenziali di tali veicoli, oltre a quelle generali di affidabilità, manovrabilità, economia di gestione e di esercizio, dovrebbero essere:
· Possibilità di spostamento a medio e lungo raggio
Capacità di movimento su terreni impervi ed in qualsiasi condizione ambientale e climatica (buona mobilità in fuoristrada);
· Capacità di carico sufficiente alle esigenze di lavoro e facilità di carico;
· Possibilità di pulizia e disinfezione delle superfici di carico.
5.
DETENZIONE TEMPORANEA
Ø
Solamente
nella situazione in cui non sia possibile effettuare immediatamente il trasporto
dell’animale recuperato e confinato all’interno dell’idoneo contenitore.
In
questa fase, che deve essere di durata più breve possibile, devono
necessariamente essere rispettate le seguenti condizioni:
·
Posizionare
il contenitore contenente l’animale in un luogo tranquillo, al buio, lontano
da fonti di rumore, senza la presenza di persone o di animali domestici;
·
Considerare
le caratteristiche del locale in cui viene riposto il contenitore ospitante
l’animale recuperato, in funzione di una eventuale fuoriuscita dello stesso
dal contenitore;
·
Assicurare
idonee condizioni di aerazione;
·
Evitare
di esporre l’animale a temperature estreme (alte o basse) ed evitare gli
sbalzi termici; occorre a questo riguardo tenere in considerazione le
temperature ambientali in cui l’animale è vissuto fino a poco tempo prima;
·
Non
aprire il contenitore o peggio ancora tirare fuori l’animale, ed evitare di
guardare l’animale all’interno del contenitore.
·
Non
somministrare acqua o cibo all’animale, salvo su specifica indicazione del
medico veterinario esperto in fauna selvatica.
·
Controllare
periodicamente la tenuta dei sistemi di chiusura del contenitore e l’integrità
dello stesso, per evitare eventuali fughe dell’animale confinato.
Ø
Qualora
la fase di detenzione temporanea dovesse prolungarsi oltre le 24 ore dal
ritrovamento, è necessario interpellare il veterinario del Centro recupero
fauna selvatica o del Servizio analogo, per le prescrizioni del caso.
TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DEGLI ANIMALI SELVATICI
PREMESSA
Ø
Le specie
animali appartenenti alla fauna selvatica che possono giungere ad un Centro di
recupero o agli operatori di un Servizio svolgente tale attività sono
estremamente varie e numerose.
Ø
Ciascuna
specie possiede specifiche caratteristiche biologiche e comportamentali,
che per quanto riguarda la materia oggetto della presente trattazione, si
traducono in specifici meccanismi e comportamenti difensivi ed offensivi che
possono essere messi in atto dagli animali stessi al momento della loro cattura
e manipolazione.
Ø
Di
seguito vengono prese in esame le principali specie animali selvatiche di più
frequente riscontro nelle attività di recupero, raggruppate per ragioni
espositive e di similitudine in gruppi più o meno omogenei non sempre
rispondenti a precisi criteri zoologici.
Ø
Dei
diversi gruppi animali e delle singole specie di appartenenza verranno accennate
le principali tecniche di manipolazione, gli accorgimenti per evitare danni o
lesioni all’animale manipolato ed infine gli accorgimenti per evitare danni o
lesioni all’operatore.
Come
indicazioni generali per la manipolazione di questi animali, dobbiamo tenere
presente alcuni punti fondamentali validi praticamente su tutte la specie
considerate.
1.
Peculiare conformazione dell’apparato respiratorio di questi animali:
Ø Permette uno scambio gassoso molto valido;
Ø Relativa riduzione dell’ampiezza dei movimenti respiratori;
Ø Per l’assenza del diaframma detti movimenti vengono effettuati prevalentemente dalla muscolatura addominale e toracica;
Ø
Qualsiasi
ostacolo al movimento di queste masse muscolari comporta riduzione dei movimenti
respiratori, con tutte le possibili conseguenze;
Ø
Dal punto
di vista pratico occorre fare attenzione a tale evenienza durante la
manipolazione ed il contenimento di questi animali, facendo attenzione a non
stringere troppo il soggetto nella regione addominale e toracica;
Ø Stesso accorgimento per quanto riguarda l’apposizione di fasciature, bendaggi, imbracature o altri interventi di contenimento.
2.
Contenimento delle ali:
Ø
Vengono
impediti eventuali tentativi di fuga all’animale;
Ø
Il blocco
del movimento delle ali evita l’aggravarsi di eventuali lesioni a carico delle
stesse, soprattutto in caso di fratture dei segmenti ossei;
Ø
In alcune
specie, quali ad esempio i columbidi e gli anseriformi (cigni, oche e anatre),
le ali rappresentano anche dei mezzi di offesa, attraverso i quali questi
soggetti possono infliggere violenti colpi agli avversari;
Ø
In questi
casi pertanto il contenimento delle ali costituisce anche un metodo di
prevenzione nei confronti dell’operatore da possibili lesioni inferte
dall’animale manipolato.
3.
Contenzione delle zampe:
Ø
Viene
impedita la fuga dell’animale;
Ø
Si evita
l’aggravarsi di lesioni eventualmente presenti a carico delle stesse;
Ø
Si
impedisce il movimento delle zampe che con la presenza delle unghie possano
causare lesioni all’operatore.
- Quest’ultimo punto è particolarmente importante
soprattutto in quelle specie in cui la forza muscolare, la velocità di azione
delle zampe, e soprattutto la presenza di unghie o artigli sono ben sviluppati.
-
Tale evenienza non è specifica dei soli rapaci, sia diurni che notturni, ma è
ben presente anche negli ardeidi, nei galliformi, nei corvidi e in alcuni
passeriformi (picchi, rondoni).
4.
Contenimento della testa e/o del collo:
Ø
Risulta
importante nella manipolazione di quasi tutte le specie di uccelli selvatici.
Ø
Il
controllo di queste parti del corpo del soggetto manipolato ha come finalità
principale quella di proteggere l’operatore da eventuali lesioni inferte dal
becco dell’animale.
Ø
Praticamente
tutte le specie aviari usano il becco come strumento di offesa
sull’avversario; quello che fa la differenza sono la caratteristiche e le
dimensioni del becco, unitamente alla lunghezza ed alla potenza muscolare del
collo.
5.
Comportamento degli uccelli in condizioni di assenza di luce:
Ø
Praticamente
tutte le specie aviari quando si trovano la buio si immobilizzano in maniera più
o meno marcata.
Ø
Questo
comportamento, ampiamente sfruttato ad esempio dai falconieri, può venire
utilizzato favorevolmente nelle fasi di cattura, di immobilizzazione, ed anche
nella manipolazione dei soggetti recuperati, mediante l’incappucciamento della
testa, facendo ovviamente particolare attenzione a consentire una sufficiente
respirazione all’animale.
Vediamo
ora i diversi gruppi zoologici aviari e le relative specie di appartenenza, con
le proprie peculiarità in merito alle specifiche tecniche di manipolazione ed
accorgimenti da tenere presenti.
·
Rapaci
Ø
I
principali strumenti di offesa e di difesa di questi animali sono rappresentati
dagli artigli e dal becco.
Ø
Nella
manipolazione di tali specie pertanto è fondamentale prestare attenzione e
immobilizzare tali appendici.
Ø
Può
essere di aiuto nella manipolazione di questi animali l’utilizzo di un robusto
paio di guanti; in questo caso però, riducendosi la sensibilità delle mani,
occorre prestare molta attenzione a non comprimere eccessivamente la regione
toracica e addominale del soggetto, e a non provocare o aggravare eventuali
lesioni presenti.
Ø
La pericolosità
degli artigli dei rapaci è ben nota a tutti, ma occorre anche conoscere
un’altra caratteristica di queste parti anatomiche:
§
conformazione
tendinea delle zampe degli uccelli da preda, strutturata in maniera tale da
facilitare alcuni movimenti delle dita (e quindi degli artigli) a seconda del
movimento o della posizione delle zampe stesse;
§
l’estensione
della zampa, ed in particolare l’apertura dell’angolo formato
dall’articolazione tibio – tarsica, favorisce la chiusura delle dita;
§
viceversa
la flessione della zampa favorisce la apertura delle dita.
Ø
La
conoscenza di questo meccanismo fisiologico può tornare utile nel malaugurato
caso in cui l’operatore subisca un artigliamento da parte del rapace che sta
manipolando.
Ø
Quanto
esposto risulta valido sia per i rapaci diurni che per i rapaci notturni.
Ø
L’incappucciamento
della testa risulta un buon metodo di immobilizzazione e di tranquillizzazione
dei rapaci, anche in quelli notturni.
·
Laridi e Cormorani
Ø
Il
riferimento è in particolare rivolto ai gabbiani, alle sterne ed ai cormorani.
Ø
In questi
animali la parte da immobilizzare è principalmente la testa, tenendo in
considerazione l’elevatissima mobilità del collo e la pericolosità del becco,
le cui commessure sono estremamente taglienti.
Ø
Una buona
neutralizzazione della testa e del becco si può ottenere afferrando
l’animale nella regione del collo alla base della testa, facendo
ovviamente attenzione sia a non stringere eccessivamente per evitare pericolose
riduzioni delle possibilità respiratorie, sia a non estendere eccessivamente il
collo per evitare pericolosissimi stiramenti delle vertebre cervicali.
Ø
Una certa
attenzione va posta anche alle zampe, dotate di unghie corte ma
robuste ed affilate, ed alle ali che vengono spesso usate nei movimenti
di difesa dell’animale.
Ø
Scarsa
efficacia ha in queste specie animali l’incappucciamento della testa
(oscuramento).
·
Piccoli passeriformi
Ø In linea di massima le specie appartenenti a questo gruppo zoologico si possono considerare praticamente inoffensive per l’operatore che le manipola.
Ø Le attenzioni principali sono inverse, cioè occorre fare molta attenzione durante la manipolazione a non provocare danni o lesioni agli animali stessi, date le dimensioni e le strutture corporee possedute.
Ø
Quindi
particolare attenzione va posta, nella fase di contenzione, alla pressione
esercitata dalle dita dell’operatore sulla regione toracica e addominale
dell’animale.
Ø
Non
minore attenzione va posta anche nei confronti delle zampe, che risultano molto
delicate e soggette facilmente a lesioni.
Ø
Una
eccezione è rappresentata dai rondoni, nei quali le zampe sono robuste, forti e
dotate di artigli acuminati, i quali possono in alcuni casi provocare
perforazioni nelle dita dell’operatore che manipola il soggetto.
·
Corvidi
Ø
Le specie
avifaunistiche appartenenti a questo gruppo, ai fini della manipolazione possono
considerarsi ben trattabili e scarsamente pericolose per l’operatore.
Ø
Una buona
presa corporea induce generalmente una sufficiente immobilità dell’animale,
con scarse reazioni di fuga e scarsi comportamenti difensivi.
Ø
Le zampe
e le unghie, solitamente robuste, vanno comunque tenute sotto controllo o meglio
ancora immobilizzate.
Ø
Minore
pericolo per l’operatore deriva dal becco anche se normalmente ben robusto e
forte.
·
Limicoli
Ø
Anche
questi uccelli palustri risultano ben trattabili e difficilmente pericolosi
nel corso della loro manipolazione.
Ø
Una
attenzione particolare va posta nei confronti delle zampe, molto lunghe
mobili e sottili, e pertanto possibile sede di lesioni indotte da
metodiche di contenzione e manipolazione inappropriate.
Ø
Stessa
cosa, anche in misura maggiore, dicasi per il becco facilmente soggetto a
lesioni, e dotate di strutture neurorecettoriali importanti per numero e
funzionalità.
·
Ardeidi
Ø
Includiamo
in questo gruppo gli aironi ed i tarabusi.
Ø
Con
queste specie ritorniamo ad animali la cui manipolazione non risulta facile,
anche per la possibilità di provocare lesioni molto serie all’operatore.
Ø
Per
capire meglio le tecniche di manipolazione di questi animali, è bene ricordare
brevemente le specifiche caratteristiche anatomo-fisiologiche e comportamentali:
§
Sono
animali che possiedono un becco di dimensioni consistenti, robusto ed appuntito,
con il quale catturano le prede di cui si nutrono (generalmente pesci ed altri
animali acquatici);
§
Coadiuvati
in questa azione da un collo molto lungo, mobile e flessibile, e con una
struttura muscolo-tendinea robustissima e che consente movimenti a scatto
rapidissimi precisi e potenti;
§
Questo
binomio strutturale costituito da collo e becco, oltre che utilizzato per
procurarsi il cibo, rappresenta una efficacissima arma di difesa e di offesa
contro eventuali avversari, ai quali viene presa di mira la faccia e gli occhi
con notevole precisione.
Ø
Dati
questi presupposti va da sé che la prima cosa da afferrare e immobilizzare con
decisione in queste specie animali è il collo nella sua parte apicale
alla base della testa.
Ø
La presa
deve essere decisa e costante, facendo ovviamente attenzione a non stringere
eccessivamente per non soffocare il soggetto, il collo deve essere posizionato
in estensione (senza provocare stiramenti) e tenuto insieme alla testa ed al
relativo becco ben lontano dalla faccia dell’operatore che esegue la
contenzione.
Ø
Durante
la manipolazione di questi animali è fondamentale non distrarsi e non ridurre
mai l’attenzione, al fine di evitare possibili reazioni offensive da parte
dell’animale, che potrebbero come già detto causare lesioni molto gravi
all’operatore.
Ø
Anche le
zampe, molto lunghe e mobili, e con unghie da non sottovalutare vanno per quanto
possibile contenute.
Ø
La
metodica dell’oscuramento non risulta affidabile ai fini della sicurezza
dell’operatore.
·
Svassi
Ø
Questo
gruppo di animali, relativamente frequenti fra le specie recuperate, dal punto
di vista delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali, e
quindi delle metodiche di manipolazione, possono essere considerate una via di
mezzo tra i laridi e gli ardeidi
Ø
Pertanto
anche in questi soggetti la parte fondamentale da immobilizzare è il collo,
nei modi e con gli accorgimenti visti in precedenza.
Ø
La
differenza tra gli svassi ed i due gruppi sopraccitati, consiste principalmente
in una minore aggressività dei soggetti delle specie appartenenti al gruppo
degli svassi nei confronti dell’operatore
Ø
Sempre
nel confronto tra svassi ed ardeidi e laridi, si considerano simili le scarse
considerazioni di efficacia relative alla metodica dell’oscuramento.
·
Anseriformi
Ø
In questo
gruppo zoologico vengono compresi i cigni, le oche e le anatre
Ø
Il becco
di questi uccelli, oltre ad essere robusto e forte, è dotato ai bordi di
sottili formazioni cornee acuminate e disposte in più file, più o meno
sviluppate a seconda della specie considerata.
Ø
Le
lesioni inferte dal becco di questi animali non sono certamente piacevoli, e
pertanto anche in queste specie l’immobilizzazione del collo, con i
modi e gli accorgimenti conosciuti, rappresenta un punto fondamentale nella
fase di manipolazione.
Ø
Uguale
importanza, se non addirittura maggiore, ha il blocco e l’immobilizzazione
delle ali che rappresentano per forza e precisione una efficace arma di
offesa e di difesa per queste specie animali, e pertanto capaci di infliggere
potenti e mirati colpi all’operatore.
·
Galliformi
Ø
L’ultimo
gruppo di uccelli presi in considerazione in questa trattazione, è costituito
dai galliformi, nel quale rientrano i fagiani, starne e coturnici fra le specie
recuperate.
Ø
In questi
animali le zampe, robuste potenti e dotate di unghie con uguali
caratteristiche, rappresentano temibili mezzi di offesa e di difesa;
Ø
Anche
delle ali occorre tenere conto nel corso della manipolazione di questi
soggetti.
Ø
Quindi
l’immobilizzazione delle zampe, facendo attenzione agli speroni
soprattutto nei soggetti maschi, e delle ali rappresentano i capisaldi
del contenimento e della manipolazione di queste specie animali.
Ø
Buona
efficacia presenta la metodica dell’oscuramento applicata alle specie di
questo gruppo zoologico.
Ø
Le specie
di mammiferi selvatici che possono costituire oggetto di recupero sono
molteplici e variano fra loro in misura notevole per caratteristiche anatomiche,
fisiologiche e comportamentali.
Ø
Mentre
per le diverse specie di uccelli le dimensioni corporee sono contenute in un
intervallo relativamente limitato e comunque con valori elevati limitati, nei
mammiferi la variazioni delle dimensioni corporee nelle diverse specie
sono ampissime ed in alcuni casi tali da rendere difficoltose le operazioni di
cattura e contenzione, soprattutto da parte di soccorritori occasionali.
Ø
Difficoltà
appunto legate sia alle dimensioni corporee e di peso, che alle caratteristiche
di aggressività e di mobilità di alcune specie.
Ø
Da qui la
necessità appunto, per la cattura e la contenzione ai fini di recupero di
alcune specie di mammiferi selvatici, di disporre di idonee attrezzature e
strumentazione e soprattutto l’opportunità di fare eseguire queste operazioni
da personale esperto in materia.
Ø
Inoltre
dal punto di vista sanitario è più probabile rispetto agli uccelli che i
mammiferi selvatici siano possibili veicoli di malattie trasmissibili all’uomo
(zoonosi), e quindi nella manipolazione di tali soggetti è indicato rispettare
quanto meno le norme igieniche di base.
Ø
Il
rispetto di tali norme sanitarie precauzionali è comunque indicato anche nel
corso della manipolazione delle specie di avifauna selvatica.
Indicazioni generali inerenti il recupero dei
mammiferi selvatici:
1.
In caso
di specie di medie e grosse dimensioni, o con caratteristiche
anatomo-fisiologiche e comportamentali di evidente aggressività, è
consigliabile fare eseguire il recupero a personale esperto e possibilmente con
l’ausilio di attrezzature e strumentazioni idonee.
2.
Nella
stragrande maggioranza dei casi i principali strumenti di offesa e di difesa dei
mammiferi selvatici sono rappresentati dai denti, collocati su mascelle
con muscolatura molto potente e pertanto con possibilità di provocare lesioni
serie all’operatore
3.
Bisogna
inoltre considerare la potenza muscolare di questi animali selvatici,
anche nelle specie di piccole dimensioni, ed una maggiore aggressività
rispetto agli uccelli
4.
Altra
considerazione da tenere presente è, in linea generale, la maggiore difficoltà
di valutazione da parte del soccorritore della presenza e del grado di inabilità
dell’animale, unitamente alle maggiori capacità mimetiche e di fuga.
5.
Concludendo
si può affermare genericamente che la cattura, l’immobilizzazione e la
manipolazione per il recupero di questo gruppo di animali selvatici, presenta
difficoltà decisamente superiori a quelle degli uccelli e conseguentemente
anche rischi maggiori per l’incolumità del soccorritore.
Di
seguito vengono presi in considerazione i principali gruppi zoologici di
mammiferi le cui specie di appartenenza possono rientrare fra quelle recuperate,
accennando alle principali caratteristiche anatomiche, fisiologiche e
comportamentali la cui conoscenza risulta utile per la manipolazione di questi
selvatici.
·
Chirotteri
Ø
Le
dimensioni delle diverse specie di pipistrelli risultano contenut
Ø
Particolare
attenzione nel corso della manipolazione di questi animali va posta ai denti
particolarmente acuminati.
Ø
Buoni
risultati si ottengono utilizzando panni di stoffa o guanti sufficientemente
robusti per la cattura e l’immobilizzazione di questi soggetti, facendo
attenzione alla strutture ossee delle ali particolarmente delicate nelle specie
di piccole dimensioni.
·
Piccoli insettivori
Ø
Per
questi animali valgono le stesse metodiche e gli accorgimenti visti per i
chirotteri
Ø
Specie a
sé è il riccio, il quale non è un animale aggressivo ma possiede un
proprio caratteristico sistema di difesa costituito dagli aculei e dal
raggomitolamento a palla del corpo.
Ø
La
manipolazione di questa specie va effettuata con cautela e delicatezza appunto
per evitare l’azione degli aculei, possibilmente aiutandosi con un paio di
guanti oppure utilizzando un qualcosa per raccogliere l’animale quando è
racchiuso a palla, per poi posizionarlo all’interno di un adatto contenitore.
·
Roditori
Ø
Questo
gruppo zoologico comprende specie di dimensioni molto differenti fra
loro; si va da specie di piccole dimensioni (moscardino, quercino), di
dimensioni medie (ghiro, scoiattolo) fino a specie di grosse dimensioni
(istrice, nutria).
Ø
Tutte le
specie di roditori, pur con le relative differenze di taglia, possiedono dentatura
robustissima e tagliente, abbinata a notevolissima potenza muscolare
mascellare.
Ø
Anche in
questi animali, come nei precedenti, l’utilizzo di panni di stoffa o di guanti
sufficientemente robusti agevola le operazioni di cattura, immobilizzazione e
manipolazione, ad eccezione delle specie di grosse dimensioni.
Ø
Discorso
a parte merita nell’ambito dei roditori l’istrice.
§
Questa
specie animale ha come gli altri suoi consimili un apparato masticatore
potentissimo;
§
Possiede
su tutta la superficie corporea un sistema di aculei molto sviluppati con
i quali attacca in retropulsione
gli eventuali avversari;
§
Tale
insolita tecnica difensiva / offensiva risulta molto efficace anche in relazione
all’effetto sorpresa suscitato nell’avversario;
§
La
cattura di tale specie animale deve venire effettuata possibilmente da personale
esperto, e necessariamente tramite l’utilizzo di robusti ed idonei contenitori
in cui confinare il soggetto per il successivo trasporto al Centro di recupero.
·
Lagomorfi
Ø
La
manipolazione di lepri e conigli selvatici da parte di personale non esperto, può
essere causa di gravi autolesioni all’animale.
Ø
I
movimenti effettuati dall’animale nei tentativi di fuga in seguito alla
cattura, se non adeguatamente bloccati e contrastati da colui che manipola il
soggetto, possono essere responsabili di gravi lesioni soprattutto a carico del
rachide.
Ø
Per
contro l’operatore deve prestare attenzione alle unghie di questi
animali, la cui conformazione e lunghezza può determinare ferite anche
profonde.
·
Ungulati
Ø
Le dimensioni
delle specie animali appartenenti a questo gruppo zoologico generalmente non ne
consentono il recupero da parte di un eventuale soccorritore occasionale, ad
eccezione dei soggetti in giovanissima età.
Ø
Altra
difficoltà al recupero di questi animali è data dagli inconsulti tentativi
di fuga del soggetto in fase di cattura e di immobilizzazione, che possono
comportare sia gravi autolesioni all’animale stesso che lesioni o
danni al soccorritore, anche in relazione alla possibile presenza di corna
in alcune specie.
Ø
La
cattura e l’immobilizzazione per il recupero di questi animali è pertanto
generalmente consigliabile che vengano effettuate da personale esperto,
con metodiche attrezzature e strumentazioni appropriate.
Ø L’immobilizzazione ottimale degli animali di questo gruppo si può ottenere sia con la sedazione farmacologia, ed in misura minore con la tecnica dell’oscuramento
·
Mustelidi
Ø
La
manipolazione ed altresì la cattura e l’immobilizzazione di questi carnivori
di piccole e medie dimensioni, anche se in condizioni di inabilità, non è
sicuramente un compito facile.
Ø
La potenza
muscolare, le caratteristiche della dentatura ed il comportamento
aggressivo di questi animali sono determinanti nelle difficoltà di
esecuzione delle operazioni sopraindicate, in modo particolare se effettuate da
personale non esperto e senza l’ausilio di tecniche e mezzi idonei.
Ø
I
risultati migliori nell’immobilizzazione di questi si ottengono con la sedazione
farmacologica, scarsissima efficacia si ha con la metodica
dell’oscuramento.
·
Canidi
Ø
Le specie
appartenenti a questo gruppo zoologico potenzialmente recuperabili nell’ambito
di un Servizio per il recupero cura e riabilitazione della fauna selvatica, sono
rappresentate essenzialmente dalla volpe e dal lupo.
Ø In entrambi i casi si tratta di animali di taglia medio – grande (riferito ovviamente ai soggetti adulti), dotati di forza muscolare non indifferente, dentatura possente e comportamento aggressivo nei confronti di eventuali aggressori
Ø
Alla luce di queste caratteristiche pertanto risultano
valide le stesse considerazioni fatte per i mustelidi relativamente alla
cattura, immobilizzazione e manipolazione ai fini del recupero di soggetti in
condizioni di difficoltà.
Ø
Per
quanto riguarda il lupo inoltre, dobbiamo tenere presente che si tratta
di una specie rara e che gode di particolarissime condizioni di tutela
e protezione.
Ø
Le specie
appartenenti a questo gruppo zoologico teoricamente recuperabili nell’ambito
di un Servizio per il recupero cura e riabilitazione della fauna selvatica, sono
praticamente due, il gatto selvatico e la lince.
Ø
La
lince nelle nostre zone è sfortunatamente assente.
Ø
Il
gatto selvatico invece è stato segnalato ed anche recuperato.
Ø
Valgono
le stesse considerazioni fatte per il lupo, in merito alla
difficoltà di manipolazione ed alle condizioni
di tutela e protezione.
Ø
Personale
particolarmente esperto!