Il VINO IN CLASSE

 

Al centro della campagna del Montefeltro, Fermignano seppure polo industriale di Urbino, è attorniato da una terra feconda, ricca di agricoltura. Una delle tradizionali produzioni è quella del vino e di tutta l’arte ad esso dedicata: dalla coltura della vite, alla raccolta dell’uva alla produzione di vino da tavola o del particolare “ vin santo”, tipico prodotto locale.

Gli stimoli per questa attività didattica, sono perciò diversi: dall’alunno che ci invita nel suo podere per la vendemmia, all’utilizzo di semplici macchinari tecnologici, anche da analizzare, al cercare di rispettare le fasi di lavorazione proposte, alla rielaborazione di tutta l’attività in una relazione complessiva personale ove raccontare come si è proceduto cosa abbiamo usato e imparato, quali sono le trasformazioni chimiche in atto, quali le sostanze coinvolte, le foto realizzate, ed infine il videofilmato che raccoglie le attività svolte.

 

Gli obiettivi

1.      Seguire le fasi di un procedimento

2.      Utilizzo e analisi dei vari apparecchi usati: pigiatrice, torchio, rifrattometro

3.      Apprendere il ciclo di produzione del vino

4.      Conoscere le cause e le sostanze della fermentazione.

5.      Definire i punti salienti per la realizzazione della relazione

6.      Realizzare il videoracconto dell’attività

7.      Esecuzione di etichette personali

 

Dopo aver assistito alla vendemmia presso l’azienda di un compagno di classe ci siamo prefissi di voler realizzare anche noi il vino nella nostra scuola.

La disponibilità della piccola pigiatrice e del piccolo torchio, utilizzati per la produzione famigliare di vin santo,  da parte di mio padre, maestro bottaio di illustre arte, mi hanno permesso di utilizzare nel laboratorio le due importanti macchine, da far utilizzare senza difficoltà né problemi, direttamente ai ragazzi. Liberata l’aula dai tavoli al fine di aver maggior spazio disponibile i ragazzi indossati i grembiuli, hanno cominciato ad utilizzare la pigiatrice per poter schiacciare i grappoli d’uva che nelle giornate precedenti avevano portato a scuola chi dalla campagna chi dalla vigna del vicino.

Questo apparecchio consistente in una tramoggia e due rulli controrotanti muniti sulla superficie di solchi leggermente inclinati è mossa da un volano, per permettere il superamento di eventuali punti di blocco; i due rulli sono mossi da due ingranaggi collegati, ma di differente misura, per  facilitare l’apertura dei singoli acini.

Una volta pigiata tutta l’uva disponibile, raccolta in un grosso recipiente, si è messo in funzione il torchio. Tre le principali parti di questa macchina la base nel cui centro è fissata una grossa vite abbastanza lunga, un cesto di tavole di legno rinforzato da cerchi di ferro per migliorare la resistenza alla pressione esercitata, apribile a cerniera per due metà, due lune di spinta e vari spessori da aggiungere all’interno del cestello.

I ragazzi vi hanno versato il contenuto mentre il mosto che usciva dal becco di scarico viene raccolto in un secchio; si riempie il tutto, si aggiungono le lune e gli spessori e si inizia a stringere la barra di avvitamento aumentando via via, senza esagerare, la pressione. Si lascia così fino a quando il mosto ormai scende a gocce. E’ il momento di togliere dal torchio, vinacce e raspi pressati così tenacemente da formare una grossa torta di scarti vegetali.

Con un apposito dispositivo il “rifrattometro”, abbiamo potuto controllare  sulla relativa scala graduata, il grado zuccherino del mosto e ipotizzare così l’eventuale grado alcolico raggiunto dal nostro vino.

Il mosto così realizzato, si mette in una damigiana adatta chiusa da un apposito tappo: permetterà la fuoriuscita dell’anidride carbonica prodotta, senza far entrare l’ossigeno, che ossiderebbe in nostro vino facendolo diventare aceto (un semplice dispositivo che permette molte considerazioni tecnologiche).

Si lascia fermentare fino a quando il processo non diminuisce; noi abbiamo aspettato circa due settimane. Si procede quindi alla svinatura con l’eliminazione del materiale posato sul fondo, versando il liquido in un recipiente, si scarica e si lava la damigiana nella quale si versa ancora il prodotto, aggiungendo anche il succo spremuto dalle vinacce  rimaste sul fondo. Si chiede con l’apposito tappo.

Nel frattempo abbiamo prodotto in laboratorio dei fogli leggeri in carta riciclata (vedi apposita unità didattica). Li abbiamo sagomati con la taglierina delle fotocopie e con la collaborazione dell’insegnante di educazione artistica, i ragazzi hanno realizzato etichette personalizzate pronte per essere attaccate nelle bottiglie. Un ristoratore amico ci ha messo da parte tante bottiglie uguali, in vetro chiaro che abbiamo provveduto a lavare ed a togliere via le etichette originali. Su queste, ciascun allievo, ha provveduto a incollare la propria, personalizzando così la sua bottiglia.

Dopo due mesi abbiamo provveduto a travasare con un sifone, il vino nelle bottiglie. Siamo riusciti a procurarci anche una macchinetta per mettere i tappi di sughero, dedicando tempo anche alla sua analisi, al sistema di serraggio e compressione e a quello di spinta.

Ogni ragazzo ha così potuto assaggiare a casa la nostra produzione di vino, senza far mancare prima la tradizionale foto di gruppo.

La produzione del videofimato merita un discorso a parte, ma in questa maniera si è potuto coinvolgere un altro gruppo di ragazzi in una attività collaterale, che va a completare e documentare quanto realizzato in laboratorio.

Non possiamo sicuramente definirci grandi produttori di vino, ma attraverso questa esperienza i ragazzi hanno potuto divertirsi e al tempo stesso affrontare in maniera più coinvolgente i vari aspetti teorici proposti. E’ il metodo di Educazione Tecnica.

 

Ciclo di produzione del vino

1.       Vendemmia.  Si tratta della raccolta dell’uva che in genere dalle nostre parti si fa tra i mesi di settembre e ottobre, in base all’evolversi della stagione.

2.       Pigiatura e diraspatura dell’uva. Nelle pigiatrici di oggi c’è un speciale dispositivo che elimina i raspi dell’uva per ottenere un prodotto migliore. La pigiatrice ha il compito di schiacciare gli acini, per ottenere così il succo d’uva, cioè il mosto

3.       Fermentazione tumultuosa. La fermentazione avviene per mezzo dei saccaromiceti, funghi microscopici presenti nella buccia dell’uva. Quando questi incominciano a moltiplicarsi con una temperatura tra 15° C e 25° C, lo zucchero del vino (fruttosio) si trasforma in alcool etilico, producendo una notevole quantità di anidride carbonica.

4.       Svinatura. Si separano le vinacce dal mosto. Il vino viene messo in dei recipienti dove avviene la fermentazione lenta.

5.       Pigiature delle vinacce. Nelle grosse cantine le vinacce lasciate nel mosto per permettere la fermentazione vengono ulteriormente torchiate; si ottiene così un vino di seconda qualità, con meno gradi alcolici.

6.       Fermentazione lenta. Con gli appositi tappi di autoriempimento, che evitano il contatto con l’aria, il vino continua lievemente a fermentare aumentando così ulteriormente il suo grado alcolico. Dopo circa due mesi viene travasato su altre botti, al fine di eliminare  il deposito che avviene sul fondo e nelle pareti delle botti.

7.       Maturazione. Mantenendo il vino nelle botti, per altro tempo esso acquista le proprietà organolettiche caratteristiche proprie di un buon prodotto; dopo di che può essere travasato, per essere imbottigliato o ulteriormente invecchiato.

 

Bibliografia

Anna Bartolini “Gli alimenti tra salute e portafoglio” Teti ed. Milano 1979

Furio Brighenti”Alimentazione: una scienza” Ed. Clesav Milano 1986

Roberto La Pira “Che cosa dicono le etichette” RCS Rizzoli Libri Milano 1987

Dino Galiazzo “Guida del consumatore” Ed. Piemme  Casale Monferrato 1995

 

Sant’Angelo in Vado 10.01.06

Giuseppe Dini

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