EDUCAZIONE TECNICA: QUALE VALORIZZAZIONE?

La scuola si va trasformando sotto gli occhi di tutti: l’autonomia prima, la riforma dei cicli dopo, hanno modificato la struttura passata dando, di fatto una svolta alla nuova scuola del futuro. La scelta dei cicli votata in parlamento, quando lo stesso ministro della P. I.  promise che non ci si sarebbe arrivati, ha dato il colpo finale, alla vecchia scuola. Che siamo d’accordo o no sul nuovo sistema (personalmente ho delle grosse perplessità), dobbiamo adeguarci. Già da tempo il ministero aveva incaricato “40 saggi”, poi ridotti a sei, per evidenziare i “Contenuti essenziali per la formazione di base”, trasmessi nel marzo 1998; tra questi “saperi irrinunciabili” troviamo come novità, l’inserimento della filosofia, del greco e latino, l’espansione delle “arti sonore e visive”, abbinate “alla conservazione e alla valorizzazione dei beni culturali”.

L’ultimo paragrafo, il n° 8 riguarda la Tecnologia e quindi l’Educazione Tecnica, proviamo a leggerlo: “Alla valorizzazione della componente operativa può fornire un contributo essenziale il ripensamento critico della tecnica e delle sue dimensioni culturali, che sarà da porre anche in rapporto allo sviluppo delle capacità di progettazione autonoma e di autoregolazione  dell’azione.

Le nuove tecnologie dell’informazione hanno in questo senso un valore paradigmatico, dal momento che coniugano in modo visibile la componente materiale costituita dall’Hardware, fondamentale per svolgere le funzioni che le competono, con la componente simbolica del software, che determina le operazioni che vengono effettuate e da loro senso…”.

Ridotta ad un intervento di sole tre righe, che nessuno dei sei saggi, fra l’altro si attribuisce, viene trasformata per dirla in una parola, in informatica e che sia così lo dimostra la scheda riassuntiva allegata al documento dove al punto 8 riporta non Ed. Tecnica, ma “ le nuove tecnologie”.

Questa eccessiva infatuazione per il computer, che serve, ma che deve rimanere sempre uno strumento da utilizzare (l’articolo che sto scrivendo viene realizzato e spedito con queste tecnologie), manca di una serie valutazione dei rischi connessi (sempre più all’ordine del giorno): può influenzare la salute, riduce la fantasia, la creatività, la manualizzazione; una corretta e ampia analisi in tal senso, dovrebbe essere effettuata da chi fa, come noi, educazione.

Dunque un’Educazione Tecnologica ridotta a Cenerentola. E’ questo il parere anche di Giancarlo Cerini che presentando il documento sui saperi irrinunciabili (inserto Autonomia n° 5 di Tecnodid del 1998) parla di marginalità della cultura tecnologica e di come sia necessario, per fare una scuola reale, “rinnovare tecnologie, laboratori, competenze dei docenti, incentivi…”

Un ruolo secondario che l’Ed. Tecnica non si merita,  per la vastità di argomenti che può trattare, per la possibilità che ha di concretizzare la teoria attraverso la progettazione, la realizzazione, l’uso di strumentazioni, la verifica, per l’opportunità di orchestrazione che può avere delle altre discipline, soprattutto in quelle attività che coinvolgono l’intero consiglio di classe.

Lo hanno capito chi da sempre segue questa disciplina, come Maria Famiglietti e Giancarlo Sacchi, che attraverso il progetto “ICARO”, hanno riunito gli sforzi degli IRRSAE dell’Emilia Romagna, Basilicata, Friuli V. G., Sicilia e Marche, per ripensare l’Educazione Tecnologica alla luce dei nuovi saperi ed in vista degli ultimi cambiamenti nella scuola. Esperti accreditati a livello universitario, insegnanti della disciplina o che applicano aspetti tecnologici nella scuola, si sono ritrovati ad Urbino nel Luglio ’99 ed a Bellaria la fine di marzo di quest’anno per delineare la storia culturale di questa disciplina, che manca di un vero e proprio supporto epistemologico. Lo scopo è appunto quello di fornire al Ministero di un documento snello che mettesse in  rilievo l’importanza didattica della nostra materia.

Lo hanno capito paesi come il Belgio e l’Argentina che hanno inserito solo da qualche anno, questa disciplina, prima assente, nelle rispettive scuole di base.

Iniziativa lodevole quella degli IRRSAE, ma che necessariamente deve essere supportata da quanti ne possano capire la valenza educativa, primi fra tutti noi insegnati di Educazione Tecnica.

Se è pur vero che tuttora paghiamo la decisione del dimezzamento delle nostre cattedre del 1989, che diversi di noi sono utilizzati in altre mansioni disciplinari, dobbiamo noi stessi saper rivalutare la materia che insegniamo, riappropriandoci dei laboratori, per la maggior parte dismessi, reinserendo l’aspetto pratico come parte integrante dell’attività di insegnamento, riappropriandoci di quella libertà di insegnamento e di metodo, che per noi è già più particolare e che una certa didattica “d’avanguardia” tenta di estendere in maniera uniforme a tutte le discipline.

Dobbiamo coinvolgere i sindacati, affinché possano almeno discutere la nostra situazione, senza dimenticarci che furono proprio i più rappresentativi a firmare per il dimezzamento di Ed. Tecnica e Ed. Fisica, senza proporre alternative e Ed. Tecnica fu l’unica a rimetterci, non potendo neanche contare un aumento di orario nel tempo prolungato. La regola del risparmio della spesa pubblica, oggi imperante, è iniziata allora.

Una ulteriore speranza, mi auguro, la possiamo avere da Umberto Eco scelto quale saggio tra i saggi a cui sarà  affidata la progettazione curricolare della nuova scuola; attraverso le pagine del Corriere della Sera dichiarava l’importanza di conoscere come i Romani attraverso la realizzazioni di navi diverse, riuscirono a sconfiggere i Cartaginesi o della necessità di capire il funzionamento di un acquedotto.

Otzi, la mummia ritrovata sotto il ghiaccio, nei pressi del confine austriaco, ci mostra chiaramente, attraverso gli abiti che indossava, gli utensili che portava, la borsa per conservare la brace, che la tecnologia faceva già parte della cultura dell’uomo di 5000 anni fa.

Noi insegnanti e politici di oggi, nel pensare e decidere dell’Educazione Tecnica, faremmo bene a riflettere su una frase di Baden Powell, fondatore di uno dei più grandi movimenti educativi, tutt’oggi diffuso in tutto il mondo, che è lo scoutismo. Rivolgendosi agli animatori dei ragazzi, sottolineava che:

”Se ascoltano, dimenticano. Se vedono, ricordano. Se fanno, imparano.”

 

Sant’Angelo in Vado 2.4.00

Giuseppe Dini

Educazione tecnica