SOLIDARIETA’ PER EDUCAZIONE TECNICA

 

Con l’avvento della nuova riforma della scuola, l’orario delle lezioni nel tempo normale della media, si riduce a 27 ore settimanali al posto di 30. Molti dubbi, incongruenze, incertezze, vengono da questa nuova riforma della scuola, così da ergerci a tenaci oppositori.

Ma qui vorrei parlarvi di una disciplina dimenticata, poco valutata, che di fatto sparirà dal nuovo ordinamento scolastico: Educazione Tecnica.

Nelle 27 ore settimanali, Educazione Tecnica rimarrà con un’ora soltanto e pare, che possa essere assegnata, come Tecnologia, a Scienze, cosicché a perdere le tre ore sarà proprio l’insegnante di Educazione Tecnica, senza un perché di sorta, non una spiegazione.

Non ne faccio una questione personale, quest’anno è per me il trentesimo di lavoro e, a riforma arrivata, potrò pensare anche al pensionamento.

Quello cui tengo però, è questa disciplina che è stata da sempre ritenuta di serie C, a cui pochi hanno creduto. Perdere quest’aspetto culturale, seppure di tipo tecnologico è una sconfitta per tutti

40 anni fa si chiamava Applicazioni Tecniche maschili e femminili ed era facoltativa come Latino e Musica; oggi il ministro dell’istruzione, la rende opzionale riportandoci a quell’epoca: basta leggere i nuovi programmi allegati al decreto della riforma per trovarci fra le attività da proporre, cucito e ricamo, insomma la vecchia economia domestica.

Nel 1976 sono nate le nuove Educazioni e Tecnica è fra queste, unificata per maschi e femmine. Con l’avvento del tempo prolungato, Ed. Tecnica non guadagna  nessuna ora in più, a differenza delle altre materie. Nel 1990 si dimezzano gli insegnanti della disciplina assieme a quelli di Ed. Fisica.

Si passa da una materia prettamente pratica ad una teorica. Una forma di “didattichese” imposto quasi forzatamente (prerequisiti, obiettivi, verifiche intermedie e finali, ecc ) ha trasformato la maggior parte delle Educazioni, costringendole a lasciare i laboratori, che nel tempo sono spariti, per lo studio in classe.

Eppure in questi anni, la disciplina che insegno ha guadagnato il suo senso culturale, epistemologico, permettendo un fluido rapporto tra la teoria e la pratica, tra la scienza e la tecnologia. Ancora però rimane una materia di secondo piano. Mi sono sentito dire delle attività che conducevo, con senso distaccato: “Sono cose da Periti”, senza conoscere che quel percorso nasceva per applicare concretamente quello che si era analizzato in classe, utilizzando, a scopo rafforzativo,  lo stesso linguaggio delle discipline di serie A.

Oggi che Educazione Tecnica viene insegnata da architetti ed ingegneri, occorre continuare a crederci, perché essa rappresenta il vero approccio verso tutto il mondo del costruito, tra il tecnologico e l’ambiente naturale, si pensi solo all’impoverimento delle risorse e di quanto è possibile fare per la salvaguardia dell’ambiente, con sistemi impiantistici e con l’educazione del cittadino. La tecnologia è una disciplina della contemporaneità, della trasformazione e dell'artificiale . E’ insegnata in tutti i paesi europei e da pochi anni è stata inserita nel curricolo scolastico dell’Argentina.

Educazione Tecnica ha tante possibilità.

Ecletticità: può spaziare campi diversi si pensi solo a quanto è vasto il mondo del costruito, ai lessici specifici utilizzati, alle soluzioni tecnologiche adottate, quante novità offerte e da offrire agli allievi. Anche per l’insegnante argomenti nuovi da proporre, oggi facilmente più documentabili rispetto al passato; certo spetta a lui fare da trasduttore e offrire un percorso intuibile e di facile approccio per i ragazzi.

Rapporto tra la teoria e la pratica: il vedere realizzato quanto appreso in classe attraverso modelli operativi concreti che si rifanno agli argomenti conosciuti è edificante per gli stessi ragazzi. Inoltre sulle loro realizzazioni possono non solo verificarne la funzionalità, ma fare misure, calcolare, verificare la correttezza di quanto progettato. Mi piace riportare spesso con i ragazzi una frase del fondatore degli scouts Baden Powell: “Se ascolto dimentico, se osservo ricordo, se faccio imparo” che è riconducibile alla frase di Benjamin Franklin.” Parlami, ed io dimenticherò, insegnami, ed io ricorderò, fammi partecipare, ed io imparerò. “

Senso critico: la conoscenza degli aspetti tecnologici, gli accorgimenti adottati per arrivare a soluzioni, si pensi a tutto il settore del sistema impiantistico dedicato alla tutela dell’ambiente, alle filiere energetiche e relative problematiche, alla conoscenza dei diritti del cittadino e del consumatore, allenano i nostri ragazzi ad essere gli adulti del futuro, a muoversi nella burocrazia, ad affrontare i problemi quotidiani. Ma forse è proprio questo che non si vuole.

Rapporto tra la scuola ed il territorio: le visite guidate agli impianti di diverso genere, alle fabbriche, agli enti e uffici  pubblici, alle fattorie con tutte le loro attività, ai vari tipi di ambienti naturali, animano la scuola stessa, sono proposte che non solo hanno ricadute per Ed. Tecnica che le attua, ma anche per le altre discipline, si pensi alle relazioni, alle documentazioni acquisite che possono diventare audiovisivi o multimediali con il relativo lavoro connesso.

Da moderato, seppure di frontiera, impegnato nel sindacato autonomo dall’inizio della carriera, so bene che le radici di questa riforma sono ancorate nel passato. Basta solo andare a vedere la fine che hanno fatto moltissimi istituti professionali che da 18 ore settimanali di officina e laboratorio sono passati a sei ore di computers.

A proposito di questo attuale elettrodomestico, credo che oggi sostanzialmente sostituisca la vecchia macchina da scrivere, con la possibilità in più, di entrare in tutte le vetrine del mondo (Web) tra le quali però è necessario imparare a scegliere. E’ e deve rimanere uno strumento utile, ma pur sempre uno strumento. Lo stesso articolo che sto scrivendo è fatto e sarà spedito con il computer, ma credo che si stia rischiando di idolatrato con tutta questa eccessiva richiesta che se ne fa. Non sarà più possibile, sparendo Educazione Tecnica, smontarlo, conoscerne le varie parti, riassemblarne uno vecchio, per farne un’unità operativa autonoma, comunque utilizzabile, utilizzare sistemi operativi alternativi a quelli proposte dalle grandi multinazionali del settore.

Per ritornare alla scuola media, credo  che la tanto decantata flessibilità, non sia che un approccio caotico al tentativo di dare un’offerta disciplinare diversa (lo si legge anche nella Repubblica del 2.2.04). Gli insegnanti avendo la loro cattedra sono soli davanti alla classe e non hanno possibilità di fare compresenza, per cui si ricorre con artifizi, alla riduzione oraria da recuperare complessivamente, anche nelle più strane attività. Essa ha già la possibilità di fare i laboratori, senza creare scompigli di sorta: ha le Educazioni, artistica, musicale, fisica (anche loro avranno nella riforma un decremento), tecnica, che erano state pensate anche per questo. Gli stessi consigli di classe sono staff autonome che posso fare tutti i progetti possibili con un po’ di fantasia e di disponibilità.

Inoltre penso che la scuola non possa diventare un “tour operator”  che offra, solo ad alcuni ragazzi, e non solo a loro, settimana bianca, azzurra, verde. Né tantomeno possa pretendere di essere l’agenzia educativa per eccellenza: sul territorio ci sono tante esperienze educative valide, che meritano considerazione per l’impegno che vi viene dato: dagli oratori, ai centri giovanili, dagli scouts, ai gruppi di aggregazione, dalle associazioni ambientali ai centri culturali, dai gruppi strumentali, agli atletici artistici…

La scuola deve tornare ad offrire cultura e deve imparare a dire, soprattutto dalla scuola media, se necessario e con tutte le dovute considerazioni, che gli “obiettivi minimi non sono stati raggiunti”, non come fatto punitivo, ma di crescita. Non possiamo da genitori, far sì che tutte le strade dei nostri figli siano spianate. “Dio perdona, la vita no” diceva un mio carissimo amico prete.

 Per concludere chiedo un gesto di solidarietà per la disciplina che insegno, Educazione Tecnica, a tutti i miei allievi e relative famiglie, agli ex allievi delle scuole della provincia dove ho insegnato, ai tanti amici conosciuti, a chi crede che l’eliminazione di questa disciplina sia una perdita culturale della scuola. Vi invito a diffondere questo appello e a scrivere al ministero dell’istruzione chiedendo la revisione di questa riforma e la rivalutazione di Educazione Tecnica.

 

Istituto Comprensivo Bramante

Fermignano 3.2.04                                                

Prof. Giuseppe Dini

Educazione tecnica