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Un  mulino restaurato  

Si tratta del Mulino Matteuci di Sant’angelo in Vado. Infatti questo vecchio opificio è stato rimesso a norma negli impianti interni e, oggi, ristrutturato anche nella parte esterna, da far bella mostra della sua ampia struttura, dal “ponte nuovo” sulla strada nazionale.

una antica ritrecina del mulino GuinzaLa trasformazione in mulino risale al 1926, quando da fabbricato destinato alla lavorazione conciaria, fu adattato all’arte molitoria. Ciò accadde perché qualche anno prima, quando, una piena del fiume Metauro, erose l’argine in via del Torrione, facendo rovinare il canale in galleria, che portava l’acqua al mulino del Vescovo, allora situato proprio sulla destra del ponte, all’ingresso del paese. Le conce si salvarono e dato che utilizzavano l’acqua dello stesso canale furono destinate alla macinazione dei cereali.

In maniera innovativa vi fu installato un nuovo tipo di motore idraulico, per la tecnologia di allora, una turbina Francis invasca di carico e turbina acciaio, della potenza di 40 Kw circa, che frutta un dislivello complessivo di 9 metri. In quel periodo, il sistema di trasmissione era collegato anche ad un generatore che di notte forniva l’illuminazione pubblica alla cittadina vadese. Ancor oggi funzionante, muove le vecchie macchine  e quelle nuove, per circa sei mesi all’anno. Nel passato poteva  funzionare ad acqua, racconta Ivan Matteucci, per oltre dieci mesi all’anno, a motivo della maggior disponibilità idrica.

Ivan è un giovane di 34 anni che ha deciso di continuare l’attività del padre Francesco, nonostante, sostiene, che il mulino garantisca solo uno stipendio, ma non nasconde l’entusiasmo di proseguire una attività, che la famiglia Matteucci porta avanti da ben 590 anni; il nonno era mugnaio al mulino della Guinza caratteristico manufatto situato nei pressi della cisterna romana di acqua solfurea, in comune di Mercatello, oggi aggredito pesantemente dalla superstrada.

Motore e ingranaggiIvan racconta che nel 1950 è stato modernizzato con l’aggiunta del mulino a cilindri, spinto, tutt’oggi, da motori elettrici da 20 kw, che il padre negli anni dal 1960 in poi, ha lavorato per l’importante gruppo Ferruzzi, che il percorso del canale, di 900 metri e che prende l’acqua da una traversa, “la Chiusa”, situata al confine con il vivaio regionale, è stato completamente mappato attraverso il satellite.

Ha iniziato ad aiutare il padre fin da 13 anni e oggi ha imparato a battere le macine in pietra, a fare la manutenzione agli apparati di trasmissione ed alla turbina; riesce anche particolare ingranaggi a sostituire gli ingranaggi realizzati in legno duro (rovere e faggio) e ricorda come nel passato, il legno per farli, veniva fatto stagionare a bagno nel canale; per gli interventi tecnici, si fa aiutare da un amico di Foligno, congegnatore meccanico, anche lui appassionato delle vecchie tecnologie.

Oggi dice il giovane mugnaio,  che la produzione del mulino, è legata alla fornitura del negozio di prodotti per l’agricoltura e giardinaggio, condotto dalla madre. Con le macine in pietra trasforma solo prodotti locali, in particolare polenta alimentare e farina integrale, nonché biadami per animali, prodotti senza additivi, né sostanze chimiche. Ha l’intenzione di trasformare l’intera filiera di produzione del mulino per il settore biologico, se questo manifestasse un maggior sviluppo.

E’ disponibile ad accettare visite guidate di gruppi e scolaresche, dopo gli opportuni contatti.

A lui va la nostra riconoscenza per aver continuato un mestiere antico e per aver dimostrato che con la passione è possibile risolvere le difficoltà che la vita ci da.

Sant’Angelo in Vado14.1.04

Giuseppe Dini

Vecchie foto degli anni 1920: 

Come era l'argine  

La gora rovinata dal fiume