ENERGIE
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A proposito di Biomasse E’ ormai da diverso tempo che il nostro territorio della provincia di PesaroUrbino è sollecitato da diversi progetti e proposte di realizzazione di centrali termoelettriche alimentate a biomassa. Lo stesso Piano Energetico Regionale prevede la realizzazione di due centrali di questo tipo una nella nostra provincia mentre l’altra in quello di Ascoli Piceno. A dire la verità la definizione di biomassa è tuttora piuttosto confusa. La stessa legislazione nei suoi diversi emendamenti da definizioni diverse: resta il fatto che tutte finora consideravano la combustione di materiale eterogeneo, in sostanza sia legno trattato che non trattato; le stesse disposizioni prevedono lo sviluppo e scarico di diossina. Un recentissimo decreto pubblicato il 15 di luglio in materia di incenerimento di rifiuti esclude le proprie disposizioni restrittive proprio per quei materiali legnosi e cellulosici vergini; la direttiva UE da dove deriva il decreto, è stata voluta con forza dai numerosi paesi nordici la cui produzione di scarti di biomassa di origine boschiva è notevole; per la mancata attuazione di questa direttiva l’Italia ha subito l’intervento della Corte Europea. Quindi è possibile utilizzare sottoprodotti agricoli quali paglia, steli, tutoli, potature, residui del taglio boschivo, scarti di legname il tutto esclusivamente non trattato. Sulla centrale di Schieppe di Orciano, occorre dire che essa con il suoi 22 milioni di watt elettrici prodotti, ha un consumo termico di 72 Mw; ciò significa un consumo orario di 24 tonnellate di biomassa il cui rendimento termico è inferiore a quello della legna da ardere e necessita giornalmente di circa 600 tonnellate di combustibile, che coinvolgono circa 20 autotreni al giorno. Appare subito evidente l’eccessività della proposta per quell’area, così come è irrealistico coinvolgere culture adatte allo scopo solo di essere bruciate; culture che richiederanno energia e risorse per le stesse lavorazioni agricole. Meglio quindi un utilizzo degli scarti legnosi e cellulosici, ma il Piano energetico regionale seppure esteso nell’analisi e dettagliato nell’eolico, non contribuisce a identificare e quantizzare le produzioni degli scarti agricoli, del cascame del sottobosco, né ha preso in considerazione i residui delle lavorazioni del vino, dello zucchero, dell’olio presenti nella regione. Un ridimensionamento inferiore della centrale ed una accurata valutazione sulle biomasse di recupero disponibili a livello anche interprovinciale lì utilizzabili, nonché una valutazione sulla destinazione delle ceneri (circa un quarto del peso in ingresso) ed un accurato sistema di filtraggio dei fumi non possono che essere i giusti presupposti per una corretta valutazione del progetto. Anche se, occorre dire, da ambientalista, mentre ci si impegna a valutare correttamente centrali a biomassa e a contrastare gli inceneritori, nella nostra provincia si stanno utilizzando in diverse industrie del mobile, gli scarti di truciolare, biomassa trattata, come combustibile. Lo dimostra una serie di interventi effettuati dall’Ufficio ambientale della Provincia e dalle Guardie ecologiche volontarie nell’alta valle del Foglia, dove di 18 impianti visitati in questa primavera, nessuno era in regola con la normativa, compresa quella dello stoccaggio e scarico delle ceneri: dalla stufa più piccola di un falegname, al più grosso con una potenzialità di 8 milioni di watt. Ne consegue che la combustione di materiale legnoso trattato avviene normalmente ed in barba alle norme, che pur dando questa possibilità, chiedono una serie di severi e costosi controlli dei fumi di scarico per diversi parametri registrati in continuo. Essendo questi impianti, di fatto “industrie insalubri di prima classe” devono essere tenuti lontano dai centri abitati e bene ha fatto l’Amministrazione Provinciale attraverso una circolare dell’ufficio ambiente, del 15 maggio di quest’anno di ricordare la distanza di almeno 2000 metri. Nell’avvicinarci all’inverno, si invitano perciò i cittadini a chiamare le autorità preposte, in caso di anomalie semplicemente riscontrabili utilizzando i propri sensi: infatti questi impianti non debbono “causare rischi per l’ambiente, inconvenienti da rumore e odori, danneggiare il paesaggio ed i siti di particolare interesse”. Giuseppe Dini Referente settore Energia e Acque WWF Marche
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