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AMBIENTE
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La nuova normativa sulle acque potabili
Il
25 dicembre 2003 sono entrate in vigore le nuove disposizioni in
materia di acque potabili, quelle del rubinetto, per interderci. Il
vecchio
Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 236 del 1988 che le
regolava, va in pensione (si dovranno attendere ancora specifiche norme
tecniche da approvare con appositi decreti ministeriali) ed entra
definitivamente
operativo il nuovo Decreto Legislativo (D. L.vo) n.31 del 2001 che
applica una apposita direttiva dell’Unione Europea. Proviamo a vedere alcune differenze. I
parametri, cioè la varie sostanze analizzate, pur rimanendo dello
stesso numero sono decisamente cambiati: si va verso un controllo di
acque a
più rischio di inquinamento chimico e di acque potabili di provenienza
dai sistemi di potabilizzazione. Infatti oltre che a due controlli
sugli antiparassitari si ricercano sostanze di provenienza industriale a
rischio tossicologico quali il cloruro di vinile, benzene,
benzopirene, trieline, dicloroetano. Bromati ed epicloridina, possono
provenire dagli impianti di trattamento il primo come risultato
dell’utilizzo
dell’ozono per la disinfezione delle acque, l’altro come residuo del
trattamento in sostituzione al cloro. Va
detto comunque, che se si escludono quelli di competenza delle regioni
come la radioattività, quelli previsti per le acque potabili in
bottiglia, quelli accessori (lo dice la parola), lasciati alla
discrezionalità delle Az. U.s.l. , quelli usati da pochissimi impianti
di depurazione, i parametri di controllo calano evidentemente di
numero, rispetto
alla precedente norma (50 su 62). Si
passa dalle 5 classi di parametri (organolettici, chimico-fisici,
sostanze indesiderabili, sostanze tossiche, microbiologici) del DPR
236/88
alle 3 classi (microbiologici, chimici, indicatori
del D.L.vo 31/01. A questi vanno inoltre aggiunti il nuovissimo controllo sulla radioattività dell’acqua e una serie di parametri
accessori di tipo microbilogico, che verranno ricercati “a giudizio dell’autorità competente”. Nei
parametri batteriologici, vanno aggiunte delle analisi specifiche da
effettuarsi sull’acqua potabile “messe in vendita in bottiglie o
contenitori”. Un ulteriore sistema di approvvigionamento di acque
alimentari che si aggiunge a quelli esistenti e previsto dall’articolo
2 comma 1. Da quando è stato pubblicato il nuovo decreto legislativo,
moltissime aziende del settore, si sono lanciate su questa nuova fetta
di mercato delle acque e su molti nostri supermercati si può trovare
questa acqua potabile in bottiglia a basso costo. E’ anche la stessa,
proposta per i nostri bambini, dopo essere stata “microfiltrata” o
“ultrapurificata” e con prezzi elevati. Per
la vecchia normativa era sufficiente superare uno qualsiasi dei 62
parametri per andare in difformità e così obbligare i sindaci ad
emettere specifiche ordinanze; diversamente si applicava il codice
penale. Con la nuova normativa se si superano i parametri batteriologici e chimici (30 in
tutto)
ci sono solo sanzioni amministrative da 10.329 € a 61974 €; per
il superamento dei parametri indicatori non è prevista alcuna sanzione. In
caso di difformità dei parametri “l’autorità d’ambito (figura aggiunta
dal D. L. vo: è il sindaco se l’acquedotto è locale, o
l’Autorità Territoriale Ottimale ATO, se l’acquedotto fornisce più
cittadine e comunque ”fino alla piena operatività del servizio idrico
integrato”), d’intesa con l’azienda unità sanitaria locale e con il
gestore, individuate tempestivamente le cause della non conformità,
indica i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità, dando
priorità alle misure di esecuzione, tenuto conto dell’entità del
superamento
del valore del parametro pertinente e del potenziale pericolo per la
salute umana”. L’ente
gestore (può essere anche una società o un gruppo privato) è obbligato
ad avere laboratorio di analisi interno, o a convenzionarsi
con
laboratori di altri gestori idrici, al fine di garantire un
controllo adeguato e continuo, anche se poi il giudizio di conformità
dell’acqua spetta all’Azienda U.s.l. . Le
frequenze delle analisi previste dal DPR, dipendevano dal numero degli
abitanti ed erano raddoppiate l’analisi batteriologiche delle acque
sottoposte a disinfezione (in comuni da 5.000 a 10.000 abitanti
una al mese), nel controllo minimo dei parametri. Ora con la nuova normativa è previsto il “controllo di routine” che accerti l’analisi di 3 parametri batteriologici e 11
chimici (14 in tutto) di cui solo due sanzionabili se si
superano i valori previsti (l’escherechia coli ed i nitriti,
quest’ultimi da rilevare solo se si usa cloroammina come disinfettante,
che negli impianti
di potabilizzazione pochi usano). Tutti gli altri parametri previsti dalla normativa rientrano nel controllo di verifica. Questo ultimo tipo di controlli
viene effettuato in base ai metri cubi di acqua fornita. Se prendiamo
comuni tra 5.000 e 10.000 abitanti (nella stessa normativa è indicato
un consumo orientativo per abitante di 200 litri al giorno), essi
rientrano tra i 1000 e 10.000 metri cubi di acqua fornita, per cui in
un anno, si
effettueranno 4 “controlli di routine” fissi, più 3 ogni 1000 metri
cubi al giorno del volume d’acqua fornita ed un “controllo di verifica”
annuale:
decisamente inferiori rispetto alla vecchia normativa. In
caso di difformità non si sa bene se occorrerà emettere le vecchie
ordinanze di divieto di uso dell’acqua: infatti l’articolo 12 prevede
tra le competenze delle Regioni, la gestione delle emergenze, le
deroghe ai valori dei parametri, i poteri sostitutivi in caso di
inerzia delle autorità locali
e la definizione delle competenze delle Aziende U.s.l. . Gli
stessi laboratori pubblici, seppure certificati, non sono ancora in
grado di garantire tutte le analisi dei parametri previsti dalla nuova
norma. Una
curiosità va detta: alla prima uscita del decreto esso conteneva una
serie di errori ed imprecisioni, che si è dovuto rifare una norma
correttiva il D. L. vo n°27 del 2.2.2002, di diverse pagine, al fine di
abrogare gli articoli e commi errati e sostituirli con quelli corretti,
nonché inserire le parti mancanti. Come possiamo tutelarci come consumatori? Non
servirebbe certo buttarsi all’acquisto delle cosiddette, “acque
minerali”. Esse soffrono degli stessi rischi di inquinamento delle
acque potabili e, fra l’altro, con alcuni parametri tollerati in dosi
maggiori: arsenico 5 volte, manganese 40 volte, boro 5 volte, bario 1
microgrammo al litro quando nelle acque potabili deve essere assente,
fluoro
nessun limite mentre al
rubinetto 1,5 milligrammo al litro ( si legga a questo proposito il libro di Giuseppe Altamore “Qualcuno vuol darcela a bere”). Le
stesse normative da tempo parlano di doppia rete (la legge n.36 del
1994 ed il Decreto Ministero della Sanità n.443 del 1990) una per
l’impianto tecnologico l’altra per uso alimentare, ottenibile anche
attraverso la messa in opera di appositi apparecchi di trattamento
domestico delle acque potabili. Una
ulteriore possibilità, sarebbe il riutilizzo e la rivalorizzazione
delle numerose sorgenti di cui è ricco tutto il nostro territorio. Ce
ne
sono moltissime di buona qualità che con piccoli interventi,
ripulitura, sistemazione,
applicazione di lampade battericida alimentate magari da celle
fotovoltaiche, possono fornici acqua pubblica, non manipolata e
soprattutto ben lontana dagli interessi economici delle multinazionali
del settore. Si
potrebbe inoltre chiedere l’applicazione della vecchia disposizione,
sull’utilizzo pubblico di un rubinetto esterno situato presso le
sorgenti di imbottigliamento delle acque. Occorre
ancora, come cittadini, chiedere la visione delle analisi delle nostre
acque pubbliche, comprese quelle prodotte dai laboratori del
gestore dell’impianto; anche l’azienda privata che gestisce un bene
pubblico deve dare la possibilità di accedere alle analisi prodotte dal
proprio laboratorio, cosi come prevede
il D. L.vo n. 39/97 sulle informazioni ambientali. Uno stimolo
per il gestore a fare bene le cose, sotto il controllo continuo dei
propri utenti. Bibliografia Pasquale Merlino “Che acqua beviamo” ed. Ma.C.An.Fra 1999 Lavello
Pz Giuseppe Altamore “Qualcuno vuol darcela a bere” Fratelli Frilli ed. 2003 Genova Le leggi D. P. R. n. 236 del 24.5.88 la vecchia norma sulle acque potabili D. L.vo n. 31 del 2.2.2001 la nuova norma sulle acque potabili D. L.vo n.27 del 2.2.2002 contiene le modifiche al D. L.vo n.31/2001 D.L.vo n. 105 del 25.1.1992 relativa alle acque minerali D. M. Sanità n.542 del 12.12.1992 caratteristiche acque minerali D. L.vo n.339 del 4.8.1999 acque di sorgente e minerali D. M. Sanità del 31.5.2001 modifiche al D. M. n. 542/92 D. M. Sanità n.443 del 21.12.1990 sulle apparecchiature per il trattamento domestico
delle acque potabili. Link Sant’Angelo in Vado 23.12.03 Giuseppe Dini
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